Papa Francesco nelle zone colpite dal terremoto: “Voi avete sollevato le macerie e ricostruito”
"C'è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C'è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l'aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza". Sono le parole di Papa Francesco nella messa a Carpi a cinque anni dal terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna nel maggio 2012. "Non lasciamoci imprigionare – ha aggiunto – dalla tentazione di rimanere soli a piangerci addosso per quello che ci succede". Decine di migliaia di persone che hanno accolto Berglio lungo il percorso fino al palco di fronte alla cattedrale appena restaurata. Alla messa in prima fila ci sono anche il ministro Del Rio e il commissario per la ricostruzione Errani. Nel pomeriggio il Santo Padre è atteso a Mirandola, una altra zona ancora segnata dalle ferite del sisma.
"Le letture di oggi ci parlano del Dio della vita, che vince la morte – ha detto ancora nella concelebrazione eucaristica in piazza Martiri -. Pasqua, al sepolcro dell'amico Lazzaro. Lì tutto sembra finito: la tomba è chiusa da una grande pietra; intorno, solo pianto e desolazione". Il Papa ricorda che quello di Gesù è un invito a non farsi "imprigionare dal pessimismo", dalle "macerie della vita". Arrivando in Duomo, Francesco aveva salutato tutti i vescovi della Regione presenti, soffermandosi a parlare con il cardinale Caffarra, Arcivescovo Emerito di Bologna. Il sindaco di Carpi ha donato al Papa un mattone preso dal campo di concentramento di Fossoli, oggi trasformato in un museo.
"C'è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l'aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza. Di fronte ai grandi ‘perché' della vita abbiamo due vie: stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi, o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri. Sì, perché ciascuno di noi ha già un piccolo sepolcro, qualche zona un po' morta dentro il cuore: una ferita, un torto subito o fatto, un rancore che non dà tregua, un rimorso che ritorna, un peccato che non si riesce a superare. Individuiamo oggi questi nostri sepolcri e lì invitiamo Gesù".
"Anche Gesù – ha detto ancora – è scosso dal mistero drammatico della perdita di una persona cara: ‘Si commosse profondamente' e fu ‘molto turbato'. Poi ‘scoppiò in pianto' e si recò al sepolcro, dice il Vangelo, ‘ancora una volta commosso profondamente'. È questo il cuore di Dio: lontano dal male ma vicino a chi soffre; non fa scomparire il male magicamente, ma con-patisce la sofferenza, la fa propria e la trasforma abitandola".
Notiamo però – ha ripreso il Papa – che, in mezzo alla desolazione generale per la morte di Lazzaro, Gesù non si lascia trasportare dallo sconforto. Pur soffrendo Egli stesso, chiede che si creda fermamente; non si rinchiude nel pianto, ma, commosso, si mette in cammino verso il sepolcro. Non si fa catturare dall'ambiente emotivo rassegnato che lo circonda, ma prega con fiducia e dice: ‘Padre, ti rendo grazie'. Così, nel mistero della sofferenza, di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro, Gesù ci offre l'esempio di come comportarci: non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma non si fa imprigionare dal pessimismo. Attorno a quel sepolcro, avviene così un grande incontro-scontro. Da una parte c'è la grande delusione, la precarietà della nostra vita mortale che, attraversata dall'angoscia per la morte, sperimenta spesso la disfatta, un'oscurità interiore che pare insormontabile".