Palestina, si intensificano le demolizioni in Cisgiordania: “Così ci costringono a lasciare i villaggi”
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È sempre più appesa a un filo la tregua in Palestina, dopo il sostanziale via libera ricevuto dall'amministrazione Trump annunciato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu per una nuova fase del conflitto. Mentre a Gaza la popolazione ritorna nelle città completamente rase al suolo, e vive in condizioni terribili, le truppe israeliane adesso si stanno concentrando intorno alle città palestinesi della Cisgiordania. Sembra proprio la West Bank il possibile nuovo campo del conflitto, un'area abitata da oltre 3 milioni di palestinesi, con le città e i villaggi circondati dagli insediamenti illegali dei coloni che continuano a proliferare.
Nel Nord, il governo israeliano sta concentrando i carri armati intorno alle città di Tulkarem, Jenin e Nablus, mentre nel Sud proseguono le attività del tutto arbitrarie per sgomberare i palestinesi dai loro villaggi. Le demolizioni sono una costante di questa fase. Da sempre usate come strumento di attacco alle comunità civili palestinesi, le demolizioni di case e delle infrastrutture si stanno intensificando nel sud della Cisgiordania. L'impressione, guardando alle testimonianze di chi è sul territorio, è che la strategia militare israeliana sia quella di cingere d'assedio le città del Nord e sfollare il maggior numero di palestinesi al Sud. Il tutto con la complicità dei coloni che risultano, come testimoniato anche delle sentenze degli organi di giustizia internazionali, il principale strumento di occupazione degli israeliani ai danni dei palestinesi.
Senza casa né rifugio: così si sfollano i palestinesi
"Dal 19 gennaio (data cessate il fuoco ndr) si ha avuto un incremento significativo delle demolizioni in tutta la Cisgiordania. Come Mediterranea Saving Humans riceviamo segnalazioni continue delle violenze perpetrate dai bulldozer dalla valle del Giordano fino alle colline a Sud di Hebron" spiega a Fanpage.it, Damiano Censi di Mediterranea Saving Humans. L'associazione italiana è attiva nel Sud della Cisgiordania con un progetto di reporting delle violenze contro la popolazione civile palestinese, agendo anche con un'opera di interposizione a difesa degli abitanti dei villaggi.
"Nella zona della Masafer Yatta, in particolare, abbiamo assistito, fotografato, affiancato le pratiche di resistenza palestinesi contro la distruzione di cisterne d'acqua, di ripari per le greggi, di case dove poter dormire, mangiare vivere" sottolinea Censi. "Denunciamo con forza che queste sono azioni illegali, volte a completare una pulizia etnica in atto da decenni da parte dello Stato di Israele sia mediante l'esercito regolare che tramite un supporto diretto agli estremisti delle colonie e che oggi si sente pienamente legittimato a non avere alcun freno stanti le follie imperialiste e razziste della presidenza statunitense e l'avvallo connivente di tutto il mondo occidentale" conclude l'attivista italiano.
Secondo l'OCHA, 234 edifici sono stati demoliti dall’inizio dell’anno, in Cisgiordania, in poco più di un mese, un vero e proprio record. Nel 2024 erano 1768 gli edifici demoliti, rispetto ai 1178 del 2023. Ora siamo al dato più alto da quando si raccolgono questi dati, cioè dal 2009. Le aggressioni sembrano ricalcare uno schema: prima il danneggiamento o l'incendio di auto, poi le provocazioni e le aggressioni, con lancio di pietre e assalti a colpi di bastone, il tutto da parte dei coloni, e poi infine arrivano le ruspe scortate dall'esercito per demolire le case. In questo modo la popolazione viene sfollata dai villaggi che vedono diminuire sempre di più il numero di abitanti, chi scappa non può far altro che cercare rifugio nelle città, che a loro volta vengono cinte d'assedio dai carri armati.
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La situazione a Sud di Hebron: i bulldozer in azione nella Masafer Yatta
La regione della Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania, è particolarmente colpita dall'aumento delle demolizioni di abitazioni che stanno spopolando i villaggi. "Le forze israeliane hanno effettuato una serie di demolizioni mirate a strutture residenziali e infrastrutture comunitarie, uno schema che sottolinea una strategia più ampia di sfollamento forzato nella mia comunità Masafer Yatta" spiega a Fanpage.it, Mohammed Hureini del movimento non violento Youth of Sumud. "Ad esempio, il 10 febbraio 2025 – spiega l'attivista palestinese – le forze israeliane hanno portato alla distruzione di nove strutture, tra cui case, serbatoi d’acqua e altre strutture essenziali, oltre a 2 grotte che abbiamo distrutto in diverse comunità. Questa singola operazione ha provocato lo sfollamento di numerose famiglie, tra cui molti bambini, peggiorando la situazione umanitaria in condizioni stagionali difficili".
L'area è stata parzialmente dichiarata zona militare della autorità israeliane, in maniera del tutto arbitraria, visto che al suo interno sorgono da moltissimi anni, decine di villaggi palestinesi. È qui che nel mese di febbraio c'è stata una vera e propria escalation delle demolizioni di case. Tra i più colpiti i villaggi di Khallet at Daba, Um al Kheir e At Twani, che hanno registrato diversi blitz dell'esercito che scortavano le ruspe. Oltre alla demolizione delle case c'è stata anche la distruzione delle cisterne d'acqua e dei capanni di riparo per il gregge.
"L’aumento della frequenza e della portata di queste demolizioni nell’ultimo mese non solo ha lasciato le famiglie senza casa, ma ha anche minato sistematicamente l’accesso della comunità alle risorse vitali, alimentando così la protesta locale e internazionale" sottolinea Hureini. "La situazione è particolarmente critica e servono interventi da parte degli organismi globali per i diritti umani" conclude l'attivista. Sono operazioni che mettono in ginocchio la popolazione spingendola a lasciare i villaggi, che diventano immediatamente terreno di conquista per i coloni. Ufficialmente le autorità israeliane giustificano le demolizioni come eliminazione di abusi edilizi. Sostanzialmente sostengono che i palestinesi non avevano diritto a costruire, peccato però che non ci sia alcun modo per la popolazione civile palestinese per costruire abitazioni nell'ambito di una legalità che è solo ed esclusivamente quella imposta dalle autorità israeliane.