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Pakistan, discute di Islam su facebook: condannato a morte per blasfemia

Il 30enne ha scoperto che il suo interlocutore era in realtà un agente sotto copertura in cerca di persone da segnalare.
A cura di Antonio Palma
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Aveva avviato un discussione su facebook con uno sconosciuto parlando di Islam e criticando alcune regole relative alla religione, tanto è bastato però far scattare una denuncia nei suoi confronti e il successivo arresto che infine hanno portato a una condanna addirittura alla pena di morte. È quanto accaduto a un cittadino pakistano, il 30enne Taimoor Raza, condannato nel suo Paese alla pena capitale per blasfemia. L'uomo con cui stava discutendo online sul social network infatti si è rivelato essere un agente sotto copertura sguinzagliato proprio per scoprire chi critica l'Islam on line.

Il 30enne Raza inizialmente era stato incriminato per il reato di commenti denigratori su autorità religiose che prevede pene fino a due anni di carcere ma successivamente è stato accusato di "atti denigratori contro il profeta Maometto" che prevede come pena massima la morte. La sua storia, raccontata da Human Rights Commission of Pakistan, sembra l'ultimo passo delle autorità locali verso il tentativo di controllare sempre di più il dissenso sui social media.

Solo l'anno scorso ben 15 persone sono state incarcerate per blasfemia online. Le autorità hanno addirittura chiesto a Twitter e Facebook di segnalare gli utenti che condividono presunto materiale blasfemo e hanno incoraggiato i pachistani a segnalare i concittadini alla polizia. Un dinamica che preoccupa le associazioni per i diritti umani visto che dà spazio a delazioni solo per vendette personali soprattutto perché nessuno è mai punito per fare false accuse.

Non solo, chi viene accusato viene poi processato da un tribunale antiterrorismo e non da uno normale perché ormai nel Paese non c'è distinzione tra la sicurezza nazionale e la religione. In realtà infatti dietro le accuse di blasfemia e quella sull'attentato alla sicurezza nazionale spesso vi sono in realtà atti che sono semplicemente di opposizione al governo locale.

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