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Pakistan: 180 impiccati in sei mesi, ma c’è lo stop per il Ramadan

Lo scorso dicembre, dopo il sanguinoso attentato degli studenti nella scuola di Peshawar, Il primo ministro aveva revocato la moratoria sulle esecuzioni delle pene di morte che era stata introdotta nel 2008. Da allora è stata c’è stata una vera e propria escalation di condanne.
A cura di B. C.
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180 condanne a morte in sei mesi in Pakistan. Troppe, tanto che il primo ministro, Nawaz Sharif, ha chiesto alle autorità di sospenderle in via provvisoria la pratica delle impiccagioni nel corso del mese di Ramadan. Le esecuzioni erano iniziate a gennaio, con la revoca di una moratoria che durava dal 2008, dopo l'attentato terroristico a una scuola di Peshawar, in cui furono uccise 140 persone, per lo più studenti. Fra le province nelle cui carceri sono state eseguite le condanne capitali, il Punjab supera di gran lunga tutte le altre (153), seguito da Sindh (15), Khyber Pakhtunkhwa (5), Baluchistan (5) e Azad Kashmir (2). Nelle prigioni pachistane vi sono circa 8.000 persone condannate a morte.

Una dichiarazione rilasciata dall’ufficio di Sharif annuncia che il primo ministro ha ordinato questo provvisorio stop per osservare “la santità del mese sacro”, che nella maggior parte del Pakistan comincia oggi, venerdì 19 giugno. Sharif aveva ordinato la rimozione parziale della moratoria sulle esecuzioni in Pakistan lo scorso dicembre dopo l’attacco terroristico. In seguito, si è proceduto alla rimozione totale: da allora più di 100 carcerati sono stati impiccati. La decisione di revocare la moratoria sulla esecuzione delle condanne a morte era stata duramente criticata da vari Stati, dall'Onu, dalla Ue e da numerose ong internazionali.

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