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Elezioni europee 2024

Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo verso le elezioni europee 2024: Geert Wilders, i separatisti e le proteste

Le prossime elezioni europee di giugno 2024 avranno un peso particolare nei Paesi del Nord Europa, tra il leader dell’estrema destra olandese, Geert Wilders, le proteste per l’aumento del costo della vita in Lussemburgo e i separatisti del Vlaams Belang in Belgio.
A cura di Annalisa Girardi
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Prometteva di non dare nemmeno un centesimo all'Italia, voleva un referendum per uscire dall'Ue, una stretta sull'immigrazione e il divieto di costruire moschee. Sì, stiamo parlando di Geert Wilders, il leader dell’estrema destra olandese, che nonostante i commenti sul nostro Paese è stato preso come esempio da Matteo Salvini.

Il Partito per le Libertà, lo schieramento politico di Wilders, l’anno scorso ha vinto le elezioni generali nei Paesi Bassi. Subito il leader della Lega ha comunicato via social di aver mandato un messaggio “all’amico Wilders” per complimentarsi del risultato e per iniziare a lavorare insieme per una nuova Europa. Entrambi fanno parte del gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo, ma potrebbero avere interessi piuttosto diversi sulla direzione che l’Europa dovrebbe imboccare: del resto, mentre in piena pandemia si trattava per il Recovery Plan, Wilders se ne andava in giro per l’Aia brandendo un cartello in cui c’era scritto “Nemmeno un Centesimo all’Italia”.

Questa simpatia di Salvini potrebbe sembrare una contraddizione, ma del resto, l’agenda sovranista funziona così. E ora che i partiti ultra nazionalisti e di estrema destra stanno ottenendo sempre più rilevanza non solo a livello nazionale, ma anche europeo, dovranno capire come lavorare insieme. Come far valere ciascuno i propri interessi e allo stesso tempo quelli del gruppo.

Il Podcast di Fanpage.it che racconta l'Ue al voto

Fanpage.it ha realizzato un podcast che si chiama "Inversione a Eu" e racconta tutti i Paesi membri e le regioni dell'Unione verso le elezioni, tra equilibri politici nazionali e sfide europee: si può ascoltare al link di seguito.

Geert Wilders e le ultime elezioni olandesi

I Paesi Bassi sono uno di quei Paesi – e ce ne sono diversi al momento in Europa – dove alle ultime elezioni nazionali ha letteralmente trionfato l’estrema destra. A differenza di altri, però, Geert Wilders non sta riuscendo a formare il nuovo governo e a diventare premier, nonostante il suo partito abbia ottenuto oltre il 23% alle urne, risultando il principale. Ora punta a primeggiare anche in Europa: nell’ultima tornata elettorale del 2019 il Partito delle Libertà (il Pvv)  non era riuscito a eleggere nessun eurodeputato nel gruppo Identità e Democrazia, ma ora i sondaggi lo danno al 33%. E questo significa che gli equilibri per la delegazione olandese a Strasburgo sono destinati a cambiare.

I Paesi Bassi al momento hanno 29 eurodeputati, ma ne eleggeranno 31 per effetto dell’aumento del numero di europarlamentari. Al momento 7 fanno parte del gruppo dei liberali, Renew, 6 di quello dei Popolari, 6 dei Socialisti, 5 dei Conservatori di ECR, 3 dei Verdi, 1 della Sinistra e infine 1 non è affiliato a nessun gruppo.

Il manifesto elettorale del Pvv: "I Paesi Bassi al primo posto"

Gli olandesi saranno i primi ad andare al voto in Europa, il prossimo 6 giugno. Wilders, in questa campagna elettorale, sta cambiando leggermente i toni: nel suo manifesto elettorale – che si chiama “I Paesi Bassi al primo posto” – il Pvv abbandona uno degli storici cavalli di battaglia, cioè il referendum per la Nexit, l’uscita del Paese dall’Unione europea. Si parla piuttosto di un generale recupero di sovranità nazionale, da opporre all’obiettivo di un superstato europeo portato avanti dalle forze politiche avversarie.

Anche la retorica anti-Islam ora sembra essersi placata. Wilders, che nel 2016 è stato anche condannato per istigazione all’odio, negli anni ha assunto posizioni durissime e illiberali verso la comunità musulmana. Ora però queste non sono così esplicite. Invece, non si ammorbidiscono i toni della crociata contro l’immigrazione e Wilders continua a lavorare per chiudere le porte del suo Paese ai richiedenti asilo.Infine, un altro nemico del Pvv è il Green Deal. In questo caso i toni non si abbassano: “Sta a noi decidere se mangiare carne, volare o guidare un’auto a benzina, non a Bruxelles”, si legge nel manifesto.

La difficile alleanza con la destra tradizionale

Queste posizioni sembrano fare presa sull’elettorato olandese e Wilders può contare su sondaggi particolarmente positivi. Allo stesso tempo però, sta avendo alcuni problemi interni. L’alleanza tra l’estrema destra e la destra tradizionale risulta più complessa del previsto. Tanto che lo scorso 13 marzo, in un post sui social, Wilders ha scritto che non diventerà primo ministro, a causa del mancato sostegno di quei partiti con cui stava cercando di formare una coalizione.

Il contesto politico olandese è frammentato come non lo è mai stato prima. E sono tanti i temi che incendiano il dibattito, rendendo più complicato formare alleanze e lavorare fianco a fianco per le forze politiche. C’è il nodo migratorio, che è anche la ragione per cui è caduto il precedente governo, quello guidato da Mark Rutte, e sono state indette elezioni anticipate. C’è poi la difficile transizione verde avversata dalle proteste degli agricoltori. E infine, c’è l’aumento del costo della vita, dovuto dall’inflazione e dalle crisi degli ultimi anni, che si stanno facendo sentire anche in una regione ricca come quella dei Paesi Bassi.

Le proteste in Lussemburgo

Pure nel vicino Lussemburgo, un mini Stato con un Pil pro capite altissimo, non sono mancate le proteste per l’aumento del costo della vita, soprattutto per quanto riguarda mutui e affitti. Lo scorso ottobre, in concomitanza con le elezioni generali nel Paese, moltissime persone sono scese in piazza per manifestare contro il prezzo delle case, divenuto insostenibile.

A vincere le elezioni è stato il Partito Popolare Cristiano Sociale, che in Europa è affiliato al PPE, seguito dal Partito Operaio Socialista Lussemburghese, che è invece parte dei Socialisti e Democratici. Al terzo posto, il Partito democratico, tra le fila di Renew. Quella del Granducato del Lussemburgo è tra le delegazioni più piccole al Parlamento europeo: 6 rappresentanti in tutto, di cui 2 tra i Popolari, 2 in Renew, 1 nei Socialisti e 1 nei Verdi.

I separatisti del Vlaams Belang in Belgio

Anche in Belgio le difficoltà di questa fase storica stanno alimentando i consensi per l’estrema destra. Il voto del prossimo 9 giugno sarà particolarmente sentito: non solo perché il Paese ospita sul suo territorio le istituzioni europee, ma anche perché si voterà anche per le elezioni nazionali. L’ultima volta è stata nel 2019, prima della pandemia, della guerra e della crisi energetica ed economica.

Gli eurodeputati belgi sono 21, ma diventeranno 22 dopo il voto. Al momento 4 fanno parte del PPE, 4 di Renew, 3 dei Verdi, 3 di ECR, 3 di ID, 2 dei Socialisti, 1 del gruppo della Sinistra e 1 non è affiliato a nessun gruppo.

Anche nel caso belga, però, le cose potrebbero presto cambiare. I sondaggi in questo momento danno come primo partito Vlaams Belang – che  in italiano si traduce come Interesse Fiammingo – Si tratta di un partito di estrema destra, populista, che rivendica l’indipendenza delle ricche Fiandre dalla più povera Vallonia, la regione meridionale del Belgio. Dopo gli indipendentisti, affiliati con ID in Europa, troviamo la Nuova Alleanza Fiamminga, parte di ECR, tallonata dal Partito dei Lavoratori, del gruppo della Sinistra, dai Socialisti e dal Movimento Riformista.

Il primo ministro Alexander De Croo è un liberale del partito Open Vld – Liberali e Democratici Fiamminghi Aperti – fanalino di coda nei sondaggi: cercherà di sfruttare la presidenza di turno in Europa, che spetta a lui fino alle elezioni, per la campagna elettorale. Ma gli indipendentisti di Vlaams Belang rimangono in testa. E se vinceranno proporranno subito di cominciare i negoziati per l’indipendenza delle Fiandre.

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