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Ora lo sappiamo anche noi

Gli attentati di Parigi ci hanno insegnato un orrore che a casa nostra non avevamo visto mai. Proviamo a immaginare cosa vuol dire, quando questo orrore è la quotidianità. Proviamo a guardare il mondo da un altro punto di vista.
A cura di Rita Cantalino
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Ora lo sappiamo anche noi. Sappiamo cosa vuol dire la paura. Il terrore cieco, irrazionale. Sappiamo cosa vuol dire non sapere mai quale tuo giorno, momento, gesto abituale, sia l'ultimo. Sappiamo cosa vuol dire rendersi conto che non esiste alcuna normalità che ci tenga al sicuro, che la normalità è un lusso che non abbiamo e non avremo più probabilmente per un po'. Alcuni di noi ora conoscono il rumore di una bomba che esplode, di un'arma che ci spara addosso, le urla di chi ci circonda, più terrorizzato di noi. Sappiamo cosa vuol dire la paura irrazionale che le persone che amiamo possano uscire di casa per fare una cosa normale qualunque, andare a un concerto, allo stadio, in giro, e non ritornare. Ora conosciamo l'affanno di una corsa irrazionale alla ricerca di un riparo qualunque, il cuore che ti scoppia in gola mentre non vuoi essere altro che le tue gambe, e sperare che ti portino lontano, prima che un colpo ti raggiunga e metta fine a tutto. Prima di morire di paura. Ora sappiamo cosa vuol dire correre per un tempo che pare infinito e rendersi conto che l'inferno è durato pochi attimi, e che quei pochi attimi hanno cambiato tutto, e che niente non sarà mai come prima.

Siamo stati protetti, coccolati, ci siamo crogiolati in una sicurezza che non esisteva nella quale riflettevamo le nostre vite comode e tutti i nostri sistemi di certezze. Ora lo specchio si è rotto, e dai mille frantumi non si vedono che riflessi ciechi, e dietro lo specchio ci stava la realtà che non è mai un'immagine su una superficie piana, e la realtà che vediamo ora, che teniamo davanti, la novità sconcertante che ogni nostra vita ha investito, era ed è stata ed è la normalità per un pezzo di mondo da tanto tempo. Ci sono molti modi per reagire. Non c'è bisogno di armarsi di un coraggio ipocrita. Il più grande atto di coraggio cui possiamo aggrapparci è quello di ammettere di avere paura, e però essere realmente conseguenti con quello che sentiamo.

Avere paura e assumersi la propria paura per darsi il coraggio di capire cosa sta accadendo, darci il coraggio di dire che abbiamo avuto modo di vedere solo una piccola porzione dell'inferno che un pezzo di mondo vede ogni giorno, e che il nostro essere umani ci impone di avere prima di tutto e più di tutto il bisogno e la capacità di sentirci vicini a qualunque altro essere umano. Soprattutto a quelli che questo orrore ce l'hanno ogni giorno nella propria vita. Soprattutto a quelli nati dalla parte del mondo sbagliata, a quelli che non hanno nessuno cui aggrapparsi perché siamo e siamo sempre stati noi i primi a chiudergli le porte in faccia.Pensiamoci, quando ragioniamo su cosa fare delle nostre frontiere.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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