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Omicidio Regeni, ministro egiziano: “Non escludiamo la vendetta personale”

In una nota ufficiale il Ministro degli Interni egiziano ha ipotizzato che all’origine dell’omicidio di Giulio Regeni vi siano “un movente criminale o il desiderio di una vendetta personale”. Ma Gentiloni replica: “Non ci accontentiamo di verità di comodo”.
A cura di Davide Falcioni
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UPDATE ore 19.10 – Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, rispondendo al question time di Sinistra Italiana alla Camera, ha dichiarato che gli investigatori italiani che stanno partecipando alle indagini in Egitto "devono avere accesso a tutti i documenti sonori e filmati, ai referti medici e a tutti gli atti del processo nelle mani della procura di Giza. Il governo – ha continuato il titolare della Farnesina – trasmetterà richieste specifiche su questo attraverso i canali diplomatici. Lo dobbiamo alla famiglia di Regeni e alla dignità del nostro Paese". Gentiloni ha aggiunto: "L'Italia chiede semplicemente a un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli. Non ci accontenteremo di una verità di comodo né di piste improbabili, come quelle evocate oggi dal Cairo".

Sembra essere ancora assai lontana la verità sulla tortura e l'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano scomparso la notte del 25 gennaio al Cairo e ritrovato privo di vita il 3 febbraio lungo l'autostrada che collega la capitale ad Alessandria. In una nota rilasciata oggi il Ministro degli Interni egiziano torna a ipotizzare che all'origine del delitto vi siano "un movente criminale o il desiderio di una vendetta personale". Secondo l'alto funzionario del governo "in base alle informazioni disponibili, tutte le possibilità sono aperte, tra cui il movente criminale o la volontà di vendetta per ragioni personali".

Caso Regeni, Egitto: "Diffuse molte notizie false"

In una nota, il ministero afferma che "c'è qualcuno che insiste nell'anticipare i risultati dell'inchiesta e nel diffondere dicerie, che poi vengono riprese dai quotidiani stranieri, senza alcun indizio materiale". In questo modo "si diffondono notizie errate che ingannano l'opinione pubblica, in una corsa allo scoop senza alcun sostegno a livello di informazioni", afferma la nota. Il riferimento, evidentemente, è alle molteplici ricostruzioni del caso effettuate da alcuni tra i più autorevoli giornali del mondo. "Gli apparati di sicurezza egiziani – spiega il ministro – hanno creato un team d'indagine per studiare il caso e rivelarne i retroscena attraverso un piano integrato che ha tra i suoi cardini principali un attento esame della vittima e dei suoi contatti". "Le indagini hanno confermato la ramificazione degli ambienti con cui Regeni era in contatto e i suoi numerosi rapporti, nonostante il ristretto lasso di tempo in cui ha soggiornato nel Paese, ovvero non più di 6 mesi". Per questa ragione "il team ha individuato alcuni dei contatti di Regeni e ha convocato delle persone provenienti da quei circoli, sia egiziani che stranieri, con i quali ha parlato in dettaglio dei loro rapporti con la vittima", precisa la nota, che ricorda "la stretta collaborazione tra gli apparati di sicurezza egiziani e il team italiano che si trova in Egitto dal 5 febbraio per seguire le indagini sul caso".

Sulla stessa lunghezza d'onda l'intervento a Radio Anch'io dell'ambasciatore egiziano a Roma, che ha ricordato l'importanza delle relazioni tra Italia ed Egitto e criticato le ricostruzioni effettuate dalla stampa occidentale, praticamente unanimi nell'attribuire responsabilità al regime di al-Sisi. Secondo l'ambasciatore "una possibilità è che si sia trattato di un atto criminale e l'altra possibilità è che si sia trattato di un atto di terrorismo" da parte di chi "vuole distruggere le relazioni tra Egitto e Italia". "E' la prima volta nella storia dell'Egitto che a un team straniero consentiamo di venire in Egitto e questo indica come siano forti le nostre relazioni e come vogliamo cooperare pienamente con voi per scoprire chi ha commesso questo crimine". Il diplomatico ha fatto anche riferimento all'attacco al consolato italiano al Cairo nel luglio dello scorso anno. "Questo crimine potrebbe essere stato commesso da persone che vogliono distruggere le relazioni tra Italia ed Egitto – ha proseguito – Dobbiamo essere pazienti e oggettivi e dobbiamo realizzare che le nostre relazioni sono molto importanti non solo per la situazione in Libia ma perché siamo il più forte attore nel Mediterraneo".

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