“O entriamo nella Nato o ci serve la bomba atomica”: l’avvertimento del deputato ucraino Goncharenko
“Un piano velleitario senza agganci con la realtà, importante solo come iniziativa diplomatica per la sicurezza dell’Ucraina”: non fa sconti al suo presidente, Oleksiy Goncharenko, deputato della Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale di Kyiv. “Il punto più importante del “piano di vittoria” riguarda l’entrata della Nato, necessaria altrimenti a ogni tregua seguirebbero nuovi attacchi da parte della Russia di Putin”, dice a Fanpage.it. “Unica alternativa, per noi, sviluppare una capacità nucleare. Ed è una possibilità concreta”.
Goncharenko fa parte del partito di opposizione Solidarietà europea. È anche presidente della Commissione sulla migrazione, i rifugiati e i profughi dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del Continente. Originario di Odessa, medico di formazione, è in politica da sempre. Lasciò il Partito delle Regioni dell’allora presidente Viktor Yanukovich, dimostratosi un pupazzo nelle mani del Cremlino, dopo i primi caduti di Euromaidan, nel gennaio del 2014.
Per le sue critiche al regime di Vladimir Putin, è stato incluso nella lista russa dei “terroristi e degli estremisti”. Un tribunale di Mosca lo ha condannato a 10 anni in contumacia per “fake news”, incitamento all’odio e altri reati politici. Attualmente il potere giudiziario in Russia è di fatto dipendente dall’esecutivo.
Onorevole Goncharenko, il “piano di vittoria” del presidente Zelensky è realizzabile?
È un’illusione, poco più di un desiderio. Corrisponde però a una priorità diplomatica per l’Ucraina, e proporlo è giustamente uno dei compiti della nostra diplomazia. Ma come piano non esiste. Perché ogni piano, per la sua attuazione, deve dipendere almeno in parte da chi lo propone. Invece questo è interamente nelle mani dei nostri alleati. È irrealistico.
Esclude che gli alleati siano disposti a seguirlo?
La Germania ha già detto no alle forniture di missili a lungo raggio (il cancelliere Scholz ha ribadito un mese fa che l’Ucraina i Taurus può scordarseli, ndr). Quanto richiesto dal “piano di vittoria” non è condiviso da alcuni dei nostri partner. E tutto dipende dalle loro decisioni. Prendiamo l’obiettivo più importante che il “piano” contiene: l’invito nella Nato. Deve avvenire a breve termine, per aver senso.
“Non subito”, ha detto il nuovo segretario generale dell’alleanza, Mark Rutte. È vero che al summit del luglio scorso i 32 alleati hanno dichiarato che il cammino per l’entrata dell’Ucraina è “irreversibile”. Ma l’invito dov’è?
Appunto. L’invito ufficiale può esser formulato solo a un vertice Nato. A quello della scorsa estate non lo si è fatto. Il prossimo vertice sarà nell’estate del 2025 (dal 24 al 25 giugno all’Aia, in Olanda – ndr). E non credo proprio sarà indetto un vertice straordinario per invitare l’Ucraina. Probabilmente, l’invito non arriverà per anni. Le porte sono aperte, ma non ci è permesso di entrare.
E anche dopo un invito ufficiale, la membership effettiva deve essere approvata all’unanimità. Da più fonti sappiamo che a Mosca si conta sulla possibilità che Paesi come l’Ungheria o la Slovacchia, o anche addirittura la Germania, finirebbero per porre il veto.
È proprio la Germania, il vero problema. Con tutto il rispetto per Ungheria e Slovacchia, non potrebbero opporsi di fronte a una decisione di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia. I due Paesi sono destinatari della sicurezza, non fornitori. Non hanno capacità militari importanti. Dovrebbero dire di sì per forza.
E se invece fosse la Germania a esser contraria a invitare l’Ucraina nella Nato?
E già successo: nel 2008 gli Stati Uniti, con George W. Bush alla Casa Bianca, erano pronti all’invito ufficiale. Ma la Francia di Nicolas Sarkozy, e soprattutto la Germania di Angela Merkel, fermarono tutto (la stessa Merkel ha recentemente rivendicato il suo “nein” nei confronti di Kyiv, pronunciato al vertice Nato dell’aprile 2008 a Bucharest nonostante l’insistenza di Bush e le lacrime del Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, mentre da Vladimir Putin — presente alla conclusione del Summit — arrivavano feroci minacce, ndr).
Putin ha definito una “pericolosa provocazione” il riferimento di Zelensky alla possibilità che Kyiv possa dotarsi dell’atomica nel caso mi cui non fosse ammessa nella Nato. Ha ragione il leader del Cremlino a preoccuparsi?
Putin ha sicuramente paura di uno scenario del genere. E io — che non sono certo un fan di Zelensky — sono d’accordo col nostro presidente, su questo punto. L’Ucraina è stata invasa da una potenza nucleare, con cui deve combattere per sopravvivere. Quindi, o entra a far parte di un’alleanza con forte capacità nucleare, la Nato, o diventa essa stessa una potenza nucleare. Non ha alcun altra alternativa. Putin tuona contro entrambe le possibilità perché impedirebbero alla Russia di continuare la sua "tattica del salame", che consiste nel prendersi progressivamente fette di Ucraina. La Crimea nel 2014, oggi le regioni annesse da Mosca. E domani il resto.
L’Ucraina si era trovata ad essere una potenza nucleare, dopo la fine dell’Urss. Ma col memorandum di Budapest avete dato le vostre atomiche a Mosca. Aderendo al Trattato di non proliferazione. Non le pare che nel mondo proliferino già anche troppo, le armi nucleari?
Il memorandum di Budapest non esiste più, perché è stato ignorato e calpestato dalla Russia (col memorandum, nel 1994 l’Ucraina consegnò le armi nucleari a Mosca in cambio di garanzie sulla sua sicurezza, indipendenza e integrità territoriale, ndr). L’Ucraina ha tutto il diritto di dotarsi di armi capaci di tutelare la sua sicurezza. E non ha altre opzioni, se resta fuori dalla Nato. La nostra appartenenza alla Nato è l’unico modo per per garantire una politica di non proliferazione nucleare nel mondo.
Ma l’Ucraina oggi sarebbe in grado di costruirsi armi atomiche?
È una possibilità concreta. La Corea del Nord, pur non essendo una potenza tecnologica, ci è riuscita. L'Ucraina, fino a poco più di trent'anni fa, costruiva oltre un terzo degli armamenti nucleari dell’Unione Sovietica, e ha ancora le competenze scientifiche e tecnologiche per farlo (dopo la dissoluzione dell’Urss divenne la terza potenza nucleare al mondo, con 1.700 testate, ndr).
Altro punto cruciale del “piano di vittoria”, il permesso all’Ucraina di utilizzare missili occidentali per colpire obbiettivi militari sul territorio russo. E anche qui, come lei diceva poco fa, non c’è il via libera…
Zelensky ha potuto includere questo punto nel suo “piano” perché con l’offensiva nella oblast russa di Kursk abbiamo dimostrato che Putin non ha la forza per resisterci, se spingiamo davvero forte.
Ma non crede che Mosca potrebbe reagire con le sue atomiche tattiche? E che la stessa cosa potrebbe succedere anche se venisse costituito un sistema convenzionale di deterrenza strategica in Ucraina, come chiede un il terzo punto del “piano di vittoria”?
Se temiamo che la Russia usi armi nucleari, dovremmo arrenderci subito a Mosca, perché Putin potrebbe allora imporre qualsiasi cosa al mondo, dall'annessione dell'Estonia a un'operazione in Polonia — per assurdo ma neanche troppo. Non è il modo giusto di affrontare la Russia. Nonostante le preoccupazioni per reazioni folli del Cremlino, dobbiamo superare queste paure. Se cediamo al ricatto nucleare, il conflitto attuale diventerà una storia senza fine.
Crede davvero che la guerra possa finire nel 2025, come dice Zelensky?
Non lo so. Intanto, vedremo chi sarà e che farà il nuovo presidente americano.
Trump alla Casa Bianca sarebbe un grosso guaio, per l’Ucraina?
Personalmente, credo di no. Ma poi chissà. Il tipo è imprevedibile. Il suo candidato vice-presidente, J.D. Vance, va dicendo cose parecchio preoccupanti. Comunque non è che sarei molto più tranquillo se la spuntasse Kamala Harris. Non la conosciamo bene. Anche lei è un punto interrogativo.
Il "piano di vittoria" prevede che l'Ucraina, nel dopoguerra, rafforzi la sicurezza europea grazie alle sue forze armate, potenziate dall'esperienza bellica. Secondo Zelensky, potrebbe in parte sostituire la presenza americana. Cos’è, un ammiccamento a Trump, critico del contributo degli Stati Uniti alla difesa dell’Europa?
Possiamo davvero essere d’aiuto alla sicurezza europea. Il nostro esercito oggi è forse il più forte nel mondo civilizzato, almeno per la fanteria. E se Trump vincesse e volesse ritirare forze Usa dal vecchio continente, o se volesse farlo la presidente Harris, perché no?
Sa cosa contengano i tre allegati top secret del “piano di vittoria”?
Sono top secret. Ma non mi aspetterei niente di inatteso o di straordinario. Riguardano certamente le armi. Vogliamo tutte le armi possibili, sì.
In sintesi, qual è la cosa più importante del piano?
Le garanzie di sicurezza. Anche se riuscissimo a ripristinare i confini del 1991, la Russia ci attaccherebbe di nuovo. Per evitarlo, dovremmo infliggere a Putin una disfatta: conquistare Mosca. Mica facile. Perciò, le garanzie di sicurezza e l'adesione alla Nato sono le priorità. Non solo per me. Per la maggior parte degli ucraini. Fermare la guerra per un anno o due non avrebbe senso.
Il “piano di vittoria” vuole anche a risollevare gli animi. Com’è il morale degli ucraini?
Siamo esausti. Ma non pronti a rinunciare. Perché sappiamo che se ci arrendiamo i russi ci distruggeranno, e prenderanno i nostri figli per aggredire altri Paesi. Capiamo ciò che è in gioco. E vorremmo vedere qualche vittoria. L’offensiva verso Kursk ha tirato su il morale. Ma non questo “piano”. Che in Ucraina è molto criticato.
I sondaggi prima della “operazione Kursk” rilevavano che la maggioranza degli ucraini voleva negoziati di pace. La situazione è poi cambiata dopo quell’offensiva…
Lasciamoli perdere, i sondaggi. L’Ucraina è un Paese in guerra, la gente è stanca e confusa. Statistiche e sociologia valgono poco, in un situazione del genere.
Cosa pensano gli Ucraini della possibilità di un cessate il fuoco e di fare concessioni a un tavolo negoziale?
Se chiedi cosa vogliono di più nella vita, gli ucraini ti rispondono: la pace, subito. Il desiderio comune è che la guerra finisca oggi. Ma quando poi domandi se siano pronti a rinunciare ai territori occupati, ti dicono di no. Sono in entrambi i casi assolutamente sinceri. Eppure, se si vuole che la guerra finisca, i compromessi sono necessari. Ci sono molte contraddizioni. La stanchezza prevale sulla logica.
Il problema probabilmente non si pone: il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha appena ribadito che la guerra deve finire solo col raggiungimento di tutti gli obbiettivi prefissati dal Cremlino. Ma quali compromessi potrebbe eventualmente considerare Zelensky? Un cessate il fuoco e una conferenza di pace per decidere lo status dei territori occupati potrebbero essere opzioni accettabili?
Non so cosa accetterebbe il nostro governo. E poi quale governo? C'è solo Zelensky. Sta diventando più autoritario. Non vuole un esecutivo di unità nazionale. In realtà, non crede nelle istituzioni. Gli bastano sei o sette manager, come disse in una conferenza stampa (il 19 dicembre 2023, ndr). Ma un Paese complesso come l’Ucraina non si può governare così. Tantomeno in guerra.