Nuovo rinvio nel caso dei fratelli Menéndez, che uccisero i genitori a Beverly Hills: disputa tra pm e difensori

Nuova battuta d'arresto in America per i rampolli di Beverly Hills, Lyle ed Erik Menéndez, accusati di aver ucciso i genitori nell'agosto del 1989 e coinvolti in una intricata vicenda giudiziaria che va avanti ancora oggi.
I due fratelli, impersonati in una serie Netflix da Chloe Sevigny e Javier Bardem, sono stati condannati all'ergastolo nel 1996 e oggi sono in attesa di capire se la sentenza potrà essere rivista ed eventualmente mitigata. L'udienza che poteva aprire ai due la strada della libertà vigilata dopo 35 anni in cella, è stata sospesa in seguito all'accesa disputa tra pm e difensori sull'ammissibilità di una valutazione dell'attuale pericolosità sociale dei condannati.
Il giudice di Van Nuys, a Los Angeles, ha aggiornato l'aula al 9 maggio provocando così la delusione dei familiari che lottano per la libertà dei due, sostenendo che entrambi uccisero dopo decenni di abusi e che oggi siano completamente riabilitati.

La storia dei due fratelli Menéndez
I due fratelli uccisero nel 1989 i due genitori, José e Mary Louise "Kitty" nella loro casa di Beverly Hills. Entrambi furono arrestati nel 1990 dopo aver inizialmente provato a depistare le indagini, e raccontarono agli inquirenti di aver agito per legittima difesa, perché convinti che i genitori stessero per ucciderli.
La loro storia inizia nel 1963, quando il padre, Josè Menéndez, sposò Kitty Andersen dopo averla incontrata al Queens College di New York. Dal matrimonio nacquero i due fratelli, uno nel 1968 e l'altro nel 1970. Per anni Josè lavorò come dirigente per la Hertz Global Holdings e nel 1968 divenne CEO della Artisan Entertainment, portando la famiglia con sé a Beverly Hills.
Erik fu iscritto alla Beverly Hills High School mentre Lyle entrò a Princeton, dalla quale però fu sospeso per i bassi voti e per aver copiato un elaborato. Le loro vite cambiarono definitivamente quando una cugina, Diane Vander Molen, si trasferì a casa loro per qualche tempo nel 1976. Lyle le confidò di abusi sessuali subiti dal padre e gli raccontò che le stesse violenze erano state fatte al fratello Erik.
La giovane raccontò tutto alla zia che però prese le difese del marito e mise Lyle in punizione. La vicenda non fu più menzionata, ma le stesse accuse furono sostenute dalla sorella maggiore di Kitty, Joan. Di diverso avviso è ancora oggi il fratello della donna, secondo il quale invece i due giovani avevano inventato tutto per evitare la condanna al processo.
La sera del 20 agosto del 1989, i due fratelli entrarono nella casa dei loro genitori portando con loro due fucili da caccia. José fu colpito sei volte mentre Kitty fu colpita dieci volte. Quando la polizia arrivò, i due dissero che gli omicidi erano avvenuti mentre loro si trovavano al cinema. Gli agenti non chiesero loro di sottoporsi a test per individuare residui di polvere da sparo sui vestiti, ma i sospetti si consolidarono quando entrambi iniziarono a spendere in modo esagerato, acquistando articoli di lusso con i soldi dei genitori.
Alla fine i due fratelli lasciarono la villa di Beverly Hills vuota, trasferendosi in due condomini adiacenti alla vicina Marina del Rey. Prima del loro arresto spesero circa 700.000 dollari.
Agli inquirenti raccontarono di aver commesso gli omicidi per paura di essere assassinati dai genitori dopo averli minacciati di denunciare gli abusi sessuali subìti durante l'infanzia. Durante il processo descrissero il padre come un "crudele pedofilo maniaco del controllo".
Entrambi definirono la madre "un'alcolista, tossicodipendente egoista e mentalmente instabile". La accusarono di non essersi mai opposta alla violenza del marito nei confronti dei bambini, ma di averla invece incoraggiata, partecipando agli abusi.

L'iter per la revisione della sentenza
D'accordo con i parenti che sostengono l'effettiva esistenza di abusi in famiglia, l'ex procuratore distrettuale Jorge Gascòn ha avviato l'iter per la revisione della sentenza sul finire del 2024.
Il nuovo capo della procura, il conservatore Nathan Hochman, si oppone però al rilascio, sottolineando che i due fratelli non si sono mai assunti la piena responsabilità del duplice omicidio. Oggi i due uomini hanno 57 e 54 anni e hanno passato più della metà della loro vita dietro le sbarre. Il 9 maggio il giudice stabilirà se procedere o meno in tribunale.