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Nuovo picco di morti Covid in Brasile: perché la seconda ondata è ancora peggio della prima

Viaggio a Manaus, la capitale dello stato brasiliano di Amazonas, dove è scoppiato il primo focolaio collegato alla variante brasiliana del Coronavirus. Il racconto a Fanpage.it di Fabio Biolchini Duarte, coordinatore del progetto di Medici senza Frontiere: “La seconda ondata è stata più violenta della prima. L’infezione si è diffusa molto più rapidamente e il numero di morti a gennaio è stato simile ai due mesi peggiori del 2020 messi insieme”. Nelle ultime 24 ore in Brasile è stato raggiunto un nuovo picco di morti: ne sono 1.972, mentre otre l’80% dei letti delle unità di terapia intensiva sono occupati nelle capitali di 25 dei 27 Stati brasiliani.
A cura di Ida Artiaco
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"La seconda ondata è stata più violenta della prima. L'infezione si è diffusa molto più rapidamente e il numero di morti a gennaio è stato simile ai due mesi peggiori del 2020 messi insieme". A Manaus, capitale dello stato brasiliano di Amazonas, il più colpito dalla pandemia di Coronavirus, l'emergenza non è mai cessata. Dopo alcuni mesi in cui sembrava che l'epidemia fosse sotto controllo, a gennaio la situazione è improvvisamente peggiorata, colpa di una variante di Sars-CoV-2, ribattezzata per l'appunto "brasiliana" (P.1), molto più aggressiva del ceppo originario, capace anche di reinfettare coloro che sono guariti. Ma da Manaus la situazione è peggiorata a macchia d'olio in tutto il paese sudamericano, dove solo ieri, martedì 9 marzo, è stato segnato un nuovo picco di decessi: ben 1.972 morti in sole 24 ore, mentre i nuovi casi sono stati 70.764.

I sistemi sanitari nella maggior parte delle città più grandi sono vicini al collasso. Secondo l'istituto di Rio de Janeiro Fiocruz, oltre l'80% dei letti delle unità di terapia intensiva sono occupati nelle capitali di 25 dei 27 Stati brasiliani. Lo sa bene Fabio Biolchini Duarte, coordinatore del progetto di Medici senza Frontiere a Manaus, che a Fanpage.it ha raccontato cosa sta realmente succedendo nel Paese sudamericano.

Il racconto di Msf: "Molti sono morti in modo poco dignitoso"

"La situazione a Manaus ora è molto migliorata rispetto a un mese fa. Vediamo un abbassamento del numero di nuovi casi e dei decessi – ci dice Fabio -. Gli ospedali non sono più completamente pieni e l'apporto di ossigeno si è stabilizzato. Durante il picco dell'epidemia in Amazzonia, tra gennaio e febbraio, la situazione era piuttosto caotica. C'erano molti più pazienti che letti e medici, i quali facevano turni molto lunghi. Non avevamo protocolli di terapia intensiva adeguati, le nostre scorte d'ossigeno erano basse. Quindi è stato un lavoro molto intenso, faticoso e stressante. E molte persone continuavano a morire davanti alla nostra squadra per mancanza di ossigeno". Tuttavia, anche se la situazione a Manaus non è drammatica come il mese scorso "c'è una seconda ondata in atto, molto più aggressiva della prima, che raggiunge diversi altri stati in Brasile. Ed anche le città che hanno più risorse sono sopraffatte". Medici senza Frontiere supporta i centri sanitari locali con risorse umane e servizi di salute mentale per gli operatori sanitari, ma fornisce anche corsi di formazione ai medici locali sulle migliori pratiche da adottare, specialmente durante la pandemia.

Fabio Biolchini Duarte.
Fabio Biolchini Duarte.

Secondo Fabio, "la situazione più precaria si è registrata presso le strutture sanitarie che normalmente non sono attrezzate per avere un livello elevato di cure intensive (ICU). Molti pazienti sono rimasti bloccati in quelle strutture di livello primario a causa della mancanza di letti in terapia intensiva negli ospedali più attrezzati e avanzati, non ricevevano cure adeguate e finivano per morire. Ad un certo punto c'erano più di 600 pazienti in attesa di un letto d'ospedale a casa e molti hanno dovuto essere trasferiti in altri stati per ricevere cure. Sfortunatamente, qualcun altro è semplicemente morto". Tra gli episodi più drammatici della sua esperienza, Fabio ha ricordato di quando a fine gennaio ha effettuato la prima visita in un ospedale supportato da Msf. "La struttura aveva 20 posti letto ma quasi 50 pazienti ricoverati, in ogni angolo dell'edificio – ha raccontato -. Molti di loro erano seduti su sedie di plastica accanto a una bombola di ossigeno, senza alcuna privacy. Non potevano andare in bagno perché non potevano sopportare di rimanere senza ossigeno ed erano obbligati a fare i loro bisogni fisiologici sul letto, mentre i parenti li pulivano davanti a tutti gli altri. Purtroppo molti di quei pazienti sono morti in modo poco dignitoso".

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La situazione in Brasile

Il Brasile continua dunque ad essere tra i paesi più colpiti dalla pandemia di Covid-19 in tutto il mondo. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha chiesto esplicitamente qualche giorno fa al presidente Jair Bolsonaro di intervenire per fermare "la tragedia in atto". Appello che tuttavia è caduto nel vuoto: "Non possono responsabilizzarmi, vogliono incolpare me per le 260mila vittime", ha detto Bolsonaro che poco prima aveva anche invitato i suoi concittadini a reagire così all'epidemia: "Non chiudetevi in casa, non siate codardi. Dobbiamo affrontare i nostri problemi. Basta piagnistei, basta lamentarvi, fino a quando volete piangere?", ha detto intervenendo ad un incontro pubblico a Goias all'inizio di marzo. Per non parlare della sua avversione alle mascherine "che fanno venire il mal di testa e fanno abbassare l'umore della nazione". Ma la situazione continua ad essere grave.

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Per questo il presidente del Consiglio nazionale dei segretari della salute del Brasile (Conass), Carlos Lula ha pubblicato una lettera aperta invocando misure urgenti contro l’imminente collasso delle reti sanitarie pubbliche e private di fronte all’ondata di nuovi contagi. "Il Brasile sta vivendo il periodo peggiore della pandemia, con livelli elevati di contagio e morti in tutte le regioni", sottolineando che "manca un coordinamento nazionale unificato e coerente per contrastare la pandemia".

La variante brasiliana e le vaccinazioni a rilento

A fare paura è proprio la cosiddetta variante brasiliana, diffusasi da Manaus al resto del Paese sudamericano e anche all'estero, Italia inclusa: sembra che la mutazione P.1 sia infatti due volte più contagiosa del ceppo originale con una capacità di reinfezione tra il 25 e il 60 per cento dei casi, tanto è vero che centinaia di pazienti ex Covid, usciti dalla malattia, si sono ritrovati contagiati a distanza di pochi mesi, compresi medici e infermieri che erano stati positivi durante la prima ondata. Per questo è importante vaccinare, anche e soprattutto dopo la pubblicazione degli ultimi studi che vedono i vaccini messi a punto da Pfizer e AstraZeneca avere efficacia anche contro la variante brasiliana. Ma la campagna vaccinale, con i sieri CoronaVac, sviluppato dalla società cinese Sinovac, e il vaccino AstraZeneca-Oxford, procede a rilento. L'obiettivo è nelle intenzioni del ministro della Salute, Eduardo Pazuello, il terzo nominato negli ultimi mesi da Bolsonaro, quello di vaccinare 170 milioni di brasiliani entro fino anno, ma al momento sono una piccola parte di loro ha ricevuto almeno una dose, cioè 8,6 milioni di persone, par al 4,1% della popolazione. "Il meglio che possiamo fare al momento – è stato l'amaro commento dell'epidemiologo Jesem Orellana – è sperare nel miracolo della vaccinazione di massa o in un cambiamento radicale nella gestione della pandemia. Il Brasile ora è una minaccia per l'umanità".

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