Nuove minacce dell’Is, quando il terrore corre solo sul web
Creare un profilo twitter, Facebook o Instagram è molto facile. Creare un hashtag, ovvero un'etichetta finalizzata a far riconoscere il contenuto del messaggio, è di fatto ancora più banale. Far sì che questo contenuto virtuale rimbalzi su migliaia se non milioni di account è più complicato, (sebbene possibile soprattutto per chi conosce, anche superficialmente, il cosiddetto lato oscuro della rete). Ciò che appare davvero difficile è capire se quanto riportato nel tweet, nello status di Facebook o nel video virale del caso, corrisponda a realtà oppure sia solo il frutto di fervida immaginazione o capacità tecnica del geek di turno.
Se poi si parla di terrorismo, minacce contro obiettivi sensibili e guerra al terrore il rischio del diffondere notizie non verificate è ancora più alto perché si può facilmente generare panico nelle masse o, al contrario, fomentare le farneticazioni di estremisti e terroristi che da demoni da tastiera senza una vera corrispondenza nella realtà diventano minacce reali (per quanto virtuali).
Alcune settimane fa, proprio sulle pagine di Fanpage, venne analizzato il caso del presunto massacro di bambini iracheni, rei solo di aver assistito ad una partita di calcio in Tv ed essere stati scoperti e per questo uccisi dai miliziani jihadisti fedeli ad Abu Bakr al-Baghdadi. La notizia diffusa solo da un blog iracheno, che tuttavia si rifaceva ad un'agenzia di stampa siriana, non è mai stata verificata in alcun modo. Non sono apparsi foto o filmati che potessero, almeno in parte, testimoniare l'ennesima violenza disumana perpetrata dai terroristi dell'Is. Tuttavia subito molti quotidiani italiani hanno riportato la notizia senza procedere alle verifiche del caso e, data l'impossibilità pratica, senza utilizzare frasi dubitative che quanto meno mettessero il punto interrogativo a quella brutta storia.
In queste ultime ore si è fatto un gran parlare del nuovo hashtag dei terroristi dell'Is “#We_Are_Coming_O_Rome” in cui si annuncerebbe l'intenzione di raggiungere le coste italiane e Roma da parte dei terroristi dello Stato Islamico. Ora, fermo restando che lo stato di guardia e di attenzione per ogni possibile minaccia deve essere altissimo, al fine di prevenire ed evitare stragi di civili, sarebbe anche opportuno capire se la minaccia rimbalzata sul web e ripresa da molte testate nazionali e straniere sia davvero concreta o se sia il frutto di menti deviate ma poco rappresentative del terrorismo internazionale. Secondo quanto affermato da alcuni esperti del web questo specifico hashtag, a differenza di quanto riportato e scritto, non sarebbe né stato ripreso da migliaia di persone né, tantomeno, avrebbe ricevuto particolare clamore nella comunità araba filo jihadista (è bene ricordare che una parte importante della propaganda dello Stato Islamico avviene proprio attraverso il web).
La notizia della cosiddetta “nuova minaccia” all'occidente è stata riportata per prima dal sito Site Intelligence group, un'azienda americana operativa nel settore dell'Intelligence e che monitora regolarmente le attività on line del califfato e i suoi siti collegati (con chiare e dichiarate finalità di lucro), che l'ha diffusa in internet grazie alla popolarità che si è guadagnata nel corso del tempo. Tuttavia la scarsa presenza dell'hashtag sul web e la difficoltà di trovare i siti riconducibili all'Is che avrebbero prodotto la nuova minaccia virtuale – come riportato da Site –, fa sorgere più di un dubbio sulla veridicità della minaccia.
Non è chiaro quale sia la fonte della minaccia e soprattutto quanto questa sia eventualmente attendibile nel confuso mondo dei millantatori virtuali e dei terroristi in carne ed ossa. Si pensi che, nelle ultime ore, il dubbio che il video relativo all'uccisione dei cristiani copti egiziani in Libia sia un falso (potrebbe essere stato girato altrove ad esempio) fa crescere il sospetto che anche questo hashtag possa essere poco corrispondente la realtà. Inoltre forse non è da sottovalutare che la società Site vede tra le sue principali analiste Rita Katz un'ebrea irachena, nota per il suo attivismo nelle attività sioniste (rifugiata prima in Israele e ora negli Usa), che potrebbe aver dato risalto alla notizia più per dare pubblicità alla sua agenzia che per una reale minaccia a Roma ed alla cristianità. Tante domande e dubbi s'intende che difficilmente potranno trovare risposte nel breve. Ciò che è chiaro è che, come accade purtroppo troppo spesso, i giornali e le testate giornalistiche pur di inseguire lo scoop di turno e dare risalto alla notizia, non procedono alle necessarie verifiche che confermino – anche con dubbi ragionevoli –, quanto si riporta. Contribuendo così a creare ulteriore caos e confusione.