Noor e Alaa, le sorelline che raccontano la guerra con i video: colpita la loro casa
Noor e Alaa avevano sentito tante volte il suono delle bombe esplodere vicino a loro. Le due sorelline, di dieci e otto anni, raccontavano attraverso i loro video la sofferenza di migliaia di bambini della Ghouta orientale, il sobborgo a est di Damasco da cinque giorni sotto il fuoco incessante degli aerei e dell'artiglieria siriana. Bimbi costretti a vivere in condizioni disperate, spettatori impotenti dell'orrore della guerra. E’ stata la mamma a decidere nell'ottobre scorso di postare su Twitter i filmati in cui Noor e Alaa descrivevano la loro quotidianità fatta di privazioni, fame e tanta paura. Il timore, fondato, che prima o poi una bomba potesse colpire anche la loro casa. E' accaduto ieri e nell'esplosione Alaa è rimasta ferita all'occhio sinistro. "Per l'amor di Dio, aiutateci!", gridano le bimbe prima che la sottile nebbia sollevata dalle macerie invada l'appartamento in cui vivono.
Nei loro video, le piccole lanciavano strazianti richieste di aiuto. “Gli aerei e gli elicotteri stanno attaccando il nostro quartiere…”, dice Noor senza riuscire a finire la frase. Poi le grida di terrore seguite dal sibilo di una bomba che cade poco distante. E' solo una bambina ma sa già distinguere il tipo di ordigno e con gli occhi terrorizzati riesce solo ad aggiungere “…con i barili (bomba, ndr)”.
“I bambini nelle aree sotto assedio sono malnutriti, non c’è acqua né luce” – ha commentato la mamma – ma vogliamo continuare a vivere”. “Ecco perché abbiamo deciso di aprire un account Twitter – ha aggiunto – per mostrare al mondo cosa sta accadendo nella Ghouta orientale. Nulla può impedirci di pubblicare e speriamo di documentare in questo modo la nostra sofferenza”. In uno dei video postati sul popolare social network, il panico delle due sorelline si mischia ai rumori minacciosi degli aerei che solcano il cielo lasciando cadere il loro carico di bombe. “Siamo in pericolo, per favore aiutateci. Fermate questa follia, vogliamo vivere. Non vogliamo morire”.
Abbracciate ai loro peluche, identici a quelli di tanti altri bambini al mondo, Noor e Alaa parlano delle loro notti insonni: “Nessuno può dormire a Ghouta est a causa degli aerei e le bombe. Salvateci prima che sia troppo tardi”, il loro disperato appello lanciato solo pochi giorni fa.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto a tutte le parti la fine immediata dei combattimenti sulla Ghouta orientale per consentire l’entrata dei soccorsi e degli aiuti umanitari alla popolazione stremata. “Questa è una tragedia umana che sta accadendo davanti ai nostri occhi – ha dichiarato Guterres durante una riunione del Consiglio di sicurezza – non possiamo lasciare che le cose continuino in questo modo atroce". Per l'Onu, la Ghouta orientale è un "inferno in terra". Dopo anni di assedio da parte delle truppe lealiste, le condizioni di vita dei circa 400.000 abitanti della Ghouta sono spaventose: secondo Panos Moumtzis, il coordinatore umanitario regionale dell'Onu, la sofferenza della popolazione "va oltre l'immaginazione". Diversi medici locali hanno informato che ormai gli ospedali sono al collasso. Non ci sono medicine sufficienti e i feriti vengono curati per terra e lasciati sul pavimento per mancanza di posti letto. Anche l'Alto commissariato Onu per i diritti umani si è espresso in termini molto duri: "Quanta crudeltà ci vorrà prima che la comunità internazionale possa parlare con una sola voce…per far finire questa mostruosa campagna di sterminio?".
Nonostante gli appelli della comunità internazionale, gli attacchi continuano. Le immagini che arrivano dalla Ghouta orientale mostrano in tutta la loro crudezza gli effetti dei raid indiscriminati sulla popolazione civile. Secondo gli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite, dall'inizio del mese sono morte 366 persone. E tra le macerie sono stati recuperati anche i corpi senza vita di sessanta bambini, vittime innocenti di una guerra che dura da ormai sette anni.