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Guerra in Ucraina

“Non cedete al ricatto del gas o si rischia la guerra mondiale”: parla un ex collaboratore di Putin

“Ogni concessione rafforzerebbe il presidente, e allora non si potrebbe escludere il peggio”, dice Abbas Gallyamov, che scriveva i discorsi del presidente russo. Se invece l’Europa resisterà, “dopo l’inverno lo zar potrebbe essere sostituito”. Populisti ed euroscettici italiani “pedine importanti per il Cremlino”.
A cura di Riccardo Amati
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“L’inverno sta arrivando”: il motto della casata degli Stark nella serie tivù “Il trono di spade” è da un po’ di tempo diventato il pay-off della propaganda della Russia di Vladimir Putin. Viene ripetuto nei post delle ambasciate di Mosca in Occidente e nei filmati pubblicitari prodotti dal ministero degli Esteri (Mid). È un cinico richiamo al ricatto del gas con cui il Cremlino cerca di dare scacco all’Europa. Ebbene, se si vuole evitare la guerra totale tra i “white walkers” e “Westeros”, ovvero tra le “ombre bianche” del nord — che tra l’altro nel serial televisivo sono dei gran brutti tipi— e il “Continente occidentale”, è meglio resistere al ricatto. Parola di uno che il Cremlino lo conosce bene: Abbas Gallyamov è stato tra gli speechwriter del presidente russo. Per tre anni ha scritto i suoi discorsi. “Se l’Europa dimostrerà debolezza e farà concessioni in cambio dei rifornimenti energetici, Putin si rafforzerà e rimarrà al comando. E il conflitto in Ucraina rischierà di trasformarsi nella Terza guerra mondiale”, dice Gallyamov a Fanpage.it. “Se invece l’Europa resisterà al ricatto del gas, il leader del Cremlino dopo l’inverno sarà più debole, e potrebbe esser sostituito”. Abbiamo raggiunto telefonicamente Abbas Gallyamov a Tel Aviv, dove è emigrato nel 2020 a causa del suo dissenso dal regime attualmente al potere in patria.

La rotta delle forze armate di Putin a Izyum ha provocato malcontento nelle élite, riportano i media russi citando fonti vicine al potere. Mentre i consiglieri di decine di circoscrizioni delle grandi città, peones della politica a stretto contatto con la gente comune, chiedono l’impeachment del presidente. Le critiche per l’andamento della guerra in Ucraina lo stanno indebolendo? C’è la possibilità di una rivolta di palazzo sostenuta dal popolo?

La ritirata in Ucraina non è necessariamente il prodromo di una rivolta contro Putin, ma è certo un passo in quella direzione. È un brutto colpo all’immagine di costante vincitore che il presidente si è costruito. Ed è un brutto colpo alla sua legittimità. Ma Putin è ancora potentemente radicato nel sistema politico creato intorno a lui. Quindi non credo che questo episodio per adesso isolato sarà seguito immediatamente da una rivolta, da un golpe.

Putin ha perso forza e legittimità, diceva. Può ritrovarle?

Se riesce a stabilizzare la situazione sul campo di battaglia, se le forze ucraine non continueranno nella loro offensiva, allora questo sarà un ottimo argomento da utilizzare per pacificare sia le élite che l’opinione pubblica. Soprattutto, il presidente sta cercando di convincere tutti che l’Europa resterà congelata quest’inverno, senza il gas e il petrolio russi. E che dovrà infine piegarsi al suo volere, fermando l’invio di armi e ogni sostegno all’Ucraina.

Quindi il Cremlino punta tutto sull’inverno?

Credo si sia riusciti a convincere élite e popolazione ad aspettare fin dopo l’inverno. E questo sentimento di obbedienza tradizionale, che sta sicuramente indebolendosi ma è ancora presente, potrebbe far sì che si acconsentirà ad aspettare. È senz’altro la cosa migliore, dal punto di vista degli uomini del Cremlino. Perché non sanno esattamente cosa fare. Non è il momento di muovere le acque, all’interno del palazzo.

Ma se l’Europa, seppur infreddolita, resistesse al ricatto del gas, l’inverno finirebbe per minare la legittimità di Putin — secondo il suo ragionamento. 

E in questo caso potrebbe accadere di tutto, all’interno del Cremlino. Non credo che ci sarebbe una vera e propria rivolta. Ma le persone intorno a Putin potrebbero convincerlo a farsi da parte per lasciare il posto a un successore. Così sarà il successore a doversi confrontare con i problemi esistenti. Ma ciò non succederà prima del prossimo marzo. Aspetteranno. Almeno per l’inverno. Sperando che l’arma del gas e del petrolio possa render più forte la Russia e il suo attuale regime.

Quindi sarà importante vedere che cosa deciderà l’Unione Europea rispetto al gas e al petrolio russi quest’inverno. È uno dei motivi principali della campagna elettorale in Italia.

L’Italia da questo punto di vista è molto importante per Putin. Perché nei Paesi europei l’opinione pubblica italiana è quella che simpatizza maggiormente con lui e meno con l’Ucraina. Così spera che i partiti populisti ed euroscettici che potrebbero far già parte della prossima coalizione di governo prendano ulteriore spinta quando arriverà l’inverno e la gente avrà freddo. Portando a provvedimenti in materia energetica in grado di fare gli interessi del Cremlino.

Cosa si chiedono in questo momento, dopo la sconfitta sul campo di battaglia, i responsabili della politica russa? Se fare una mobilitazione di massa? Scatenare una guerra mondiale? Usare armi nucleari?

Si domandano che fare per fermare l’offensiva ucraina. E certo si interrogano sull’opportunità di una mobilitazione di massa. Ma è un opzione parecchio rischiosa. Non è per niente chiaro quanti nuovi soldati possa procurare. Piuttosto, potrebbe causare proteste di piazza. Perché la gente non vuole andare a far la guerra nemmeno ora che i volontari vengono pagati un sacco di soldi, per i parametri degli stipendi russi (secondo la Bbc, ai volontari vengono offerti anche 4.000 euro al mese più indennità e bonus — ndr). E perché mai si dovrebbe andare al fronte addirittura gratis? Soprattutto ora, quando è ovvio che la possibilità di essere uccisi o di diventare invalidi è quantomai realistica. La guerra sta diventando sempre meno popolare. Sono molto pochi quelli che accetterebbero di andare a morire. Tutta la narrativa del Cremlino sulla “denazificazione” e la demilitarizzazione dell’Ucraina è più o meno convincente quando si sta vincendo la guerra e possono vedere i successi in televisione, seduti sul divano. Ma quando devi alzarti e andare a combattere, c’è bisogno di argomenti molto più solidi. La mobilitazione di massa è davvero un’alternativa poco praticabile per il Cremlino.

E allargare il conflitto facendolo diventare una guerra mondiale è un’alternativa concreta, se l’inverno rafforzerà la Russia? La narrativa del regime prepara a una tale eventualità da mesi. Nei talk show della tivù di Stato si ripete ogni giorno che di fatto la Terza guerra mondiale è già iniziata. E si evocano continuamente la potenza nucleare della Russia e la sua capacità distruttiva. 

Non si può escludere niente, quando si parla di Putin. Quella dell’allargamento della guerra a Paesi Nato, la guerra mondiale, è una possibilità, qualora il regime recuperasse la sua forza. E anche quella dell’utilizzo di testate nucleari è una possibilità, sempre se il regime si sentirà forte.

Davvero lo farebbero?

Probabilmente prevarrebbe la prudenza. La gente che deve decidere tiene famiglia. Mica vogliono immolare sé stessi e i loro familiari in una catastrofe nucleare. Soprattutto, quando sei debole — come lo è Putin rispetto a qualche anno fa — non è detto che i tuoi diretti subordinati ti obbediscano. E se non lo fanno, la cosa potrebbe sfociare in un golpe che ti fa perdere il potere. Solo se Putin si sentisse forte l’ipotesi rischierebbe di avverarsi.

La retorica della guerra nucleare è diretta più alla audience interna o a quella esterna? 

È diretta alla audience ucraina, europea e americana. E finora il ricatto è fallito. Per la audience interna, d’altro canto, ormai servono fatti. Non basta più la propaganda. Non puoi più solo evocare minacce contro ciò che sa succedendo nella realtà, mentre le tue difese vengono attaccate e distrutte. La minaccia nucleare diventa completamente inadeguata. Le parole non funzionano più. Alla audience interna si deve far vedere che i carri armati ucraini vengono davvero fermati. In qualsiasi modo. Anche per questo la situazione è sempre più pericolosa.

Lei è stato tra gli “speech writer” di Vladimir Putin dal 2008 al 2010. Ha avuto contatti stretti con lui. Che tipo era in quegli anni e quanto è cambiato? 

Era una persona del tutto razionale e funzionale. Un bravo top manager, che delegava responsabilità ai suoi collaboratori, sapeva quali domande fare e ascoltava con attenzione le risposte. Dimostrava una totale adeguatezza al suo ruolo. Non mi sarei mai aspettato che diventasse quel che è poi diventato.

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