“Non banalizzate stupro e violenza di genere”: la testimonianza finale di Gisèle Pelicot, abusata da 50 uomini
Il processo per gli stupri a danno di Gisèle Pelicot, poco più di 70 anni, è entrato nella sua fase finale dopo 10 settimane di testimonianze in aula. Al banco degli imputati siede l'ex marito della 70enne, Dominique Pelicot, accusato di aver drogato la moglie e di averla fatta violentare da più di 50 uomini per anni.
La vittima delle violenze ha rilasciato la sua ultima dichiarazione prima del verdetto finale della giuria composta da 5 giudici previsto per il 20 dicembre. Dopo la sua testimonianza, vi sarà quella dell'imputato principale, Dominique Pelicot. Il caso che vede protagonista suo malgrado la 70enne Gisèle ha sconvolto l'intera Avignone, nel sud della Francia, scoperchiando un vero e proprio vaso di Pandora.
La donna ha deciso di rinunciare all'anonimato, rendendo l'intero processo aperto al pubblico e ai media. La conseguenza di questa rinuncia è stata anche la pubblicazione dei nomi e delle generalità dei 50 uomini chiamati in tribunale con l'accusa di violenza sessuale.
La testimonianza finale di Gisèle Pelicot
"Non ho molto altro da aggiungere a quello che ho detto quando questo processo si è aperto – ha spiegato la 70enne davanti ai suoi avvocati e a quelli della difesa -. La società a questo punto deve guardare a come banalizza un tema come quello dello stupro e della violenza di genere. Per un periodo di tempo ho pensato di essere malata, in realtà ora scopro che erano gli effetti dei farmaci che assumevo mio malgrado e che mi stordivano. Ogni giorno sembrava una condanna a morte per me".
"Perché trovo difficile odiare il mio ex marito? Perché mi sento ancora una persona positiva, so che Dominique ha avuto un'infanzia complicata. Io non mi sentirò mai in pace con me stessa, imparerò a conviverci ma mi ricostruirò. Nonostante questo, ci saranno sempre 51 persone che mi hanno violata" ha affermato senza guardare l'ex partner che dal suo posto non ha mai cambiato espressione, guardando fisso davanti a sé.
Gisèle Pelicot spiega perché non cambierà cognome
"Gli imputati non sono stati ingenui a presentarsi a casa mia. Non sono bambini, la coscienza deve entrare in gioco quando entri nella camera da letto di una persona incosciente. Non perdono le azioni di mio marito, so che è un predatore sessuale. Sono stata tradita e ingannata. Non avrei potuto immaginare neanche per un istante che fosse capace di cose del genere. I miei figli portano il suo cognome e anche i miei nipoti. Pensavamo di vivere con una brava persona. Anche io continuerò a chiamarmi Pelicot: appena questo processo si è aperto, i miei cari si vergognavano di questo nome. Oggi il mondo conosce Gisèle Pelicot, sa chi sono e voglio che i miei nipotini siano orgogliosi della loro nonna. Non voglio che si vergognino di portare quel cognome perché oggi è il mio, sarà sempre associato a quello che io ho fatto in quest'aula di tribunale" ha concluso.
Oggi, martedì 19 novembre, Gisèle si è rivolta per la quarta e ultima volta alla Corte in qualità di vittima e parte civile del processo. Dopo di lei prenderà la parola l'ex marito, Dominique Pelicot, l'uomo che ha orchestrato le violenze sessuali e che per decenni l'ha drogata per permettere che gli abusi si verificassero senza che la donna si accorgesse di nulla.
La testimonianza dell'ultimo imputato
In aula è stato ascoltato anche l'ultimo dei 50 imputati, un uomo di 62 anni di nome Philippe L. Il 62enne ha spiegato di aver conosciuto Pelicot nel 2018 e di aver organizzato un incontro a casa sua. Il pensionato lo aveva accolto dicendogli che sua moglie aveva assunto dei sonniferi e che in quel momento stava dormendo. "Lo aveva definito ‘un gioco' che mi avrebbe incoraggiato ad essere me stesso" ha affermato davanti alla Corte. "Sono rimasto sorpreso dalla situazione, ero titubante, ma Dominique Pelicot alla fine mi ha convinto" ha detto in aula il 62enne.
Le uniche domande alle quali Gisèle non ha risposto, sono quelle sulle fotografie scattate da Dominique alla figlia Caroline mentre quest'ultima dormiva.