Nizza, a due anni dalla strage che inaugurò la stagione dei “lupi solitari”
A Nizza, la notte del 14 luglio 2016, oltre trentamila persone erano riunite sulla Promenade des Anglais per assistere allo spettacolo pirotecnico. Quello che doveva essere il culmine dei festeggiamenti in ricordo della presa della Bastiglia nel 1789, si trasformò in una notte di dolore e lutto. Verso le 22.30, un terrorista tunisino legato all'Isis, Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, procedendo a tutta velocità a bordo di un camion di 19 tonnellate, seminò morte e panico ovunque. L’attentatore, dopo una corsa omicida lunga 2 chilometri, verrà ucciso dalla polizia. Pesantissimo il bilancio della strage: 86 i morti, tra cui 10 bambini, oltre 450 i feriti.
A morire travolti dal camion guidato da Bouhlel sono stati cittadini di tutto il mondo. Tra le vittime dell’attentato terroristico anche 6 nostri connazionali: Mario Casati, 90 anni, la sua compagna Maria Grazia Ascoli, 79 anni. Angelo D’Agostino, 71 anni, andato a festeggiare la pensione in Costa Azzurra con la moglie Gianna Muset, 68 anni. Carla Gaveglio, 48 anni, di Piasco in provincia di Cuneo, che la sera del massacro a Nizza si trovava insieme alla figlia quattordicenne rimasta ferita. Nicolas Leslie, 20 anni, nato a Milano ma cresciuto negli Stati Uniti. Studente all'università californiana di Berkley, si trovava nella famosa città della Riviera Francese grazie a un programma di studio all'estero. Circa 30 deceduti nella strage del 14 luglio erano di religione islamica. Come Fatima Charrihi, madre di 7 figli, una delle prime vittime della follia omicida di Bouhlel.
Gli attentati dei “lupi solitari” dell’Isis
Il “lupo solitario” è un attentatore che agisce senza avere rapporti diretti con un’organizzazione terroristica internazionale. Attacchi dettati più dallo spontaneismo che da legami operativi con l'Isis o Al Qaeda, se non con la propaganda online che circola su diverse piattaforme. Cittadini occidentali che subiscono il fascino dell’ideologia jihadista senza mai aver messo piede in Siria o Iraq e senza nessun addestramento alle tecniche di combattimento. “Colpire i ʽcrociati’ con qualsiasi mezzo a disposizione e ovunque vi troviate”, è l’ordine impartito dai leader dell’Isis ai loro seguaci. E così, camion e furgoni, rubati o affittati, sono diventate le nuove “armi” degli estremisti islamici per seminare il terrore. L’attacco a Nizza, anche se non il primo del suo genere, è stato il più letale attentato compiuto con un veicolo in Europa. Nei due anni che sono seguiti alla strage, in tutto il mondo sono stati numerosi gli atti terroristici di questo tipo rivendicati dal sedicente Califfato islamico. Una lunga di scia di morte costata la vita a decine di civili innocenti.
- Il 16 dicembre 2016, con una dinamica simile all'attentato di Nizza, il tunisino Anis Amri alla guida di un camion rubato ha investito e ucciso 12 persone in un mercatino di Natale a Berlino. Tra le vittime anche una nostra connazionale: Fabrizia Di Lorenzo, originaria di Sulmona.
- Ad essere colpito dal terrorismo jihadista è stata poi la capitale inglese. A Londra, il 22 marzo 2017, un inglese di 52 anni, Khalid Masood ha noleggiato un’auto con la quale si è lanciato a tutta velocità sui passanti sul ponte di Westminster. Nella sua folle corsa ha ucciso 4 persone. Dopo essersi schiantato sull'ingresso del palazzo del parlamento inglese è sceso e ha accoltellato a morte un agente, prima di essere abbattuto.
- Ancora in Europa, questa volta a Stoccolma, il 7 aprile 2017, un uzbeko, Rakhmat Akilov, 39 anni, a bordo di un camion ha seminato panico e morte: 5 innocenti rimarranno a terra senza vita, tra cui una bimba di 11 anni che stava facendo ritorno a casa da scuola.
- Di nuovo Londra quando, la sera del 3 giugno 2017, tre terroristi con un van hanno travolto i pedoni sul London Bridge. Dopo aver abbandonato il veicolo si sono diretti al vicino Borough Market dove, armati di coltelli, hanno continuato la loro missione di morte. Il bilancio sarà di 7 vittime, oltre agli attentatori.
- Due mesi dopo, saranno le Ramblas di Barcellona lo scenario della follia terrorista: un furgone guidato da Younes Abouyaaqoub ha investito i turisti che in quel momento si trovavano a passeggiare nel famoso viale della città catalana: 14 le vittime, tra cui anche due italiani. Bruno Gulotta, esperto informatico 35enne di Legnano che aveva appena fatto in tempo a mettere in salvo i figli prima di essere ucciso, e Luca Russo, 25enne di Bassano del Grappa. Abouqaaqoub, pur avendo agito da solo, faceva parte di una cellula di 12 uomini che hanno seminato il terrore a Barcellona tra il 17 e 18 agosto dell’anno scorso.
- E infine a New York, il 31 ottobre 2017, l’uzbeko Sayfullo Saipov, con un furgone noleggiato ha deliberatamente invaso una pista ciclabile del Hudson River Park, abbattendo ciclisti e podisti. 8 le persone uccise e una quindicina i feriti. Nel veicolo, la polizia ha poi trovato una bandiera nera dell'Isis e un documento in cui Saipov giurava fedeltà al Califfato.
Strategia social dell'Isis
In Iraq e in Siria, il sedicente Stato islamico ha perso quasi tutto il territorio conquistato nel 2014. Molti degli alti dirigenti del gruppo, inoltre, sono stati uccisi. Tuttavia, se l'Isis non esiste più come entità territoriale, il Califfato ʽvirtuale’ è ancora vivo e vegeto e i servizi segreti occidentali avvertono che l’organizzazione terroristica continua a esercitare un forte richiamo per i militanti in tutto il mondo. La propaganda dell'Isis, incitando i suoi “soldati” a compiere attentati ovunque si trovino, è ancora molto diffusa sulle principali piattaforme social, come lo dimostrano le recenti minacce dell’organizzazione terrorista di compiere “una strage mai vista prima nella storia” in occasione del campionato mondiale di calcio che si sta disputando in Russia.
Il lupo solitario – coincidono gli esperti – è solo uno strumento, la punta dell’iceberg del fenomeno. Come si è visto in diversi attentati, gli autori delle stragi godevano di una rete di supporto tanto che la giornalista del New York Times, Rukmini Callimachi, preferisce parlare di “attacchi telecomandati”, piuttosto che di azioni solitarie di radicalizzati dell’ultima ora. Di parere simile anche Nathaniel Barr, analista di Valens Global, un centro studi che si occupa di terrorismo, secondo cui una caratteristica di questo tipo di attacchi è la presenza di “virtual coach” (addestratori virtuali), che guidano e incoraggiano durante tutto il processo: dalla radicalizzazione al reclutamento fino alla pianificazione dell’attacco. “Se si guarda alle comunicazioni tra attentatori e “virtual coach” – ha dichiarato Barr – ci si accorge che c’è una linea di comunicazione diretta e costante, al punto che l’incitamento dura fino a minuti, a volte secondi prima che l’attentatore compia l’attacco”.
Il Jihad internazionale: la minaccia più seria del nostro tempo
Il terrorismo e i processi di radicalizzazione di matrice jihadista rappresentano una delle minacce alla sicurezza più rilevanti del nostro tempo, sia sul piano interno sia a livello internazionale. Uno dei pericoli più seri – sottolineano gli esperti del fenomeno – è costituito dall'azione dei cosiddetti foreign fighters. In Europa si teme l’eventualità che i combattenti stranieri dell’Isis possano beneficiare dell’addestramento, dell’esperienza, delle conoscenze e dei contatti acquisiti sui fronti mediorientali per sferrare nuovi attacchi una volta ritornati nei propri Paesi di origine. C’è il timore, inoltre, che i veterani dello Stato islamico diventino jihadi entrepreneurs (imprenditori del jihad), figure chiave nell'indottrinare e spingere menti deboli come quella dell’autore del massacro di Nizza a compiere nuovi attentati.