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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Nella Striscia di Gaza si rischia una nuova guerra: 34 palestinesi uccisi dall’aviazione israeliana

Sfumato un cessate il fuoco tra Israele e la Jihad islamica, Tel Aviv potrebbe intensificare gli attacchi nella Striscia di Gaza. Potrebbe essere l’inizio di una nuova guerra.
A cura di Davide Falcioni
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Non ci sarà nessuna tregua tra Israele e i palestinesi, almeno per il momento: funzionari del governo di Tel Aviv hanno abbandonato il tavolo negoziale avviato per raggiungere un faticoso cessate il fuoco con la mediazione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite. L’abbandono dei colloqui sarebbe stato deciso a causa della ripresa dei lanci di razzi sulle città israeliane dalla Striscia di Gaza dopo una pausa di 13 che aveva fatto sperare in una cessazione – almeno temporanea – delle ostilità.

Così non sarà: all’abbandono del negoziato infatti sono seguiti nuovi raid dell’aviazione israeliana sulla Striscia. Secondo fonti palestinesi, i morti a Gaza – dove vivono 2,3 milioni di persone in condizioni disumane a causa del blocco israeliano – sono ad ora 34, tra miliziani ma soprattutto civili (comprese donne e bambini). I feriti sono oltre 90. Secondo il portavoce militare israeliano Daniel Hagari, invece, da Gaza sono stati lanciati dall'avvio del conflitto 876 razzi (di cui 163 ricaduti nella Striscia) con 260 intercettazioni da parte del sistema di difesa antiaereo Iron Dome. Una persone è morta.

Quella in corso è la più grave escalation dallo scorso agosto, quando 49 abitanti di Gaza vennero uccisi in tre giorni di combattimenti tra la Jihad islamica e l'esercito israeliano. Almeno 19 delle vittime erano bambini, secondo le Nazioni Unite, mentre il lancio di razzi ferì tre persone in Israele.

Ma quali sono le motivazioni degli scontri degli ultimi giorni? E quanto è probabile un'ulteriore escalation? Fanpage.it ha interpellato a Gerusalemme Michele Giorgio, scrittore, direttore di Pagine Esteri e storico corrispondente dal Medio Oriente del Manifesto.

Michele Giorgio
Michele Giorgio

Innanzitutto qual è la situazione a Gerusalemme in questi giorni?

Qui la situazione è relativamente tranquilla: in mattinata è scattato un allarme a sud di Gerusalemme, nella zona di Betlemme, in particolar modo in una serie di insediamenti coloniali israeliani. Un razzo è caduto nei pressi di una colonia senza provocare danni, altri sono precipitati in una cittadina a una dozzina di chilometri da Gerusalemme in territorio israeliano. Poi un'altra quindicina di razzi sono stati lanciati verso Sderot. La reazione israeliana non si è fatta attendere: sono state bombardate presunte postazioni della Jihad islamica. Poche ore fa si è saputo che Israele ha abbandonato i colloqui per un cessate il fuoco e con il passare delle ore diventa sempre più difficile arrivare a una tregua.

Come sempre i bombardamenti su Gaza da parte di Israele sono stati molto duri…

Sì, droni e jet dell'aviazione stanno prendendo di mira non solo presunte abitazioni di leader della Jihad islamica – che sono per lo più vuote – ma anche case di civili. I raid si stanno intensificando in queste ore. Il bilancio è molto alto ed è di almeno 34 morti, 6 dei quali capi della Jihad, ma la maggior parte delle vittime sono civili e tra questi ci sono anche cinque bambini e quattro donne. Naturalmente cresce anche il numero dei palestinesi feriti e con esso lo stress negli ospedali della Striscia di Gaza, che già in condizioni "normali" vivono una situazione di grande precarietà.

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Perché Israele ha abbandonato i colloqui per un cessate il fuoco?

Stando a quanto comunicato da Israele stessa la decisione è stata adottata in reazione al lancio di razzi. Era accaduto anche ieri, dopo un abbondante lancio in reazione all'uccisione di due leader della Jihad islamica. In quell'occasione era morto anche un uomo israeliano. Ora, se non verrà raggiunta subito una tregua, la situazione rischia di sfuggire completamente al controllo.

Come mai?

Finora questo è stato uno scontro tra Israele e la Jihad islamica, sebbene il prezzo più alto come sempre lo stiano pagando i civili palestinesi. Hamas, che controlla la Striscia e che costituisce l'organizzazione palestinese militarmente più organizzata, è rimasta fino a questo momento ai margini. In assenza di un cessate il fuoco è inevitabile una sua discesa in campo, e a quel punto cambierebbero molte cose. Anche Israele, di conseguenza, potrebbe decidere di lanciare una guerra vera e propria contro Gaza, come ci fu nel 2014 e in versione più ridotta nel maggio del 2021.

Perché la discesa in campo di Hamas cambierebbe radicalmente lo scenario?

Hamas può mettere in campo una dotazione di razzi nettamente superiore sia per quantità che per qualità rispetto a quella della Jihad islamica. Lo sa benissimo anche Israele, che non a caso in questi giorni si è concentrata non a caso prevalentemente su obiettivi proprio della Jihad, sebbene il conto maggiore sia stato pagato da innocenti. Ad ogni modo Hamas finora è rimasta a guardare perché non vuole entrare in un conflitto, essendo molto più interessata ad amministrare Gaza e ad accreditarsi come un soggetto politico/diplomatico e strategico in Medio Oriente. Hamas, d'altro canto, è un'organizzazione che ha rapporti quasi da "stato" non solo con l'Iran (uno dei suoi sponsor) ma anche con altre realtà come Hezbollah in Libano e la Siria di Assad. Hamas, quindi, non vuole entrare in guerra in questa fase. Tuttavia se le forze armate israeliane dovessero colpire suoi obiettivi la reazione non si farebbe attendere.

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Oltre alle ragioni storiche, come la lotta all'occupazione israeliana da parte dei palestinesi, quali sono le motivazioni degli scontri degli ultimi giorni?

Poche settimane fa nelle carceri israeliane è morto dopo un lungo sciopero della fame durato 86 giorni Khader Adnan, figura simbolo della Jihad islamica: il suo decesso ha suscitato grande commozione nei territori palestinesi perché quest'uomo, tra l'altro, era stato più volte arrestato anche in passato, senza che si conoscessero mai le accuse a suo carico e senza essere mai neppure processato. Per questo aveva condotto numerosi digiuni di protesta. La sua morte eccellente aveva innescato la reazione della Jihad con quale sporadico lancio di razzi; era seguita la risposta israeliana. La "scaramuccia" sembrava comunque essersi chiusa lì; invece martedì all'improvviso ha lanciato un'operazione militare chiamata "Scudo e Freccia" uccidendo immediatamente con dei droni tre comandanti militari della Jihad e i loro familiari. Da lì una reazione a catena che ci ha portati a questo punto.

Il raggiungimento di una tregua è parso vicino ieri e oggi, poi è saltato tutto. Perché i colloqui non hanno fatto progressi?

Ci sono distanze incolmabili tra le due parti. La Jihad islamica chiede che Israele metta fine agli omicidi mirati dei suoi leader; Israele invece non è affatto disposto ad accogliere questa richiesta. A queste condizioni il raggiungimento di un cessate il fuoco appare assolutamente improbabile.

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