“Nel giardino di casa mia fiori e colpi di artiglieria”. Natalia racconta la vita dell’Ucraina in guerra
Dalla cittadina di Stanytsia Luhanska, a due chilometri dalla linea del fronte russo-ucraino, cronache di una guerra divenuta ordinaria: parla con Fanpage l’attivista Natalia Zhurbenko, che in questi giorni, insieme ai suoi concittadini, sta vivendo momenti di panico e disperazione.
Fiori e spari
Natalia Zhurbenko coltiva ortaggi e fiori rosa, come i suoi capelli. Ma quando esce in giardino per coglierli o innaffiarli, sente gli spari. «Ormai viviamo in uno stato di terrore costante e di vigile attesa dei bombardamenti».
Natalia, che ha accettato di raccontarsi a Fanpage, vive nel villaggio di Stanytsia Luhanska, un comune di 12mila abitanti sul territorio ucraino, a 2 km dalla linea del contatto. Siamo nella regione di Luhansk, sotto il controllo dei separatisti sostenuti dalla Russia e da forze ibride russe.
A due km dalla linea di contatto
Qui, come nel resto del Donbas, la guerra dura da otto anni e nelle ultime settimane è “solo” uscita dal cono d’ombra in cui era stata relegata dopo gli accordi di Minsk. Tra giugno e agosto del 2014 Stanytsia Luhanska è teatro di aspre battaglie per il controllo della città tra le forze ibride russe (milizie separatiste armate della Russia, unite al commando di militari regolari a sostegno dell'artiglieria russa). Le autorità ucraine riprendono il controllo il 21 agosto 2014, ma la cittadina, vicinissima alla linea del fronte, continua a ingolosire i russi per la sua posizione strategica: da qui passa la strada regionale e ci sono un importante nodo ferroviario e il ponte sul fiume Severskyj Donec (distrutto dai bombardamenti russi e completamente ricostruito dal governo ucraino solo nel 2019). Stanytsia è anche l’unico dei sei valichi esistenti di passaggio sulla linea di сontatto rimasto aperto, dopo che con l'inizio della pandemia le autorità di occupazione hanno chiuso tutti gli altri cinque. Alcune aree di questa località si trovano nella cosiddetta "zona grigia", cioè, in conformità con gli Accordi di Minsk, un cuscinetto neutrale di alcuni chilometri sul confine russo-ucraino. In realtà, più che grigia, questa zona è sempre stata rossa, con continue provocazioni, operazioni “false flag”, attacchi e bombardamenti dalle forze ibride russe. Prima di questa nuova escalation, gli ultimi bombardamenti pesanti da parte degli occupanti risalgono al 2016.
«Resto qui!»
Natalia è una volontaria e attivista civica ucraina. Dal 2014 presiede la filiale locale della ong “Unione dei veterani e invalidi dell’Operazione anti-terrorismo e della guerra” e dall’inizio dell’aggressione russa contro l’Ucraina aiuta civili e militari. Nel 2017 è stata nominata "Volontaria dell'anno" e pur essendo imprenditrice di successo, con l'opportunità di trasferirsi insieme ai figli a Kiev, ha scelto di rimanere nella sua cittadina ed è diventata riferimento culturale e umanitario per la popolazione del luogo: «Resto qui! Resto qui e basta, lo faccio per chi ha bisogno di me», taglia corto Natalia.
Gli ultimi giorni
«Negli ultimi due giorni – racconta Natalia a Fanpage – la situazione è degenerata. I bombardamenti non si fermano mai e, anche se non durano a lungo, gli attacchi sono frequenti e improvvisi. Questa notte (la notte fra il 17 e 18 febbraio, ndt) sono state case colpite sette case, due delle quali centrate in pieno e incendiate. Il giorno prima (17 febbraio, ndt), sono stati danneggiati una casa e l'asilo. Per fortuna i bambini non sono rimasti feriti, perché in quel momento stavano andando a fare una passeggiata, quindi erano nel corridoio, ma due insegnanti hanno avuto commozione cerebrale».
Anche la comunicazione diventa sempre più difficile, alimentando caos e paura. «Stanotte – continua Natalia – la connessione telefonica e quella a internet sono state danneggiate durante il bombardamento, così come la luce e il gasdotto. Quindi è stato impossibile contattare parenti, amici e forze dell’ordine: non riuscivamo a capire che cosa stava accadendo».
I bambini non giocano più
E come al solito a rimetterci sono soprattutto i bambini: «Non giocano nemmeno più o giocano alla guerra, subiscono ogni giorno gravi traumi psicologici». Ma anche gli adulti non se la passano bene: «Ormai ci siamo abituati a non fare progetti – dice Natalia – nessuno sa cosa potrebbe succedere domani. Qui le persone sperano che tutto questo finisca presto, cercano di condurre una vita normale, ma la normalità è molto lontana da quella di prima del 2014».
(Traduzioni di Elena Nazarenko)