Si può rispondere in due modi all’orrore di oggi: con l’odio o con la fratellanza. Si può rispondere affermando che se la sono cercata e che una guerra di civiltà è in atto oppure cercando di immaginare una società diversa. Perché alla base dell’attacco di oggi non c’è solo l’odio di chi ha sparato ma anche la responsabilità di chi soffia su quell’odio. Di chi preferisce dividere – magari per una manciata di voti – piuttosto che immaginare una società veramente inclusiva.
Chi dimentica la fratellanza come valore fondante dell’identità repubblicana non ha religione, è solo un razzista. E' razzista chi spara contro dei giornalisti inermi e chi, da sopra un palco di un comizio elettorale, fomenta l’odio contro gli immigrati.
Sono le due facce della stessa medaglia. Ciascuna è necessaria alla sopravvivenza dell’altra. Ciascuna è l’out group funzionale dell’altra. Chi soffia sull’odio è altrettanto responsabile di chi spara. Chi soffia sull’odio non sa cosa sia lo Stato. Chi soffia sull’odio non è uomo (o donna) di Stato.
Chi odia con le armi o con i comizi sta chiedendo ai cittadini di abbandonare la propria libertà per cederla nelle mani di organizzazioni che la tutelino. Chi odia si eregge a garante di una libertà della quale non conosce il valore. Perché la sua idea di libertà nasce sempre dalle privazioni altrui. Privazioni che portano il nome di Patrioct Act e Datagate.
Chi odia con le armi o con i comizi non sa cosa sia l’eguaglianza, quel valore per il quale la mia opinione vale quanto la tua. Per la quale la mia religione non può essere migliore o peggiore della tua ma semplicemente differente. Chi non sa cosa sia l’eguaglianza non sa che questa si basa sulle differenze reciproche e sull’accettazione di quelle differenze.
Chi oggi parla di Islam e Cristianesimo come giustificazione ai reciproci odi non rappresenta nessuna collettività ma solo i propri interessi. L'interesse che i cittadini non siano uguali. Perché l'uguaglianza spaventa, sempre.