Nazismo 2.0: I giovani tedeschi ignorano la Storia, e Lei si ripete – Capitolo 2/ Germania
"Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi".
Primo Levi
LA GERMANIA SI RISVEGLIA NAZISTA, GLI ADOLESCENTI NON CONOSCONO HITLER – Ora, se Primo Levi avesse la possibilità di realizzare l'anatema lanciato al termine del suo "Se questo è un uomo", sarebbero in molti ad assistere al crollo della propria casa; in molti dovrebbero venir assaliti da malattie invalidanti e subire il disprezzo dei figli che allontanano – con sdegno – il viso dai loro volti. Perché il "Nie Wieder – Mai più" che riecheggiava in ogni dove all'indomani della fine degli orrori nazifascisti non è stato affatto scolpito nei cuori degli esseri umani, specie in quelli degli europei – disgraziati inventori della truce ideologia che fu (ed è) il fascismo e che, ancora oggi, infetta il mondo col morbo della superiorità della razza, della xenofobia, della violenza come soluzione, della conquista. Che siano essi greci o tedeschi, italiani o francesi, gli esseri umani non hanno saputo né voluto tramandare il ricordo di quelle tragedie: perché tutti sapessero, perché chiunque avesse piena coscienza di quanto era accaduto, perché fosse alla portata di ognuno saper leggere i segni che scandiscono il ritorno del nazifascismo, perché la Storia non si ripetesse. Non bastano i documentari, i libri, le giornate della memoria, non bastano le parole. Si insegna con le azioni e – quando accade che parole e azioni corrono in direzioni opposte – non si insegna niente. e anzi: non si può più insegnare nulla perché si è ormai privi di credibilità. Questo è quel che è accaduto ovunque in Europa dove, da un lato, si celebravano le morti del nazifascismo e – dall'altro – si promuovevano nuovi odi razziali: prima contro gli africani, poi è toccato ai popoli dell'est, infine sono arrivati gli arabi. I barbari alla porte: figura eterna ed immutabile, non vanno mai via, sono il feticcio preferito dai potenti, dai governanti, da chiunque si senta in difficoltà. Ogni volta, hanno volti e nomi nuovi, ma assolvono costantemente la medesima funzione: catalizzare paure, odio, frustrazioni, prestarsi a recitare il ruolo dei nemici di tutti, dei capri espiatori. Quale lezione – esattamente – avrebbero dovuto apprendere le nuove generazioni nell'arco di settant'anni? Che con gli ebrei non si fa ma con altri si può ancora fare?
Una sconvolgente ricerca realizzata dalla Libera Università di Berlino ha rivelato che il 50 per cento dei 7500 quindicenni tedeschi intervistati non sa che Hitler era un dittatore e non conosce la differenza tra dittatura e democrazia. Il 25 per cento si dice convinto che Adolf Hitler fosse un difensore dei diritti umani e il 40 per cento non sa distinguere tra il nazismo, la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e la Repubblica Federale prima e dopo la riunificazione della Germania. Dopo appena settant'anni, le nuove generazioni hanno già rimosso, rendendosi completamente vulnerabili al ripetersi dei medesimi orrori, come se non fosse mai accaduto prima. Basta il giusto mix di paura e ignoranza, e voilà, il nazismo è servito. Di nuovo.
E non ci consoli credere che gli adolescenti tedeschi rappresentino un caso isolato, se si tentasse la medesima ricerca in altre parti d'Europa – con tutta probabilità – i risultati sarebbero simili. E la responsabilità di tale ignoranza – o peggio, di un cosciente pensiero reazionario – non può essere attribuita per intero a dei ragazzi che sono al mondo da 15 anni; ragazzi che non hanno modo di conoscere i tempi che li hanno preceduti se nessuno si prenda la briga di raccontare. E neppure raccontare basta. La formazione delle nuove generazioni dovrebbe essere il prioritario interesse di una specie interessata ad evolvere non solo in senso tecnico-scientifico, ma soprattutto in prospettiva socio-psico-filosofica, evolvere verso forme di convivenza migliore, verso sistemi sociali più equi, questo dovrebbe essere lo scopo ultimo dell'umanità. Ma questi ragazzi hanno genitori e insegnanti a loro disposizione che, evidentemente, non prendono molto sul serio il compito che Primo Levi assegnava loro con quel perentorio "vi comando queste parole".
La Germania ha voluto ardentemente cancellare le proprie vergogne, dimenticando che il miglior modo per farlo era mostrarle, non nasconderle, prendersi le proprie responsabilità senza cercare alibi di sorta e, soprattutto, eliminare – politicamente e senza eccezioni – ogni residuo reazionario e revisionista, soprattutto attraverso l'esercizio della solidarietà sociale e della lotta contro ogni genere di discriminazione. Perché se non si affronta con coraggio il proprio passato, per quanto oscuro esso sia, succede che torna. E allora ecco spuntare apparentemente dal nulla una cellula neonazista che – da quel che si apprende – ha agito in segreto per anni, coperta dalle forze di intelligence interne tedesche (Verfassungsschutz – BfV) assassinando undici persone (di cui nove cittadini tedeschi di origine turca, uno di origine greca e una poliziotta); accade che lo scandalo della NSU – Nationalistischer Untergrund, questo il nome della cellula neonazista – si riveli un terremoto tale da costringere il capo dell'intelligence interna Heinz Fromm alle dimissioni. L'organizzazione da lui guidata, infatti, è accusata di aver coperto per anni le attività della NSU, di aver fatto sparire una serie di documenti che mostravano i legami strettissimi che esistevano tra NSU e intelligence e di aver depistato le indagini sui crimini commessi dalla cellula.
La ciliegina sulla torta? Secondo i documenti nelle mani dell'AISI (servizio segreto italiano) la NSU ha avuto ripetuti e comprovati contatti con cellule di estrema destra italiane, in particolare "Skinhead Tirol – Sektion Meran" e "Veneto Fronte Skinheads". L'idea su cui queste organizzazioni nazifasciste hanno lavorato era quella di realizzare una serie di attentati di matrice xenofoba che potessero inviare all'Europa un messaggio molto chiaro: stiamo tornando. E c'è chi non vede l'ora di lasciarli entrare.
Vedi anche: Capitolo 1/ Grecia