Nabi Saleh, la storia del villaggio della Cisgiordania che ha fatto il giro del mondo
![Immagine](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2015/08/scontri-israele-palest.jpg)
Le immagini del soldato israeliano che ferma un dodicenne palestinese con un braccio rotto salendogli sopra, il viso coperto da un passamontagna e il mitra a tracolla, tra le urla di donne e ragazzine che lo difendono strenuamente mentre il militare gli stringe il braccio intorno al collo, hanno fatto letteralmente il giro del mondo. Lo stesso giorno e alla stessa manifestazione è stato arrestato anche l'attivista italiano dell'International Solidarity Movement Vittorio Fera, accusato di aver lanciato sassi all'indirizzo dei soldati e rilasciato oggi su cauzione.
I giornali, italiani e internazionali, quasi mai riportano il luogo dove quelle immagine sono state girate. Invece, i luoghi sono sempre importanti, e bisogna avere delle coordinate più precise per capire il perché quel dodicenne manifestasse assieme alla sua famiglia. Non basta dire: in Cisgiordania.
Il video è stato girato a Nabi Saleh, una decina di chilometri a nord-ovest di Ramallah. In questo villaggio dove tutti, ma proprio tutti, fanno di cognome Tamimi, tanto da costruire un'unica famiglia anche senza essere imparentati tra loro, si è costituito sul finire della seconda intifada un "Comitato popolare", ancora forte e attivo malgrado i tanti anni passati.
Ogni venerdì gli abitanti di Nabi Saleh si riuniscono al centro del villaggio e scendono lungo la strada. Intonano slogan, portano bandiere palestinesi e del Comitato popolare, bambini con elmetti e maschere antigas. Ad accompagnarli attivisti internazionali e pacifisti israeliani. Il loro obiettivo, ormai da anni, è quello di raggiungere la sorgente d'acqua di Ein Al-Qawa, controllata dal 2008 dalla colonia di Halamish, sorta proprio sulla collina di fronte nel 1977. Gli abitanti di Nabi Saleh vedono la fonte ma non la possono usare e ogni venerdì provano a raggiungere quel pozzo, ogni venerdì sulla loro strada trovano l'esercito israeliano.
Ogni tanto la manifestazione finisce con una sassaiola: a farlo sono i più giovani, e si tratta di un simbolo della resistenza più che di un'arma offensiva. A volte le cose vanno diversamente, l'esercito avanza e prova arrestare qualcuno o i manifestanti si fanno più determinati e non si accontentano di rimanere lontani dalla torretta di cemento armato dell'esercito israeliano. Vengono sparati proiettili di plastica, granate stordenti e anche vere munizioni, che hanno ucciso due giovani nel villaggio nel 2012 e nel 2011. I lacrimogeni incendiano i prati e i giardini, quando non le case. Di quei roghi rimangono le macchie nere sulla terra e le grate a tutte le finestre.
Ma i Tamimi, oltre a voler testardamente poter accedere a quella pozza d'acqua che gli impedisce di irrigare i campi, hanno anche capito che raccontare la loro lotta è la cosa più importante. Così hanno organizzato una pagina Facebook, Tamimi Press dove caricano video, foto e interviste, che arrivano da Nabi Saleh. Organizzatissimi con smartphone e macchinette fotografiche. E proprio quel video che è rimbalzato sui canali televisivi di tutto il pianeta è stato girata da quell'artigianale ed efficace macchina comunicativa organizzata dai 550 (circa) abitanti di Nabi Saleh.