Mozambico, lo squallido ricatto alle donne colpite dal ciclone: “Sesso per un kg di fagioli”
“Quell'uomo è arrivato la sera con un sacco di riso, uno di farina e un chilo di fagioli. Dopo averli appoggiati per terra ha iniziato a toccarsi le parti intime dicendomi che era arrivato il momento di ringraziarlo. Ho mandato a dormire i miei figli a casa di un amico. Quando se ne sono andati, ho fatto sesso con lui”. E’ il crudo racconto di una donna della città di Mbimbir, nel distretto di Nhamatanda, colpita dal ciclone Idai che ha devastato il Mozambico il 14 marzo scorso. La sua testimonianza è stata raccolta da Human Rights Watch (Hrw) che ha denunciato lo sfruttamento sessuale in cambio di cibo compiuto da alcuni leader comunitari e funzionari locali del partito di governo Fremilo (Fronte di Liberazione del Mozambico).
Nei villaggi del Mozambico centrale, le inondazioni seguite alle piogge intense hanno distrutto le poche vie d’accesso e i primi aiuti sono arrivati solo il 6 aprile. Una delle sopravvissute al ciclone Idai ha raccontato di aver dato da mangiare ai suoi figli solo mais e frutta, raccolti a mano a mano che le acque si ritiravano dai terreni. “Per settimane le donne e i loro bambini non hanno visto cibo – conferma un operatore umanitario – e avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di nutrirsi, compreso andare a letto con gli uomini che si occupano della distribuzione degli alimenti”.
A Mbimbir e Tica, come in altre aree rimaste isolate, gli unici responsabili delle distribuzione di cibo sono proprio i capi delle comunità e gli amministratori locali. “Alcuni funzionari – afferma un leader comunitario – sfruttando la situazione hanno fatto pagare le persone per essere inserite nella lista dei beneficiari degli aiuti”. Inoltre, a comparire nell'elenco di chi può ricevere un po’ di farina o riso è solo il capofamiglia. E anche in questo caso, quel poco cibo disponibile non è sufficiente a sfamare tutti quanti. “Una madre di quattro figli – prosegue il rapporto di Human Rights Watch – ha detto che il cibo assegnato al marito non era abbastanza per i 17 componenti della famiglia. La donna allora si è rivolta al leader della comunità”. “Mi ha detto che avrebbe potuto aiutarmi se fossi stata carina con lui – è la denuncia della vittima – così ho accettato di incontrarlo per fare sesso. Quando abbiamo finito mi ha dato solo un chilo di fagioli. Di fronte alle mie proteste mi ha risposto: ʻDomani te ne darò ancora’”.
Gli abusi sessuali a cambio di cibo, secondo un altro operatore umanitario, sarebbe avvenuti non solo nei villaggi isolati ma anche nei campi per sfollati. Per i presunti responsabili, comunque, non c’è stata ancora nessuna conseguenza. “Lo sfruttamento sessuale delle donne che lottano per sfamare le loro famiglie dopo il ciclone Idai è disgustoso e crudele e deve essere fermato subito”, ha dichiarato Dewa Mavhinga, direttore di Human Rights Watch per l'Africa del Sud. “Le autorità devono indagare immediatamente – ha aggiunto Mavhinga – e punire in modo appropriato chiunque utilizzi la loro posizione di potere per sfruttare e abusare delle donne”.
Anche l'Onu è intervenuta dopo la pubblicazione delle denunce delle vittime condannando con forza l’accaduto. “Le Nazioni Unite hanno una politica di tolleranza zero rispetto allo sfruttamento e l'abuso sessuale. Stiamo agendo rapidamente per dare seguito a queste accuse, anche con le autorità competenti”, scrive in una nota l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Unocha).
Il ciclone Idai si è abbattuto vicino la città costiera di Beira la notte del 14 marzo. Secondo l'Onu, nel solo Mozambico le vittime sono più di 600. Strade, ponti e altre vitali infrastrutture sono state spazzate via dalla furia del ciclone, insieme a circa 400.000 ettari (l'equivalente di circa 560 campi di calcio) di coltivazioni, principalmente mais. Sono state gravemente colpiti anche altri mezzi di sostentamento, come allevamenti e attività di pesca. Si stima che circa 1,85 milioni di persone siano state sulla traiettoria del ciclone e abbiano bisogno di assistenza umanitaria.
Kenneth, il secondo ciclone sul Mozambico causa 38 morti
A peggiorare la già grave situazione, un secondo ciclone ha colpito il Mozambico in questi giorni. Il 25 aprile il ciclone tropicale Kenneth con venti di 220km/h ha toccato il litorale di Pemba, a Cabo Delgado, nel nord del Paese al confine con la Tanzania.
Anche in questo caso, la furia del vento ha provocato vittime: trentotto persone sono morte e oltre 20mila hanno dovuto trovare riparo nei centri di assistenza per sfollati.