Mosca stringe la mano a Hamas e “rafforza l’alleanza con Iran e Turchia” alla faccia di Israele: l’analisi dell’arabista russa
Difficile che i colloqui della diplomazia russa con Hamas portino alla liberazione degli ostaggi. “Servono come test per capire che influenza il Cremlino possa ancora avere nell’area”, spiega Marianna Belenkaya. Mentre il rapporto con Israele è congelato, “quelli con Teheran e Ankara si fanno ancora più forti”. Sullo sfondo, “il confronto con gli Usa e l’Occidente”.
Belenkaya è tra i maggiori esperti russi di Medio Oriente. Scrive per il quotidiano Kommersant, un tempo liberale, e dirige il canale Telegram Felafelnaya. Sostiene che intorno alla relazione con Hamas, una cui delegazione è stata ricevuta il 27 ottobre al Cremlino, Mosca cerca di rilanciare la sua politica mediorientale. Con in mente il “nuovo ordine mondiale” propugnato da Putin, che vuol diventare il punto di riferimento del Sud globale. “L’interesse della Russia in questo conflitto consiste nell’opporsi agli Usa”, dice l’analista.
Quel che è certo è che intanto Putin si è giocato Israele, con cui aveva sempre avuto buoni rapporti. “La visita di Hamas a Mosca è un passo osceno che legittima il terrorismo e le atrocità dei terroristi di Hamas”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri dello Stato ebraico. In realtà Mosca ha rapporti con Hamas da 17 anni. Non considera terroristi i suoi esponenti e ritiene l’organizzazione “parte integrante della società palestinese”, come ebbe a dire il vice-ministro degli Esteri con delega per il Medio Oriente Mikhail Bogdanov.
Su questa linea, tutti i media russi. Dalla televisione di Stato, che parla di genocidio a Gaza e di “doppi standard” occidentali per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ai canali Telegram di estrema destra. Come quello del gruppo neo-nazista Rusich, che rimpiange di “non aver potuto partecipare all’attacco del 7 ottobre”. O quello del gruppo Wagner, Gray Zone, secondo cui è necessario “denazificare Israele” e uccidere in massa gli ebrei. La Russia è un Paese di paradossi.
Fanpage ha raggiunto Marianna Belenkaya via WhatsApp a Mosca.
Il Cremlino ha abbandonato Israele per Hamas?
La domanda è mal posta: non c’è stata alcuna scelta tra Israele ed Hamas. È una situazione molto più complessa. I rapporti con Hamas esistevano da tempo (dalle elezioni palestinesi del 2006 in poi i contatti furono frequenti, con un raffreddamento durante la guerra in Siria, e un rilancio dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ndr). E coesistevano con i rapporti, ben diversi, tra Mosca e Israele. Talvolta molto stretti grazie a obiettivi coincidenti. Altre volte frustranti, per la mancanza di punti in comune sul conflitto israelo-palestinese. Come sta avvenendo adesso.
La Russia non ha mai definito Hamas una “organizzazione terroristica”. Non condanna, quindi, l’attacco del 7 ottobre contro Israele?
Il fatto che la Russia abbia trattato Hamas non come un’organizzazione terroristica ma come una reale forza politica, in seguito alla vittoria delle elezioni palestinesi del 2006, non significa che sostenga sempre e comunque le azioni di Hamas. In particolare, non significa che sostenga le azioni del 7 di ottobre. Mosca intende solo riconoscere che quel che sta succedendo tra Israele e Palestina ha radici profonde, che vanno ben al di là di questi ultimi eventi.
Comunque non ci risulta che il Cremlino abbia esplicitamente condannato Hamas per il 7 ottobre. O ci sbagliamo?
Ha condannato la strage del 7 ottobre. Ma è vero che non ha mai nominato Hamas, in questo contesto.
Mosca non nomina Hamas per il 7 ottobre e 20 giorni dopo suoi alti diplomatici stringono la mano a uno dei leader dell’organizzazione: Abu Marzouk. Che tra l’altro non si capisce bene come abbia fatto a uscire da Gaza assediata. Nell’incontro al Cremlino si è parlato degli ostaggi e dei rifornimenti umanitari. Ma è credibile la Russia, nel ruolo di mediatore? Non è troppo ormai schierata con Hamas?
La Russia all’inizio di questa crisi non ambiva a svolgere alcun ruolo di mediazione. Non voleva proprio mettersi tra Israele e Hamas. Anche perché capiva di non aver più influenza sufficiente su Israele per sperare in un successo. Adesso tuttavia sta testando quale possa essere la sua influenza sugli altri stati mediorientali e su Hamas. Il Cremlino ha deciso di fare un tentativo.
Hamas per liberare gli ostaggi vuole il cessate il fuoco. Israele non ne vuol sapere. Se Putin non ha più influenza su Netanyahu, che trattativa è? Sono colloqui senza speranza?
È ancora presto per capire se abbiano o meno qualche reale possibilità di riuscire. Come dicevo, è un tentativo. La Russia sta misurando il suo peso politico nella regione, riguardo alla questione degli ostaggi. Vedremo nei prossimi giorni che messaggio è riuscita ad inviare a Hamas. Intanto, si deve notare che Hamas vuole mostrare un volto umanitario: è disposta a trattare sugli ostaggi. E il motivo è semplice: a molti Paesi che sostenevano Hamas non è piaciuto per niente quel che è successo il 7 ottobre. Russia compresa. Per mantenere buone relazioni Hamas deve cambiare faccia. Non essere intransigente.
Nello stesso giorno della delegazione di Hamas, a Mosca è arrivato anche il viceministro degli Esteri iraniano…
E l’Iran, che è parte integrante di questo tentativo di mediazione, sembra non voler transigere sulla richiesta ad Israele di liberare seimila detenuti palestinesi che si trovano nelle sue carceri, in cambio del rilascio degli ostaggi civili. Il che rende ancor più difficile un accordo.
La “troica siriana” composta da Russia, Iran e Turchia — così efficace durante la guerra di Assad, Mosca e Hezbollah contro i ribelli — si sta rafforzando intorno a Hamas? Teheran aiuta apertamente l’organizzazione, Putin non l’accusa di terrorismo ed Erdogan la ritiene “un movimento di liberazione”…
La collaborazione tra Mosca, Ankara e Teheran su obbiettivi specifici era ormai collaudata e cementata indipendentemente dall’accendersi di quest’ultimo conflitto. Ma certo, almeno dal punto di vista del Cremlino, diventa sempre più importante. E il motivo è la mancanza di interlocutori sia per la Russia che per Hamas
Potrebbe spiegarsi meglio?
La dirò più chiara: per aver peso politico in questa crisi il Cremlino non può più contare sui rapporti con Israele. Non ha più influenza sullo Stato ebraico. Ma può parlare con l’Iran e con Hamas, al contrario di altri Paesi. Quindi prova a esercitare la sua influenza, il suo peso politico sulla regione, attraverso l’Iran e Hamas.
Che ha anche buoni rapporti con la Turchia. Come la Russia. Ma cosa spera di ottenere Putin proiettandosi nelle vicende mediorientali? La narrativa dei vostri media riguardo alla guerra tra Israele e Hamas è fortemente anti-occidentale. Gaza è il secondo fronte, dopo l’Ucraina, della “guerra per il nuovo ordine mondiale” dichiarata dal vostro presidente?
Non si è aperto alcun secondo fronte. Solo che il Cremlino sta usando quel che succede a Gaza e in Palestina per guadagnar punti con il Sud globale, dimostrando che l’Occidente ha un “doppio standard” e favorisce Israele. Ciò potrebbe anche rafforzare l’influenza politica di Mosca in quell’area del mondo. Lo scopo, certo, è quello di opporsi agli Usa. Anche in Medio Oriente.
Ma Putin può davvero essere il faro del Sud globale?
Il mondo è già diviso in due poli, da una parte la Russia, con l’ambizione di sostenere il Sud globale, e dall’altra gli Stati Uniti. Questo non cambierà. L’opposizione tra Mosca e Washington, tra i due poli, rimarrà.
È uno scontro tra due imperialismi? Come nella Guerra fredda ma senza ideologie?
La Russia come potenza può contrastare gli Usa. E in questo senso può avere un ruolo anche in Medio Oriente. Ma non credo che vorrà dominare sui suoi alleati come fu ai tempi dell’Unione Sovietica. Il suo sarà piuttosto un ruolo di supporto. E questo vale intanto per il conflitto in corso: i protagonisti resteranno comunque i Paesi mediorientali. Mosca potrà esercitare il suo potere politico tuttalpiù con un ruolo di mediazione. Per arrivare a soluzioni pacifiche.