Mosca, la protesta dei coraggiosi in piazza contro Putin e la guerra: “Non potevamo non essere qui”
Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia
Gli agenti del reparto speciale Omon della Rosgvardiya, in tuta mimetica azzurra, ti saltano addosso se appena mormori “no alla guerra”. I poliziotti nerovestiti dell’Mvd, il ministero dell’Interno, aiutano volentieri gli “omonovtsy” ma ce l’hanno più che altro coi telefonini: assolutamente vietato fotografare o riprendere quel che avviene sulla pubblica piazza. Non era così, finora. Chi scrive ha evitato di poco l’arresto. Ad alcuni giornalisti è stato chiesto di mostrare i contenuti degli smartphone: si è alla caccia di ogni riferimento che esuli dalla narrativa ufficiale su quella che il Cremlino definisce “operazione militare speciale” in Ucraina.
Il clima è di terrore. Tra Pushkinskaya e Teatralnaya, nel centro di Mosca, abbiamo contato 73 “avtozak“, i cellulari bianchi della polizia russa. Abbiamo invece perso il conto degli agenti in tenuta anti-sommossa. Gli “avtozak” non hanno dovuto attendere a lungo i loro clienti. Al calar del sole erano 1.700 le persone fermate e detenute, su circa 2.500 che hanno partecipato alla protesta. I dati sono quelli forniti dalla portavoce della polizia. Non son riusciti a prenderli tutti, ma quasi. Con la nuova normativa, rischiano fino a 15 anni di galera.
Le parole della protesta
"Ho molta paura a stare in mezzo ai manifestanti, ma non potevo non essere qui” – dice Alice. Non ne scriviamo il cognome per proteggerla. Sta riprendendo fiato davanti al Bolshoi dopo la fuga da una carica. “Metà della mia famiglia è ucraina, non posso che esser contro questa guerra”. La manifestazione è itinerante e per lo più silenziosa: la gente cammina avanti e indietro, si sfila e poi si ricompatta. Solo di rado qualcuno osa gridare uno slogan: sa che finirà subito dentro. Su una panchina di Teatralnaya, davanti alla statua di Carlo Marx con inciso sulla pietra il motto “proletari di tutto il modo unitevi”, incontriamo Jane (nome di fantasia). Hanno appena preso due sue amiche. “Quello di Putin è diventato un regime totalitario”, dice. “La sola cosa che possiamo fare è protestare – spiega accanto a lei Alla. – Ma nessuno ci ascolta davvero. Almeno però dimostriamo che ci sono persone a cui importa quel che sta succedendo. Forse non servirà a niente. Ma davvero quel che fa il nostro governo è una vergogna. E non conosco nessuno che non la pensi così, anche se magari non lo dice”.
Dodicimila persone arrestate
A Mosca sono state arrestate anche due figure simbolo dell’opposizione, Oleg Orlov e Svetlana Gannushkina. Quest’ultima compiva il suo ottantesimo compleanno. Sono entrambi esponenti della Ong Memorial, che oltre a documentare i crimini staliniani si occupa di promuovere i diritti umani nelle zone di conflitto. Memorial è in via di liquidazione da parte delle autorità. Che tempismo. Manifestazioni simili e in alcuni casi più ampie di quella moscovita si son tenute in oltre 50 città russe. Gli arrestati sono stati in totale 4.500, secondo Ovd-Info, ong che monitora le violazioni dei diritti umani. Ciò porta il totale a circa 12.000, dall’inizio delle ostilità in Ucraina. Se è vero che la maggior parte della popolazione continua per quanto possibile a vivere come se niente fosse, non si può certo sostenere che non ci sia chi protesta. E ci vuole davvero parecchio coraggio per dire di no in pubblico, oggi in Russia.
“La gente ha paura della guerra”
Secondo gli ultimi sondaggi dell’istituto di statistica Levada, l’unico davvero indipendente nel paese, circa il 70% dei russi resta dalla parte di Putin. Alla vigilia dell’inizio della “operazione militare speciale” in Ucraina la propensione a protestare per motivi politici era limitata al 18% della popolazione. È possibile che presto il primo dato scenda e il secondo aumenti. “La gente ha paura della guerra”, diceva a Fanpage.it subito prima dell’attacco il sociologo Denis Volkov, direttore di Levada. “Il 50% dei russi vede la guerra come il secondo maggior timore dopo la morte dei propri cari. Se davvero ci fosse un conflitto, e se fosse lungo e sanguinoso, l’opinione pubblica potrebbe cambiare atteggiamento nei confronti del governo. Perché non è pronta a un tipo di conflitto del genere”. La sede di Levada – definita “agente straniero“ dalle autorità – è sulla Nikolskaya, la stradina tra la Lubyanka e il Cremlino che durante i mondiali di calcio del 2018 fu teatro delle baldorie spensierate dei tifosi e dei turisti arrivati da ogni parte del globo a fraternizzare con i russi. È forse l’ultima volta che la Russia è sembrata un paese quasi normale. Oggi è calpestata dagli stivali dei pretoriani di Putin. È isolata dal mondo. E la sensazione è che lo zar la voglia proprio così.