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Mosca e Gerusalemme “alleate” sull’Ucraina

La secessione della Crimea sempre più probabile: il Cremlino mette in campo azioni dimostrative per sondare le reazioni internazionali. Il presidente della Duma incontra il leader della Knesset: “preoccupati dalle frange antisemite”. L’opzione militare sale, quella politica scende.
A cura di Carlo Tarallo
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Soldati russi si esercitano (e avvertono) in Crimea.
Soldati russi si esercitano (e avvertono) in Crimea.

La rivoluzione ucraina come la crisi siriana? Il paragone sembra azzardato, ma nelle sedi diplomatiche internazionali corre, eccome se corre. Corre come le lancette dell’orologio-secessione: la Crimea è ormai da ieri mattina (di fatto) una repubblica indipendente (da Kiev) e dipendente (da Mosca). E così, mentre il braccio destro di Yulia Tymoshenko, Arseni Iatseniuk, viene eletto premier all'unanimità dal parlamento ucraino con i voti dei 371 deputati presenti in aula, le pedine sullo scacchiere internazionale si muovono a ritmi vertiginosi.

ASSE MOSCA-TEL AVIV SULLA CRISI DI KIEV – La prima notizia che gli analisti delle intelligence danno ormai per certa è che Israele non vede per nulla di buon occhio quanto accaduto a Kiev, soprattutto per la presenza nel fronte rivoluzionario della destra filonazista e antisemita di Svoboda. Fonti dell’intelligence spiegano che i dispositivi per garantire la sicurezza ai circa 200.000 ebrei che vivono in Uncraina (in gran parte a Kiev) stanno già comportando “costi enormi”. Le operazioni sono coordinate dall’Agenzia Ebraica, attraverso il fondo di assistenza. Ospite a Gerusalemme dello speaker della Knesset, Yuli Eedelstein, il presidente della Duma, Sergey Naryshkin, ha dichiarato di essere profondamente preoccupato degli sviluppi della crisi e di aver discusso con il collega israeliano dei sentimenti “antisussi e antisemiti” che albergano in alcune frange dei “ribelli” che hanno preso il potere a Kiev.

RIVOLUZIONE O GOLPE? – Si rinsalda dunque l’asse Gerusalemme-Mosca: le misure economiche “lacrime e sangue” annunciate da Iatseniuk, rafforzano l’idea del Cremlino, ovvero che la “rivoluzione” ucraina altro non sia che un mezzo utilizzato da Usa e Unione Europea per spolpare le casse già disastrate di Kiev. In quest’ottica, prende sempre più corpo la prospettiva di un intervento di truppe (anche paramilitari) in Crimea, per favorire una secessione “soft” della regione filorussa, strategica dal punto di vista militare per la presenza della flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli.

La presenza di blindati russi a Sebastopoli e i raid di questa notte vengono considerati per il momento delle operazioni dimostrative per testare le contromosse e la compattezza delle cancellerie occidentali, così come le esercitazioni dei caccia di Mosca al confine. Nessuno, neanche Vladimir Putin, vuole per ora un intervento armato classico, che darebbe il via a una “nuova guerra fredda” con l’Occidente in piena Europa. Se però fino a due giorni fa la Russia era fiduciosa di poter sostenere un candidato vincente alle prossime elezioni del 25 maggio, gli ultimi sviluppi fanno salire il rischio di un intervento di forza e di una secessione della Crimea come nuovo obiettivo minimo del Cremlino. Non a caso, i diplomatici russi continuano a definire “terroristi” i rivoluzionari filo-Ue di Kiev. Al tempo stesso, l’ “intervento” russo di questa notte è stato progettato e eseguito per far capire all’Occidente che la Russia è pronta a combattere la sua guerra di Crimea in maniera non tradizionale così come Ue e Usa, secondo il Cremlino, hanno rovesciato il governo di Kiev.

E IL PREMIER CECENO SI CANDIDA PER UN’OPERAZIONE DI PEACEKEEPING… – Particolare attenzione viene riservata alla sorprendente sortita del premier filorusso della Cecenia, il famigerato Ramzan Kadyrov. “Ucraina e Russia sono popoli fratelli. Ho molti amici ucraini – ha affermato Kadyrov – e come tutti mi rammarico per quanto sta accadendo. La maggioranza delle persone che vivono oggi in Crimea sono russi, cosacchi. Siamo sempre con loro e, se necessario, siamo pronti ad andare in loro soccorso. Siamo pronti, se necessario – ha concluso – ad andare, come osservatori, operatori di pace o soldati a proteggere le persone”. Si mantengono invece neutrali, per ora, le autorità musulmane: gli ucraini di religione islamica sono circa mezzo milione, per la maggior parte residenti in Crimea.

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