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Guerra in Ucraina

“Minaccia nucleare, il pericolo è reale”. Parla l’accademico russo Greg Yudin 

“Il Cremlino cerca di ridefinire il conflitto come guerra mondiale e prepara una escalation”. Mentre “aumentano i segnali che il regime si sta trasformando da autoritario a totalitario”.
A cura di Redazione
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Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

Stava citando letteralmente Vladimir Putin l’anchorman Vladimir Solovyov, quando nel suo talk show sulla tv russa, alla collega Margarita Simonyan secondo cui “finirà tutto con un attacco nucleare” ha ribattuto “ma noi andremo in paradiso mentre loro semplicemente schiatteranno”. In un dibattito durante il Valdai forum dell’ottobre 2018 a Sochi il presidente russo disse proprio che nel caso di una guerra atomica “i russi saliranno in cielo come martiri”. Motivo: non lanceranno mai per primi ma solo per ritorsione dopo un attacco nucleare nemico, aveva sottolineato. Aggiungendo il cinico commento sulla fine di “loro”, poi ripetuto da Solovyov. Putin aveva poco prima affermato che la Russia stava battendo gli avversari nella corsa agli armamenti. Dall’inizio della “operazione militare” in Ucraina, il capo del Cremlino ha moltiplicato i riferimenti più o meno diretti alla possibilità dell’utilizzo di armi nucleari. La stessa retorica pervade i media di stato: nei programmi giornalistici si parla ormai di continuo dell’imminente Terza guerra mondiale. 

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Greg Yudin

“Non c’è scollatura tra la narrativa della propaganda e le posizioni che sta prendendo il regime”, sostiene il sociologo Greg Yudin, professore di filosofia politica alla Scuola di scienze economiche e sociali di Mosca (Msses, conosciuta in Russia come “Shaninka”). “Il Cremlino sta mobilizzando l’opinione pubblica in vista di una escalation”, dice Yudin a Fanpage. it

Solovyov e Simonyan, direttrice della rete televisiva propagandistica Rt, sono noti per il loro conformismo aggressivo: sono più realisti del re, o meglio più zaristi dello zar. Non è che quelle sulla guerra nucleare son solo fanfaronate da talk show?

Mica tanto. A quasi tutti è sfuggito che nella sua uscita sui “russi in paradiso” Solovyov stesse citando Putin. Ma è emblematico della sintonia tra la propaganda e quel che ultimamente hanno in testa al Cremlino.

Il rischio di un’escalation così drammatica è reale?

La narrativa va tutta in questa direzione, purtroppo. Dopo le difficoltà incontrate sul campo di battaglia, nelle alte sfere si sta parlando proprio di questo: “Forse dobbiamo trasformare l’operazione speciale in guerra mondiale”, si chiedono i responsabili della politica russa. Stanno valutando. Intanto preparano il terreno. Per questo non vedo scollature in questo momento tra azione di governo e propaganda.

Quindi sta cambiando la natura dell”operazione speciale” in Ucraina?

Si sta entrando in una fase differente in termini di approccio. La propaganda di stato sta cercando di ridefinire il conflitto come una “Grande guerra patriottica” (così i russi chiamano la Seconda guerra mondiale, che li vide vittoriosi sulla Germania nazista, ndr). Potrebbe essere il modo di preparare il Paese alla mobilitazione. Che sarebbe accettata solo se l’”operazione militare speciale” fuori dal territorio nazionale diventasse a una guerra a tutti gli effetti, col coinvolgimento totale della madrepatria. Questo porterebbe la popolazione a riconsiderare la situazione e a lasciarsi coinvolgere nello sforzo bellico. È in atto questo  tipo di spostamento.

Ma una mobilitazione sarebbe digeribile, per la società. Non è un rischio politico troppo alto per il regime?

Credo che attualmente si stia proprio decidendo in merito. È chiaro che una mobilitazione comporta un cambiamento di approccio da parte della popolazione. Si sta cercando di facilitarlo con questa nuova narrativa. E sembra funzionare. Ho sentito persone dire che sì, abbiamo cominciato noi la guerra e questo è  sbagliato, ma “ormai ci siamo dentro e dobbiamo andare fino in fondo”. Sono posizioni molto pericolose. Se il Cremlino ha successo nel propagare questa narrativa, allora potrebbe aver successo anche nel far digerire una mobilitazione al Paese.

Una mobilitazione generale?

Ritengo che sarebbe una mobilitazione parziale. Non coprirebbe tutta la Russia. In particolare, i giovani nelle grandi città sono parecchio scettici su questa guerra. Si rischierebbe di  trovare  forti resistenze. Ma attenzione a sottostimare la storica capacità della Russia di usare i suo cittadini come carne da cannone.

Mobilitazione intorno alla bandiera, alla storia e ai miti nazionali come quello della “Grande guerra patriottica”. Per non parlare della possibile mobilitazione militare. Un Paese autoritario che mobilizza la sua popolazione somiglia parecchio a un sistema totalitario. Che tipo di regime è, adesso, quello di Putin?

Il processo che lo porta verso il totalitarismo è iniziato ben prima della guerra. Ma ora ci sono davvero molti elementi nuovi. Precedentemente, vigeva la regola generale che uno poteva i pensare, credere e dire quello che gli pareva. Bastava rinunciare ad ogni tipo di azione politica. Ora è diverso. Ora si chiede alla popolazione un sostegno attivo al regime. E se non sei un sostenitore sei subito sospetto. La caratteristica autoritaria di una società depoliticizzata permane: nessuno vuole parlare di politica, in Russia. Ma ora ci si schiera col governo sulle  questioni strategiche. E questo è un segnale di passaggio dall’autoritarismo al totalitarismo. Inoltre è in atto una severa ideologizzazione, soprattutto nel campo dell’istruzione. Dall’università agli asili nido. In questi ultimi, in particolare, si scopre una nuova estetica fascista, con i bambini che devono performare coreografie pro-regime. C’è poi un alto livello di violenza repressiva. Insomma, ci sono evidenze che si sta andando in una direzione totalitaria. Credo che questo continuerà. Che si andrà ben oltre, su questa strada.

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