Migranti: scontri con la polizia in Ungheria, 300 feriti al confine

Ore 22.35 – Il ministero degli esteri della Romania ha convocato l'ambasciatore ungherese per protestare ufficialmente per l'annunciata costruzione di un muro anti-migranti ai confini dei rispettivi paesi. Romania ed Ungheria – così il ministero degli Esteri romeno – “hanno sempre collaborato in passato su questioni di frontiera e di polizia e di conseguenza dovremmo fare un'analisi congiunta della situazione”.
Ore 20.45 – 300 feriti negli scontri di oggi. Negli scontri di oggi al confine tra Serbia e Ungheria di Horgos sono rimaste ferite almeno 300 persone. Lo fanno sapere fonti mediche che parlano di intossicazioni da lacrimogeni e ferite da taglio. Tra i feriti ci sono anche 20 poliziotti ungheresi. Intanto il premier ungherese Vitkor Orban, in un’intervista al giornale tedesco Die Welt, ha detto che potrebbe decidere di recintare anche il confine con la Croazia, dopo quello con la Serbia e quello già annunciato con la Romania. Se le quote nell'Ue passano a maggioranza “allora sono una legge e noi dobbiamo accettarla”, ha anche detto anche il premier ungherese riferendosi all'ipotesi di quote di distribuzione dei profughi tra paesi europei. “Si tratta di un trucco della Commissione europea, perché decisioni del genere si sono sempre prese all'unanimità nel Consiglio europeo, e quindi sono state prese dai capi di governo”, ha aggiunto, “ma la Commissione Ue ha il diritto di presentare proposte di legge al Parlamento europeo, e di farle passare con una maggioranza qualificata. Sarebbe poco intelligente, poco corretto, e sono sicuro che dopo pagherebbero un prezzo più alto. Noi siamo contrari, e cerchiamo alleati”. Per il premier le quote obbligatorie vanno contro interessi vitali di tutti gli Stati membri, “per questo dobbiamo difendere l'Ungheria”. “Noi siamo disposti a parlarne – ha concluso Orban – ma solo sulla base della volontarietà, e soltanto quando il flusso sarà stato stoppato. Il sistema delle quote è un problema in sé. Gli europei non capiscono come pensa la gente. Se i profughi del Medio Oriente sentono che l'Europa introduce delle quote, le percepiscono come un invito a venire”.
Ore 20 – Alfano: “Hotspot se ci saranno rimpatri e re location”. “Noi siamo pronti con gli hotspot”, i centri per la registrazione di migranti chiesti dall'Europa, ma saranno attivati “contemporaneamente alla redistribuzione dei 24mila richiedenti asilo e ai rimpatri”.A ribardirlo il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, intervistato dal Tg3.
Ore 18.50 – Come riporta Reuters, l’Ungheria ha inviato jeep con militari armati al confine con la Serbia. Intanto il governo ungherese ha informato quello della Serbia di avere ordinato una chiusura di 30 giorni della frontiera di Roszke-Horgos fra i due Paesi. Lo ha annunciato in un comunicato il ministero degli Esteri della Serbia. In una dichiarazione fatta in diretta alla televisione di stato serba, il primo ministro di Belgrado Aleksandar Vulin ha parlato di “protesta la più dura possibile” fatta pervenire a Budapest. Vulin ha chiesto ai profughi di tornare alla vicina città serba di Kanjiza per ricevere cibo, acqua, medicine e altro. Commentando che la frustrazione dei profughi è comprensibile dopo che l'Ungheria ha chiuso la frontiera, il primo ministro serbo ha aggiunto che “l'Ungheria deve dimostrare di essere pronta e capace di accettare queste persone”. “Sono scioccato nel vedere come alcuni migranti e rifugiati sono trattati, non è accettabile. È gente che scappa da guerra e persecuzione e deve essere trattata con dignità umana”, ha invece detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha invitato tutti gli Stati ad assumersi le proprie responsabilità e a portare avanti i propri obblighi legali. Anche Berlino ha commentato quanto sta accadendo al confine tra Ungheria e Serbia. L'uso dei gas lacrimogeni e degli idranti contro i migranti da parte della polizia ungherese è “inaccettabile”, così il ministro della Difesa tedesco, Ursula Von Der Leyen, per la quale l'impiego di questi strumenti è “contrario alle regole dell'Europa”.
Ore 16.40 – Scontri al confine tra Serbia e Ungheria. È alta la tensione al muro di confine tra Serbia e Ungheria. Si segnalano incidenti davanti al muro fra i profughi e la polizia ungherese che ha lanciato lacrimogeni e usato cannoni ad acqua contro i migranti che hanno tentato di sfondare la barriera di filo spinato al confine con la Serbia. La polizia avrebbe usato anche spray urticanti contro i migranti. Intanto Angela Merkel insiste sulla necessità di un vertice europeo straordinario sull'emergenza profughi.
Ore 15.15 – Ue: "Hot spot in Italia iniziano a funzionare". I funzionari di Easo, Europol, Eurojust e Frontex si trovano nei centri di Lampedusa, Trapani, Porto Empedocle, Pozzallo e Augusta e hanno verificato che gli hot spot italiani "stanno iniziando a funzionare". Lo ha detto la portavoce della Commissione europea con delega agli Affari interni, Natasha Bertaud. A questo punto già ad ottobre in Italia potrebbero essere attivati i primi centri in cui sarà effettuata un'iniziale identificazione di chi arriva nel nostro Paese e una scrematura tra chi ha diritto all'asilo e chi invece va rimpatriato. Secondo quanto ribadito da Bertaud, "gli hotspot sono gruppi di persone delle agenzie Ue" che contribuiscono, in concertazione con le autorità italiane, alla registrazione dei migranti e non si tratta propriamente di "centri di accoglienza".
UPDATE 12.30 – La Croazia lascerà passare i migranti – Il premier croato Zoran Milanovic ha fatto sapere che non si opporrà al passaggio dei profughi che nelle ultime ore hanno cominciato ad affluire in Croazia, dopo le disposizioni decisivo dal governo ungherese. Parlando in Parlamento, Milanovic ha detto che nella notte sono arrivati in Croazia circa 150 migranti provenienti dalla Serbia. "Siamo ssolutamente in grado di accogliere e indirizzare queste persone verso i Paesi dove desiderano andare, vale a dire la Germania o alcuni Paesi scandinavi", ha detto il primo ministro.
Quasi 10mila migranti sono stati arrestati sul lato ungherese del confine con la Serbia, a seguito dell’entrata in vigore delle nuove leggi speciali varate dal governo di Budapest. Per questo ora alcuni profughi, quelli in partenza dalla Macedonia, starebbero puntando a Sid, cittadina serba al confine con la Croazia. Un primo gruppo di rifugiati, dalle trenta alle quaranta persone, è arrivato alle 4.30 del mattino alla stazione dei bus della città, come hanno segnalato gli inviati sul posto. Il loro obiettivo è quello di arrivare in Germania o il Nord Europa. Nel frattempo il Governo croato ha già messo le mani avanti: “Nel Paese abbiamo capacità al massimo per 3000 persone”.
Ungheria, un altro muro al confine con la Romania?
Al centro delle pressioni però c’è soprattutto la Serbia. Il Ministro dell’interno si è recato martedì a Horgos, al confine con l’Ungheria, uno dei luoghi caldi in questi giorni di emergenza. “Il nostro compito è garantire la sicurezza del Paese” ha dichiarato il responsabile dell’interno “Ma anche assistere queste persone. Non è un’emergenza che si risolverà in modo semplice e soprattutto non da un Paese piccolo, come la Serbia, neanche membro dell’Unione europea”. Da parte sua, il primo ministro ungherese Viktor Orbán non dà segni di cedimento. Ha spiegato che le domande di asilo saranno considerate solo se presentate in Serbia e annuncia l’ipotesi di un nuovo muro anche al confine con la Romania. “Se qualcuno vuole essere riconosciuto come rifugiato, gli sarà chiesto di compilare un modulo apposito in Serbia”. Ha spiegato Orban in un’intervista tv “In assenza di questo, dal momento che la Serbia è un Paese considerato sicuro, la domanda sarà respinta”.
Questione redistribuzioni rifugiati
Manca ancora l’intesa a Bruxelles sulle quote obbligatorie per la redistribuzione di 120 mila profughi. I ministri degli Interni dei 28, da una parte, hanno dato l’ok all'istituzione degli hot spot per il riconoscimento dei migranti e alle nuove politiche sui rimpatri, attraverso il rafforzamento dell'agenzia Frontex. Ma, dall'altra, non c’è unanimità per dare il via libera alla redistribuzione di 120 mila rifugiati, come proposto dalla Commissione europea. "Non siamo riusciti a trovare l'accordo che cercavamo. La maggioranza degli Stati membri era pronta a fare un passo avanti ma non tutti", ha detto il commissario Ue agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos. A opporsi sono stati principalmente i Paesi dell'Est Europa, in particolare Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania, con la Polonia che negli ultimi giorni sta rivedendo le proprie posizioni.