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Migranti venduti in un parcheggio: lo squallido mercato degli esseri umani

Comprati e rivenduti al mercato come fossero una merce qualsiasi. Per molti migranti africani è questo l’orribile destino che li aspetta una volta arrivati in Libia. Lo denuncia l’Organizzazione mondiale per le migrazioni.
A cura di Mirko Bellis
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Migranti sub-sahariani tenuti prigionieri a Sabha nel sul della Libia (Foto: Organizzazione mondiale delle migrazioni)
Migranti sub-sahariani tenuti prigionieri a Sabha nel sud della Libia (Foto: Organizzazione mondiale per le migrazioni)

Per i migranti che cercano di arrivare in Europa, attraversare i mille chilometri del deserto libico diventa ogni giorno più pericoloso. Lungo questo itinerario seminato di morte e sfruttamento, i disperati che scappano da guerre, violenza e povertà finiscono in balia di organizzazioni che non esitano a ridurli in schiavitù. L’Organizzazione mondiale per le migrazione (Oim) ha raccolto le testimonianze di molti giovani africani: dai loro racconti è emersa l’esistenza in Libia di un moderno “mercato degli schiavi” gestito da gang criminali.

Un migrante senegalese, di cui vengono rivelate solo le iniziali S. C. per proteggere la sua identità, ha raccontato ai funzionari dell'Oim la sua personale odissea. Partito dal Senegal è arrivato ad Agadez, in Niger, considerato il centro di smistamento dei migranti sub-sahariani. Come tanti altri prima di lui, anche Sc, dopo aver pagato ai trafficanti circa 320 dollari, doveva raggiungere la Libia a bordo di un pick-up. Da Agadez partono infatti decine e decine di fuoristrada, ognuno anche con venti migranti a bordo, in un viaggio di due giorni attraverso il deserto fino alla frontiera libica. Ma qualcosa è andato storto. Una volta arrivato a Sahba – sud ovest della Libia – il ragazzo è stato accusato dal conducente del pick-up di non aver mai pagato la somma pattuita dal trafficante, ed è stato portato insieme a tutti gli altri compagni di viaggio in un parcheggio dove ha assistito ad un vero e proprio “mercato degli schiavi”. “In quel luogo i migranti sub sahariani erano venduti e comprati da libici come oggetti – ha rivelato il giovane – con il supporto di persone di origine ghanese e nigeriana che lavoravano per loro”.

S. C., dopo essere stato “comprato”, è stato trasferito nella sua prima prigione, una casa privata dove ad attenderlo c’erano oltre cento migranti tenuti prigionieri ed è iniziato il suo calvario. Come è già stato documentato nella rotta lungo la penisola del Sinai, anche in questo caso i rapitori costringevano gli ostaggi a chiamare le loro famiglie per chiedere il riscatto. Per rendere più convincente la richiesta, gli aguzzini facevano sentire ai parenti le torture inflitte ai loro cari. Per la liberazione del giovane senegalese, i rapitori chiedevano 300.000 franchi CFA (circa 480 dollari). Una somma importante che S. C. non aveva. Così, come se si trattasse di una merce qualsiasi, è stato rivenduto ad un altro libico e il prezzo per il suo rilascio è aumentato fino a quasi mille dollari. Il giovane senegalese ha raccontato delle terribili condizioni sanitarie in cui erano costretti a vivere i malcapitati finiti nelle mani dei criminali. Il cibo veniva dato solo una volta al giorno e quelli che non riuscivano a pagare erano uccisi o lasciati morire di fame. Se qualche prigioniero moriva o veniva rilasciato, i rapitori ritornavano al “mercato” per comprarne un altro. Questo destino crudele non veniva risparmiato nemmeno alle donne, costrette a diventare schiave sessuali.

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"I migranti che vanno in Libia nel loro percorso verso l’Europa non hanno idea dell’inferno di torture che li aspetta una volta passato il confine libico", ha dichiarato Leonard Doyle, portavoce dell'Oim a Ginevra. Come Adam, rapito insieme ad altri 25 connazionali del Gambia mentre da Sabha si dirigeva verso Tripoli. Adam è riuscito a versare la somma richiesta solo dopo 9 mesi: soldi che i suoi parenti hanno potuto raccogliere vendendo la casa di famiglia. “La situazione è disperata”, ha affermato Mohammed Abdiker, direttore del dipartimento per le operazioni e le emergenze dell'Oim. “Più ci impegniamo in Libia – ha aggiunto – e più ci rendiamo conto di come il Paese sia una valle di lacrime per i migranti. Alcuni racconti sono veramente terribili e le ultime testimonianze relative a un “mercato degli schiavi” si aggiungono a una lunga lista di efferatezze”. Proprio per mettere in guardia sui pericoli della rotta attraverso il Sahara fino in Libia, l’agenzia Onu per le migrazioni ha deciso di diffondere sui social e sulle radio di tutta l’Africa le testimonianze raccolte. “Purtroppo sono molto spesso traumatizzati e vittime di abusi, spesso sessuali – ha concluso Abdiker – e la loro voce ha un peso e un significato speciale, che nessun’altra persona può avere”.

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