“Soffocata e stuprata mentre ero svenuta”: la testimonianza della quarta vittima di Andrew Tate
“Annaspavo perché non riuscivo più a respirare. Sapevo cosa stava succedendo: mi stava soffocando” è l’agghiacciante racconto di una trentenne britannica che ha chiesto di restare anonima, decidendo però di denunciare formalmente le presunte violenze che avrebbe subito per mano di Andrew Tate, il controverso influencer ed ex campione di kickboxing arrestato a dicembre in Romania.
"C’è stata una breve lotta, ho provato a togliere la sua mano dal collo, mi faceva male, ma era troppo forte per me. Poi è stato come dopo l’anestesia. Quando ho ripreso conoscenza, ci ho messo un po’ a capire dove mi trovavo, solo dopo ho realizzato che stava ancora facendo sesso con il mio corpo” è il racconto che Evie, nome di fantasia, ha recentemente affidato alla giornalista del Daily Mail, Jenny Johnston.
Al quotidiano britannico la giovane ha rilasciato una lunga intervista, una sorta di flusso di coscienza, nella quale ripercorre con estrema sofferenza gli avvenimenti della notte in cui sarebbe stata stuprata da Andrew Tate.
Evie, infatti, ha da poco deciso di sporgere denuncia contro il controverso influencer, ex campione di kickboxing e ormai celebre su scala globale per i suoi messaggi misogini e violenti, omofobi e razzisti. L’accusa: stupro.
La ragazza non si trova da sola in questa battaglia, ma si è unita ad altre tre donne inglesi che già negli scorsi mesi avevano raccontato le loro esperienze (tutte risalenti al periodo 2013-2016) e ad Aprile avevano deciso di unirsi e di fare causa al multimilionario dalla doppia cittadinanza, britannica e statunitense.
Evie racconta di aver conosciuto Tate quando aveva 20 anni: ai tempi era una studentessa e i due si erano incontrati in un bar di Luton (contea del Bedfordshire, Inghilterra). Una sua amica conosceva il fratello di Andrew – Tristan, anche lui attualmente agli arresti domiciliari – e i quattro avevano passato insieme una serata. Tra Evie e Tate c’era stata attrazione (“Era attraente, affascinante, anche se un bel po’ arrogante”, puntualizza) e i due avevano concluso la serata a casa del ragazzo.
Nei mesi seguenti avevano continuato a sentirsi per messaggio di tanto in tanto, fino a che una sera Tate arebbe proposto alla studentessa di raggiungerla a casa sua dopo la fine del turno in un locale dove lavorava come buttafuori.
Il secondo incontro, però, si sarebbe rivelato spaventosamente diverso dal precedente: una volta arrivato a casa della ragazza, infatti, Tate avrebbe mostrato un lato aggressivo, sfociando nella violenza perpetrata ai danni della giovane.
“Annaspavo perché non riuscivo più a respirare. Ho provato a togliere la sua mano dal collo, mi faceva male, ma era troppo forte. Sono svenuta e quando ho ripreso conoscenza ho realizzato che stava ancora facendo sesso con me”.
Evie racconta come in quel contesto non si trattasse di un gioco erotico e di come non c’era stata nessuna discussione al riguardo, né tantomeno una richiesta di consenso.
E l’incubo della giovane non era terminato con la fine del rapporto, con la violenza fisica, ma era proseguito nel corso della notte, quando Tate avrebbe cominciato a esprimere pensieri profondamente misogini e possessivi: “Mi diceva che ormai appartenevo a lui, che ero sotto il suo controllo. Che mi possedeva e che voleva uccidermi. Ero terrorizzata”.
Eppure, la stessa ragazza ammette di aver cercato per una decina d’anni di eliminare il trauma dalla sua memoria, minimizzando e declassando l’abuso subito a “un terribile incontro”, cercando solo di dimenticare per poter “andare avanti”.
Quella terribile notte, per la presunta violenza inferta da Tate nell’atto del soffocamento, a Evie erano addirittura esplosi i capillari dell’occhio: “La parte normalmente bianca dell’occhio era ormai diventata tutta rossa”. Ricorda di essere uscita dalla camera la mattina dopo l’aggressione e di aver incontrato una sua coinquilina sul pianerottolo, senza però riuscire a raccontarle realmente l’accaduto.
“Per tanto tempo non ho pensato che si trattasse di stupro, non concepivo nemmeno quella parola. Mi dicevo: ‘Come posso essere stata stuprata se ero consenziente all’inizio del rapporto?’”.
E ancora, “Quando pensavo alla parola ‘stupro’ pensavo a un’aggressione a notte fonda da parte di uno sconosciuto, tornando a casa da sola. Non ho mai immaginato che potesse essere stupro qualcosa che comincia con il consenso di entrambi. Almeno fino a ora”.
Eppure, fortunatamente, Evie ha nel corso degli anni affrontato il suo trauma e trovato la forza di chiamare ciò che è avvenuto quella notte per ciò che è stato: “Adesso so che si è trattato di uno stupro, e per questo lo ho denunciato insieme alle altre ragazze”.
Sono stati due, in particolare, gli elementi che hanno accelerato la decisione di Evie di raccontare la sua storia e portare Tate alla sbarra. Da un lato, a febbraio una giovane donna che ha chiesto di essere chiamata Sophie, ha rilasciato alla BBC un’intervista nella quale denunciava gli abusi subiti per mano di Tate: dopo un primo periodo di relazione consensuale, erano ben presto emersi atteggiamenti possessivi e violenti, insieme a vere e proprie aggressioni fisiche.
Sophie aveva detto non solo di essere stata costretta a lavorare per la compagnia che forniva spettacoli e servizi sessuali online gestita dal multimilionario, ma anche di aver subito violenze fisiche e stupri dall’uomo. Compresa l’esperienza di venire strangolata e, nonostante la perdita di sensi, stuprata.
La lettura di questa testimonianza ha profondamente scosso Evie, in parte perché il copione che emerge sembra avere elementi ricorrenti, in parte perché la condivisione di un tale trauma, e della sua denuncia, le ha permesso di raggiungere una maggiore consapevolezza di quanto realmente subito.
Il secondo fattore che ha spinto la ragazza a citare in giudizio l’uomo violento dopo così tanto tempo è legato alla straordinaria notorietà online che Tate ha acquisito negli ultimi anni, in particolare in tempo di Covid19. Specialmente in Gran Bretagna, infatti, il multimilionario – auto-definitosi misogino e profondamente omofobo, oltre che razzista – spopola sul web e molti ragazzini guardano a lui con ammirazione, cominciando a copiarne anche i modi di dire.
“Una mia amica è insegnante e mi ha detto che durante il classico esercizio che si fa in classe ‘Chi è il tuo eroe?’ un sacco di ragazzi hanno risposto con il suo nome. Questo è estremamente spaventoso. Mi ha fatto orrore pensare che una persona che mi ha soffocata e stuprata possa essere vista come una star a livello globale, perfino un modello per le nuove generazioni” ha dichiarato la donna.
In Inghilterra non è ancora partita un’indagine criminale nei confronti di Tate, ma gli avvocati che difendono anche Evie sono fiduciosi nel fatto che ciò avvenga presto e che “Questo e i procedimenti civili nei confronti di Tate contribuiranno a porre fine al fascino e alla manipolazione che Tate esercita sui giovani, mostrando loro che, invece, le azioni hanno conseguenze”.