Messico, continua la caccia al capo dei narcotrafficanti evaso dal carcere
Dopo la rocambolesca evasione dal carcere sabato scorso di Joaquin Guzman, detto El Chapo, capo del cartello di narcotrafficanti di Sinaloa, c'è grande imbarazzo nel governo messicano e nel presidenteEnrique Pena Nieto, che ha ordinato l'immediato licenziamento del direttore del carcere: a quanto pare Guzman è riuscito a fuggire attraversando un tunnel di un chilometro e mezzo grazie anche alla complicità, probabilmente molto ben retribuita, di alcune guardie carcerarie.
Sta di fatto che è partita una caccia all'uomo senza precedenti: il governo ha messo sul piatto una taglia di 60 milioni di pesos, pari a 3,4 milioni di euro, ma si tratta di una cifra che i narcotrafficanti più potenti possono agevolmente superare. Le autorità messicane hanno anche reso noto di essere in contatto con quelle di Stati Uniti, Belize e Guatemala per tentare di riacciuffare El Chapo, e che ricorreranno ad ogni mezzo pur di ammanettare l'uomo.
Non è la prima volta che El Chapo evade: era già successo nel 1993, quando riuscì a fuggire dal penitenziario di Guadalajara nascosto tra la biancheria sporca, dopo aver corrotto i secondini. In pochi anni era arrivato a dominare il traffico di droga verso gli Usa e nel 2009 era stato inserito nella lista degli uomini più ricchi del mondo di Forbes con un patrimonio stimato in un miliardo di dollari. Sulla sua testa Stati Uniti e Messico misero taglie di 5 e 2 milioni di dollari, finché qualcuno non lo tradì facendolo arrestare in un hotel di Mazatlan, sulla costa pacifica del Messico, dopo un blitz delle autorità messicane e dei servizi segreti Usa.
La rocambolesca evasione di sabato è stata possibile evidentemente anche grazie al sostegno di alcune guardie carcerarie: 18 di esse sono state interrogate dalla polizia, mentre nei paraggi della prigione sono stati dislocati 250 agenti. Tutti i voli dal vicino aeroporto di Toluca sono stati sospesi e i militari hanno istituito posti di blocco.