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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Medici senza Frontiere: “Con offensiva a Rafah sarà catastrofe. Manca acqua potabile, infezioni in aumento”

L’intervista di Fanpage.it a Monica Minardi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia: “Se ci sarà una offensiva di terra a Rafah da parte dell’esercito israeliano sarebbe una catastrofe nella catastrofe. Mancano cibo e acqua potabile, rischi per le donne incinte. I nostri appelli per il cessate il fuoco inascoltati”.
Intervista a Monica Minardi
presidente di Medici Senza Frontiere Italia.
A cura di Ida Artiaco
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"Se ci sarà una offensiva di terra a Rafah da parte dell'esercito israeliano sarebbe una catastrofe nella catastrofe. Manca acqua potabile e la popolazione non ha via di fuga, non ci sono zone sicure. I nostri appelli finora sono stati inascoltati, ma non smettiamo di chiedere il cessate il fuoco immediato".

A parlare è Monica Minardi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, che a Fanpage.it ha spiegato la situazione critica che si sta verificando a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove da giorni sono in corso operazioni speciali da parte dell'esercito israeliano contro Hamas e dove l'emergenza umanitaria peggiora ora dopo ora.

Dott.ssa Minardi, stando a quanto raccontano i vostri colleghi, cosa sta succedendo a Rafah?

"Noi al momento siamo presenti al Sud di Gaza con un team che è per più dell'80% composto da personale palestinese e in parte da personale internazionale. Supportiamo 4 ospedali e centri di salute di base. Da fine anno abbiamo cercato di supportare l'approvvigionamento dell'acqua potabile per evitare lo sviluppo di malattie. E nonostante ciò abbiamo visto nelle nostre cliniche un aumento importante delle patologie cutanee, soprattutto in chi è più vulnerabile come i bambini.

Nell'area di Rafah questo progetto fa in modo che ci sia un approvvigionamento di circa 110mila litri di acqua potabile al giorno, che sembra una grande quantità ma basta per coprire il fabbisogno di sole 20mila persone. È lontano dall'essere abbastanza, perché in una situazione normale una persona singola necessita di 2 o 3 litri di acqua al giorno. In caso di disidratazione, come avviene soprattutto con i soggetti più fragili e vulnerabili come donne incinte, bambini e malati cronici, questo apporto idrico dovrebbe essere ancora superiore. In media al momento una famiglia di 6 persone riceve a malapena 4 litri di acqua al giorno nonostante la nostra attività di supporto.

Saremmo pronti ad aumentare la quantità di acqua distribuita ma ci sono tantissimi ostacoli, dal numero limitato di camion che entrano nella Striscia al fatto che ci sia sempre molta difficoltà a reperire carburante, oltre al fatto che le infrastrutture sono state bombardate e distrutte e non si riescono ad aggiustare in breve tempo. A ciò si aggiunga il fatto che l'area è così affollata che gli operatori denunciano mancanza di spazio fisico anche solo per mettere su una tenda per supportare i centri di salute. La situazione è catastrofica".

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Molti sono anche gli ospedali che sono stati presi di mira negli ultimi mesi…

"Dopo 4 mesi di guerra sono continui e indiscriminati gli attacchi contro strutture civili e sanitarie, la maggior parte delle quali sono state distrutte e quelle ancora in piedi sono solo parzialmente funzionanti. Questo ovviamente riguarda anche il Sud della Striscia dove, dopo ripetuti ordini di evacuazione che anche i nostri team hanno dovuto subire dal 7 ottobre, si sono ammassate tantissime persone, arrivate in un'area già densamente popolata.

Al momento ci sono sono più di 1.4 milioni di persone che vivono in strada. Per altro, in questo periodo dell'anno le temperature sono basse e mancano tutti i beni essenziali, inclusi acqua potabile e cibo. Il governo israeliano impedisce l'ingresso di sufficienti aiuti e comunque nello stato attuale senza un cessate il fuoco immediato e incondizionato anche l'aiuto umanitario può fare ben poco. La situazione è al collasso".

Lei ha parlato di bambini e donne. Cosa può dirci al riguardo?

"Tra le strutture che supportiamo a Sud di Gaza ci sono anche i maternity hospital, che si occupano di salute materna e infantile. Anche in questo caso, dire che la situazione è difficile è dire poco. Consideriamo che queste sono donne che negli ultimi mesi non hanno ricevuto nessun tipo di controllo in gravidanza. Per di più anche loro stesse hanno vissuto mancanza di cibo e acqua e vivono in condizioni igieniche pessime con alto rischio di trasmissione di malattie polmonari e oro-fecali.

Abbiamo parecchi casi di sospette epatiti A, non solo nelle donne ma anche nei bambini. Ci sono poi pazienti che necessitano di parto cesareo, che devono essere dimesse ma non ci sono posti sicuri dove andare. Chi rientra in Italia parla di coraggio e determinazione incredibile del personale palestinese che continua, nonostante abbiano perso spesso membri della propria famiglia, a portare tutto l'aiuto che possono":

Cosa chiedete alla comunità internazionale?

"Come facciamo da tempo, chiediamo il cessate fuoco. Ma questa è una decisione che deve essere presa il prima possibile. C'è questo senso di frustrazione in chi rientra da Gaza perché ci si rende conto che si potrebbe fare molto di più, ma senza un cessate il fuoco è tutto inutile, perché non si può aumentare il flusso di aiuti umanitari che abbia veramente un impatto sulla salute delle persone. Noi chiediamo che tutti i leader facciano tutto quello che possano per far sì che ciò avvenga immediatamente".

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Dal punto di vista umanitario, cosa potrebbe succedere?

"La catastrofe si verificherebbe davanti ai nostri occhi  e le conseguenze sia nel corpo che nella mente dureranno molto tempo. Noi siamo presenti nella Striscia dal 1989, abbiamo visto anche altri momenti di violenza e avevamo già prima del 7 ottobre dei progetti di salute mentale.

Il nostro appello è legato a questo e al fatto che in ogni guerra il diritto umanitario prescrive che ci siano spazi sicuri per curare le persone. Qui invece ci sono attacchi deliberati anche contro le nostre strutture. MSF lavora in diversi contesti di conflitti e comunica sempre la propria posizione e gli spostamenti alle parti in campo. Nonostante questo, qui a Gaza un nostro convoglio che stava cercando di evacuare 300 persone da un ospedale colpito dalla bombe è stato attaccato, con due persone che sono morte".

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