Marò italiani, stanno bene, in un carcere “separato”
C'è voluta una lunga ed estenuante trattativa notturna per raggiungere un accordo sulle condizioni di detenzione dei due marò del Reggimento San Marco, in stato di fermo giudiziario con l'accusa di aver ucciso due pescatori a bordo di un peschereccio mentre si trovavano sulla petroliera italiana Enrica Lexie. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, raggiunti a Kochi nei giorni scorsi dal sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, secondo le volontà espresse dall'inviato del Governo Monti non sono in finiti in un carcere per «delinquenti comuni» conformemente a quanto ci si aspetta nell'ambito di un «incidente avvenuto in acque internazionali» per due militari in missione speciale all'estero.
Per i due marò una carcere "privilegiato", ovvero una piccola struttura separata dal penitenziario di Trivandrum in cui potranno continuare a mantenere la propria divisa, avere contatti telefonici, beneficiare di un giardino, godere di assistenza medica e consolare. «I soldati stanno bene, li ho visti fino alle tre di notte, ieri, quando abbiamo ottenuto che portino la loro divisa in ogni momento e che siano separati da tutti i detenuti comuni, in una struttura interna che abbiamo verificato i persona, e che siano trattati con dignità e rispetto» è quanto dichiarato da De Mistura a RaiNews 24. Lo stesso Ministro della Difesa Gianpaolo di Paola ha voluto avere un colloquio con i due marò al fine di testimoniare la vicinanza e l'interesse per l'intera vicenda da parte delle istituzioni e della cittadinanza, nella speranza di portare conforto ed incoraggiamento ai due giovani in attesa di giudizio. Sì perché, nonostante la «struttura protetta» che, come lo stesso de Mistura ha sottolineato avrebbe salvato «la dignità dei militari», la questione resta intricata e delicatissima.
Mentre si aspettano i risultati della prova balistica sulle armi sottoposte a sequestro rinvenute a bordo, esame ritenuto fondamentale dallo stesso De Mistura che sta seguendo di persona le indagini, la linea difensiva italiana dovrebbe appellarsi a due principi fondamentali: il primo che vuole che militari in servizio vengano giudicati nel proprio paese d'origine come accadrebbe in qualunque altro paese, secondo quanto dichiarato dallo stesso sottosegretario agli esteri; il secondo passa per il riconoscimento, anche da parte dell'India, del fatto che l'incidente si sarebbe verificato in acque internazionali e, oltretutto, nell'ambito di azioni condotte per difendersi da pirati che, nella medesima giornata del 15 febbraio, avrebbero attaccato anche un mercantile greco. Nell'attesa, tuonano le parole del Ministro degli Esteri Giulio Terzi che ha definito «inaccettabili le misure adottate», nonostante l'attenuazione delle disposizioni carcerarie ordinarie, convocando immediatamente alla Farnesina l'ambasciatore indiano a Roma.