Mappa degli stati con la bomba nucleare: ecco chi ha il potere di cominciare la guerra atomica
La recente crisi apertasi tra Corea del Nord e Stati Uniti, con le continue minacce di Pyongyang di far scoppiare una guerra nucleare improvvisa e di sconvolgere lo scacchiere della politica internazionale, ha riportato sotto i riflettori un tema che per molto tempo è stato come dimenticato e rilegato nei libri di storia, cioè quello della bomba atomica. Il paese guidato da Kim Jong-un è soltanto uno dei nove stati in tutto il mondo che, formalmente e non, posseggono questa potente arma di distruzione di massa. Si tratta, infatti, di ordigni che al momento della detonazione rilasciano una grande quantità di energia sotto forma di calore, che a sua volta è talmente forte da distruggere qualsiasi cosa si trovi nell'area dell'esplosione. In totale, ve ne sono più di diecimila in tutto il globo, a cui vanno aggiunti quelli in dismissione. Ecco, allora, la mappa completa dei luoghi del pianeta dotati di missili nucleari, con tanto di storia e numeri, che potrebbero cambiare per sempre il destino dell'umanità.
Cosa sappiamo sulla bomba atomica
L'inizio dell'era nucleare
La prima bomba atomica della storia si chiamava Gadget ed è stata fatta esplodere nel 1945 in New Mexico, Stati Uniti, dagli scienziati del cosiddetto progetto Manhattan, che si occupavano di realizzare i primi esperimenti nucleari negli anni della Seconda Guerra Mondiale. È proprio da questo momento che comincia l'era nucleare. Da allora, soltanto due testate sono state sganciate nella storia del mondo, sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9 agosto del 1945 da parte di Washington, provocando la resa del Giappone e ponendo di fatto fine al conflitto. I morti, per la maggior parte civili, furono più di 200mila. Da allora, nel corso della successiva guerra fredda, sono stati numerosi i paesi che hanno avviato e sviluppato programmi nucleari, senza però arrivare alla costruzione e all'utilizzo di quest'arma.
Il Trattato di non proliferazione nucleare
Proprio in questo periodo, per garantire la sicurezza internazionale, è stato stilato nel 1970 il cosiddetto Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), in cui sono considerate ufficialmente "Stati con armi nucleari" quelle nazioni che hanno assemblato e testato ordigni nucleari prima del primo gennaio 1967. Si tratta di Stati Uniti d'America, Russia (che ha preso successivamente il posto dell'Unione Sovietica), Regno Unito, Francia e Cina, ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questi ultimi due paesi vi aderirono però soltanto nel 1992. Nel corso degli ultimi anni, anche altri paesi al di fuori di quelli previsti dal TNP hanno avviato un proprio programma nucleare: l'India, il Pakistan, la Corea del Nord e Israele. Nel 1985 erano attive in tutto il mondo circa 65mila testate, un numero che però negli anni è andato progressivamente diminuendo. Infine, dal 1996 è in vigore il Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT), il trattato complessivo sulla messa al bando dei test nucleari, che ancora oggi non raccoglie la completa adesione di tutti i Paesi interessati, tra cui la Corea del Nord.
Il principio di deterrenza nucleare
In generale, i rapporti tra le potenze mondiali in possesso della bomba atomica sono regolati dal cosiddetto principio di deterrenza, secondo il quale il semplice possesso delle armi nucleari crea una sorta di equilibrio del terrore che assicura la pace tra questi soggetti. Il nemico è infatti scoraggiato dal compiere un eventuale attacco perché teme a sua volta una rappresaglia che sarebbe totalmente distruttiva. Paradossalmente, è stato proprio questo principio che ha evitato il disfacimento totale del'Europa durante gli anni della guerra fredda tra Stati Uniti e Urss. Di questo concetto fa parte, all'interno della Nato, anche quello di condivisione nucleare, che coinvolge i paesi membri non solo nella fase di pianificazione di queste armi ma anche in quella di utilizzo solo in caso di necessità.
Il caso dell'Iran e l'accordo di Losanna
Una questione molto delicata è rappresentata dal programma nucleare dell'Iran, cominciato alla fine degli anni Cinquanta quando fu realizzato a Teheran un centro di ricerca finanziato dagli Stati Uniti, mentre in un'altra città, Bushehr, venne avviata la costruzione di un primo reattore nucleare. Il Paese ratificò nel 197o il Trattato di non proliferazione ma in seguito, con la rivoluzione del 1979 e la successiva crisi con l'Iraq, fu costretto a interrompere la sua attività per riprenderla solo alla metà degli anni Novanta con la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran e con il sostegno di Cina, Pakistan e Russia. Una mossa, questa, che non piacque all'amministrazione a stelle e strisce, che, ipotizzando che la nuova corsa agli armamenti potesse nascondere scopi militari, intraprese manovre diplomatiche per ostacolarla. Nel 2002 il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, organismo contrario al regime islamico di Teheran, rese nota la presenza nel Paese di siti nucleari segreti e dediti all'arricchimento dell'uranio. Per questo, fu avviato un ciclo di ispezioni da parte dell'AIEA, mentre diversi Stati si fecero promotori di colloqui diplomatici con le autorità iraniane per portare ad una sospensione del programma nucleare.
Dopo una volontaria interruzione, l'Iran riprese il programma di arricchimento a partire dall'agosto del 2005, e le discussioni sul programma nucleare iraniano furono portate dinnanzi al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che, con la risoluzione 1929 del 9 giugno 2010, inflisse sanzioni economiche al paese per la scarsa collaborazione con gli ispettori dell'AIEA. Nel 2015 si è svolto l'ultimo atto di una questione che durava ormai da 50 anni: a Losanna, in Svizzera è stato infatti raggiunto un accordo tra i rappresentanti dell'Iran e quelli dei paesi del cosiddetto gruppo 5+1, cioè i cinque che hanno il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell'ONU (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania. Il compromesso stabilisce in poche parole che Teheran non potrà mai avere la bomba atomica, grazie ad una significativa riduzione della capacità di arricchire l'uranio e alla conseguente rimozione delle sanzioni internazionali imposte sull'economia locale una volta che sarà verificato il rispetto dei parametri stabiliti.
La mappa degli Stati con armi nucleari
Attualmente, dunque, gli Stati in possesso della bomba atomica in tutto il mondo sono nove, per un totale di circa 16mila testate, precisamente 15.350 al 2016, di cui però fa parte un largo numero di armamenti in fase di dismissione. Poco meno di cinquemila sono dispiegate e pronte all'uso. Il 90% di queste armi di distruzioni di massa è in mano a Stati Uniti e Russia, rispettivamente con 2500 e 1800 ordigni che possono essere lanciati da un momento all'altro in caso di crisi internazionale. Valutazioni meno affidabili si possono fare sulla Corea del Nord, di cui non si è in grado di stabilire una quantità precisa. In generale, il numero esatto di ordigni a disposizione dei vari Paesi resta un segreto nazionale, tranne che per Washington e Mosca che, sulla base della serie di trattati START, devono sottoporre i propri arsenali nucleari a periodiche ispezioni pubbliche. Ecco, allora, l'elenco completo di tutti i Paesi dotati di testate nucleari, per avere un quadro completo di ciò che accade nel mondo.
Stati aderenti al TNP
Stati Uniti
Gli Usa sono stati i primi a dotarsi di un programma nucleare e gli unici a sganciare i due ordigni atomici della storia. Nel 1965, nel pieno della guerra fredda contro l'Urss, l'arsenale a stelle e strisce raggiunse il suo massimo, con ben 32mila armi disponibili. Questo numero è poi progressivamente diminuito, fino a registrare quota settemila nel 2012, di cui 2.300 pronte per essere utilizzate, e 4500 nel 2016, di cui 1500 in attesa di dismissione. Alcune di queste sono schierate nelle basi militari stanziate in paesi stranieri, tra i quali l'Italia. Tuttavia, resta leader, insieme alla Russia, per percentuale di bombe in dotazione. Secondo gli esperti, dall'inizio del 1945 al 1990, anno della fine della guerra fredda, gli Stati Uniti hanno prodotto circa 70mila testate nucleari, spendendo una somma corrispondente a circa 8 trilioni di dollari. Tuttavia, nonostante la volontà dell'amministrazione americana di tagliare i propri armamenti nucleari, il Governo sosterrà nei prossimi 30 anni numerose spese per rinnovare quelli esistenti.
Russia
Il programma nucleare sovietico fu iniziato nel 1943, ma il primo test venne effettuato soltanto nel 1949, all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale in risposta alla corsa agli armamenti degli Usa, e poi testato a Semipalatinsk, nell'attuale Kazakistan, nel 1953. Nel 1961 fu testato anche il più potente ordigno all'idrogeno mai realizzato, soprannominato proprio per questo "bomba zar". La sua potenza raggiungeva i 100 megatoni, quella lanciata sulla città di Nagasaki non superava i 21, per dare un'idea della forza sprigionata. I suoi effetti furono pertanto devastanti, basti pensare che fu osservato un raggio di distruzione totale di 35 km. Alla fine degli anni Ottanta l'arsenale sovietico raggiunse il picco, con circa 45mila testate disponibili. Con la fine dell'Urss e della guerra fredda, il numero diminuì progressivamente, fino alle 7300 attuali, di cui 2800 dispiegate e pronte all'uso.
Gran Bretagna
Nel progetto Manhattan, che aveva il compito di realizzare i primi esperimenti nucleari durante la Seconda Guerra Mondiale, furono coinvolti anche alcuni esperti inglesi, ma nel 1946 la legge MacMahon vietò agli Stati Uniti qualsiasi collaborazione in campo nucleare con stati stranieri, tra cui anche gli alleati. Fu allora che la Gran Bretagna si dotò di un programma proprio, procedendo ad una serie test autonomi, di cui il primo si registrò nel 1952. A questo fece seguito nel 1957 l'Operazione Grapple, con la detonazione della prima bomba all'idrogeno britannica. Oggi possiede 215 testate di cui 150 dispiegate, esclusivamente per uso sottomarino. Negli anni passati è stato avviato l'ammodernamento dell'arsenale, che dovrebbe concludersi nel 2024.
Francia
Anche la Francia fa parte del club nucleare. Il suo programma, già avviato alla fine degli anni Cinquanta, conobbe una impennata sotto la presidenza di Charles De Gaulle e il primo test, il cosiddetto Gerboise bleue, fu eseguito nel 1960 nel deserto dell'Algeria, il più potente mai realizzato. In seguito, non ha aderito al PTBT ma ha abbandonato autonomamente i test atmosferici nel 1974 e nel 1992 ha firmato il trattato di non proliferazione. Oggi possiede 300 testate.
Cina
Inizialmente, il programma nucleare cinese fu avviato in collaborazione con l'ex Unione Sovietica, ma l'acuirsi della crisi tra i due Paesi costrinse il governo di Pechino a procedere in maniera autonoma a partire dai primi anni Sessanta. L'arsenale cinese ha raggiunto il suo picco nel 2001 con 540 testate operative, mentre attualmente se ne contano 260, anche se è molto difficile fornire un numero preciso, soprattutto per quanto riguarda quelle attive. Anche per la Cina, come per la Francia, la firma del trattato di non proliferazione è arrivata solo nel 1992.
Stati non aderenti al TNP
India
L'India non hai mai aderito al trattato di non proliferazione, ritenendolo uno strumento politico iniquo, ed è stato il primo paese al di fuori del club nucleare a dotarsi di un programma proprio a partire dalla fine degli anni Sessanta. Il primo ordigno, lo "Smiling Buddha", è stato fatto esplodere nel 1974 e definito come esperimento pacifico, cioè non realizzato per scopi militari. Ad oggi l'arsenale di New Delhi conterebbe circa 120 testate, ma ancora una volta si tratta di supposizioni e non di numeri ufficiali.
Pakistan
La corsa agli armamenti del Pakistan è stata motivata come risposta al programma nucleare della vicina India, come dichiarato dall'allora presidente Zulfiqar Ali Bhutto. Le prime testate sono state realizzate nel 1985, procedendo al primo test ufficiale soltanto nel 1998, mentre oggi sarebbero circa 130. Secondo alcuni analisti, tuttavia, Islamabad si sarebbe dotato di materiale sufficiente per far salire questo numero a 200 entro il 2020.
Corea del Nord
La questione legata al programma nucleare della Corea del Nord è molto complessa ed è quella che maggiormente preoccupa a livello internazionale. Pyongyang faceva inizialmente parte del club nucleare, a cui aveva aderito nel 9185, ma in seguito ad una crisi con gli Stati Uniti, dovuta al rifiuto delle ispezioni chieste sulla base dei sospetti che stesse sviluppando la bomba all'inizio del nuovo Millennio, nel 2003 ne uscì ufficialmente, riavviando il suo programma militare. Nell'ottobre del 2006 fu annunciato il primo test sotterraneo, a cui seguirono sanzione economiche da parte dell'Onu. Nonostante ciò, un secondo test fu effettuato nel 2009. L'ultimo, in ordine temporale, è stato realizzato ad aprile 2017 ma il tentativo di lanciare il missile dalla base di Simpo è fallito. Al momento, secondo gli esperti, il Paese conterebbe non più di otto testate, ma non vi è alcuna certezza su questo numero. Tuttavia, la comunità internazionale è sicura che Pyongyang non possegga missili capaci di trasportare le bombe atomiche.
Israele
Anche per quanto riguarda Israele, si ragiona in base a delle probabilità, poiché non ha mai confermato né smentito la presenza sul proprio territorio di un arsenale nucleare, anche se ciò viene dato per scontato dalla Comunità internazionale. L'avvio del programma risalirebbe al 1967, anno della famosa Guerra dei sei giorni. Possederebbe almeno 80 testate, secondo fonti dell'Intelligence Usa.
L'Italia ha la bomba atomica?
L'Italia non ha la bomba atomica, anche se, secondo alcuni dati della Federation of American Scientist, organizzazione fondata nel 1945 a Washington che si occupa di analizzare i numeri legati alla presenza di armi nucleari nel mondo, sarebbero conservate nelle basi Usa di Aviano, in provincia di Pordenone, e a Ghedi, in provincia di Brescia, circa 70 bombe, rendendo di fatto il nostro Paese il primo avamposto a stelle e strisce d'Europa. In base al concetto di condivisione nucleare interno alla Nato, infatti, i paesi membri, tra cui anche Roma, non solo devono essere coinvolti nella pianificazione per l'uso di queste armi da parte della stessa Organizzazione Atlantica, ma devono anche essere coinvolte nella loro fornitura in caso di necessità del loro utilizzo.