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Opinioni

Ma Obama e Beyoncé non avevano una love story?

Il caso della boutade Obama-Beyoncé dimostra quanto affermato dal semiologo François Jost: “Non chiediamo più alle informazioni di essere vere, ma di essere verosimili”.
A cura di Sabina Ambrogi
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La notizia circa la presunta relazione Obama- Beyoncé si è addensata sulle nostre teste, minacciosa, qualche giorno fa. Aspettavamo dunque di essere travolti da dettagli umorali e morali su lenzuola e politica. Si sarebbero intasate le prime pagine dei quotidiani, le aperture dei telegiornali, gli approfondimenti della Rai e di Mediaset, magazine di gossip ma anche le pagine della politica, minacciato crisi istituzionali, laddove le crisi sono altrove, e tutti a ricordarlo con editoriali e approfondimenti. Qualche deputata italiana avrebbe esclamato che in fondo Berlusconi è stato come Obama, e che solo noi – provinciali – non sapevamo capire i punti in comune tra i due.

La bomba era stata innescata – sottotono e sotto forma di boutade – dal noto paparazzo francese Pascal Rostain, di 56 anni, lunedì 10 febbraio nel corso di una trasmissione della popolarissima emittente, d'oltralpe Europe 1. Noto ai settimanali di gossip per aver inanellato scoop di grande portata, Rostain aveva annunciato che il quotidiano statunitense Washington Post – peraltro non un quotidiano “nemico” alla presidenza – l'indomani, avrebbe pubblicato i dettagli sull' affaire tra Obama e la cantante Beyoncé. Si sarebbe perciò trattato della conferma di un pettegolezzo abnorme che serpeggiava qua e là negli Usa già da un po', e che ovviamente, avrebbe coinvolto il pianeta intero trasformandosi in un mostro.

Senonché la notizia era falsa. Da noi, nessuno dei media che si erano precipitati a riportare l'annuncio del paparazzo si è preoccupato poi di smentirla. Né qualcuno si è domandato come sia venuta fuori la notizia e perché. Si sono – e solo alcuni – limitati a trascrivere tale e quale il comunicato di smentita del Washington Post che diceva che non era vero che avrebbero raccontato alcunché sul presidente Obama. Del resto la maggior parte dei media, quella notizia, non l'avevano neanche verificata. E questo è il punto. E questa è stata la trovata del paparazzo Rostain. La bugia lasciata cadere a Europe 1 è stata furba e polemica al tempo stesso: è servita da una parte a fare pubblicità planetaria al suo libro “Voyeur” appena uscito, e dall'altra a dimostrare i meccanismi distorti dell'informazione. Ieri, intervistato dall'Express ha detto:

Una volta una voce di corridoio diventava una verità, oggi una battuta lasciata scivolare in un discorso, diventa informazione. Mi dispiace dover notare quanto abbia funzionato bene la mia provocazione.

Nei giorni precedenti il paparazzo aveva lamentato che se tutti i grandi quotidiani avevano pubblicato quanto da lui annunciato, pochi lo avevano chiamato per fargli domande. Molti invece si erano i lanciati in una serie di illazioni sul perché Rostain avesse ottenuto simili informazioni dal Washington Post. Questo episodio – esemplare – apre una serie di interrogativi anche sulla stampa che noi chiamiamo “gossippara” , priva di funzione sociale ma, come dimostrato dal fotografo, molto più rigorosa di quella seria.

Noi paparazzi troviamo le storie, verifichiamo quello che pubblichiamo, portiamo prove, però ci danno contro accusandoci di invadere la vita privata. Solo che loro pubblicano i comunicati dei gabinetti dei ministri e dei politici senza toccare una virgola, difendono il diritto alla vita privata, e si approfittano del nostro lavoro. Noi, siamo l'ultimo baluardo contro lo story-telling, cioè contro quello che vogliono raccontare i comunicatori.

E inoltre:

Noi facciamo domande e investighiamo. A volte partiamo da voci di corridoio, come è successo per Hollande e Gayet. Se Obama e sua moglie si mostrano separati in una foto o una situazione, e gira qualche voce su di una possibile relazione, i reporter americani cercheranno la conferma e la pubblicheranno. E tutti parleranno di quello perché quello è un fatto politico.

Un modo anche per rispondere all'atteggiamento che ha avuto Hollande di fronte ai media, facendo appello alla sua vita privata sempre evocata dai politici, ma a geometria variabile: “Quando Ségolène Royal minaccia di querelare VSD per una foto che la ritrae mentre fa il bagno, mentre lei stessa aveva invitato Paris Match e Antenne 2, due giorni dopo il parto nella sua stanza della clinica, non capisco dove sia la decenza. Se vogliono giocare, giochiamo. In Francia puoi essere punito per aver detto la verità. Allora preferisco il sistema americano che ti punisce solo se quello che dici è falso”.

Il noto semiologo e specialista di media, François Jost, in un lungo articolo su Nouvel Observateur dice “Lo scoop, non è stato presentato come un pettegolezzo, ma come qualcosa di serio. Sarebbe bastato ricordarsi il mestiere di colui che ha raccontato la storia”.
E se nessuno l'ha fatto e nessuno ha verificato “è segno della sottomissione a questo tipo di stampa qui. Non chiediamo più alle informazioni di essere vere, ma di essere verosimili”.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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