Luigi Mangione si dichiara innocente: ma le impronte lo inchiodano, rischia la pena di morte
Luigi Mangione, accusato di aver ucciso il CEO di UnitedHealthcare, Brian Thompson, si è dichiarato non colpevole delle accuse di omicidio presentate dallo Stato di New York. "Ci batteremo fino in fondo a livello statale o federale", ha detto Karen Friedman Agnifilo, la legale dell'imputato, sottolineando che con le accuse a vari livelli il 26enne è "trattato come una pallina da ping pong".
Mangione, oltre alle accuse dello stato di New York, si trova infatti ad affrontare quelle a livello federale per le quali rischia l'ergastolo o addirittura la pena di morte. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, pare avesse intenzione di assassinare l'amministratore delegato di UnitedHealthcare già da agosto.
Un particolare emerso dalle annotazioni di Mangione nel suo diario. In una nota datata 15 agosto, il presunto assassino aveva scritto di essere "contento" di ritardare la preparazione, poiché "questo gli avrebbe permesso di scoprire di più su di lui", un riferimento al CEO Brian Thompson, che poi è stato ucciso il 4 dicembre a Manhattan.
Le prove a suo carico però si stanno moltiplicando. Oltre alla ‘pistola fantasma‘ confiscatagli, la polizia ha trovato le sue impronte digitali sul luogo del delitto, su una barretta, una bottiglia, le stesse pallottole.
Eppure il giovane, figlio di una famiglia benestante e influente di Baltimora, brillante capoclasse al liceo e laureato con un master in una delle università più prestigiose della Ivy League, sta rapidamente diventando un fenomeno sui social media. Le discussioni tra chi lo considera un semplice assassino e chi lo vede come un eroe riempiono post e forum, specialmente negli USA.