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Guerra in Ucraina

“L’Ucraina non è ancora morta”, il significato dell’Inno nazionale ucraino

“Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina, né la sua libertà”. L’inno nazionale ucraino cantato dalla popolazione nella regione del Donbas, proclamata autonoma da Putin.
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In queste aspre giornate di conflitto, una scena di dignità e sentimento collettivo è certamente data dagli ucraini che cantano l'inno dell'Ucraina davanti ai carro armati russi nelle autoproclamate – e riconosciute da Vladimir Putin – repubbliche del Donbass. Nella città di Svatovo, nel centro della regione di Lugansk, gli ucraini sventolano le bandiere del Paese e continuano a cantare l'Inno senza fermarsi mai, neppure quando i soldati russi sparano in aria. Nel mentre, una donna cerca di calmare la figlia piccola, un altro uomo continua a cantare ancora più forte. Immagini strazianti ci arrivano da lì mentre quel popolo continua a cantare forte: Šče ne vmerla Ukraïny, l'Ucraina non è ancora morta.

Il significato dell'inno nazionale dell'Ucraina

Šče ne vmerla Ukraïny è un poema ucraino scritto nel 1862 dall'etnografo ucraino Pavlo Čubynskyj. La musica, composta l'anno seguente dal sacerdote greco-cattolico Mychajlo Verbyc'kyj, fu eseguita la prima volta in forma corale dal Teatro Ucraina di Leopoli. Nel 1917 fu adottata come inno della Repubblica Popolare Ucraina e fu bandito nel 1920 con l'annessione all'Unione Sovietica. Con la dissoluzione della stessa, l'Inno fu ristabilito: era il 1991. Ecco il testo completo di questo vero e proprio inno alla libertà, che in questi giorni di conflitto tra Ucraina e Russia assume un significato quanto mai più completo, assoluto e necessario. Nella speranza che la guerra possa finire quanto prima, aspettando spiragli dai trattati:

Non è ancora morta la gloria dell'Ucraina, né la sua libertà,
a noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora.
I nostri nemici scompariranno, come rugiada al sole,
e anche noi, fratelli, regneremo nel nostro Paese libero.

Daremo anima e corpo per la nostra libertà,
e mostreremo che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca.

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