“L’Ucraina ha solo due opzioni per la sua sicurezza, la Nato o l’atomica”: l’analisi di Galeotti
Vladimir Putin "chiede l’impossibile per ottenere il massimo", ma un negoziato "sembra probabile". E potrebbe "concludersi con l’ingresso di Kyiv nella Nato, poiché è l’unica alternativa a un arsenale nucleare ucraino, che né Mosca né Washington vogliono". Mark Galeotti è moderatamente ottimista sull’ipotesi di un cessate il fuoco. Ma vede nero sul dopo: senza un lavoro diplomatico ulteriore la soluzione resterebbe fragile. E questo "Trump potrebbe non capirlo", dice a Fanpage.it lo storico britannico. Appagato dal successo personale nel fermare momentaneamente la guerra, "Trump potrebbe distrarsi". A vantaggio di Putin, che "al momento giusto colpirebbe ancora".
Non sembra proprio aria di pace, quella che tira. Ma dichiarazioni, smentite e uscite propagandistiche di Mosca come di Washington fanno pensare che in realtà si stia preparando qualcosa. Le affermazioni del figlio di Trump, Don Jr., secondo cui “a Zelensky sarà tolta la paghetta”, sono state subito seguite dalla notizia Tass riguardo a un inusitato rapporto dell’Svr, il servizio segreto esterno russo, sull’intenzione della nuova amministrazione Usa di “rimuovere” il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il tempismo fa pensare.
Mark Galeotti ha dedicato alla storia e alla politica della Russia oltre venti libri. Gli ultimi sono Down Fall: Prigozhin, Putin, and the new fight for the future of Russia (Ebury, 2024), firmato con Anna Arutunyan, e Forged in War: A military history of Russia from its beginnings to today (Osprey, 2024). Con lui cerchiamo di fare il punto sulle possibilità che si riesca davvero a fermare il bagno di sangue.
Mark, al Cremlino e dintorni non si vuol sentir parlare di congelamento del fronte e cessate il fuoco. Significa che Vladimir Putin non si fermerà fino alla disfatta totale dell’Ucraina?
Una marcia russa fino alle porte di Kiev e di Leopoli mi pare davvero improbabile, se intendiamo questo per disfatta dell’Ucraina.
Allora perché questo atteggiamento negativo da parte russa? È un modo per alzare la posta su un futuro tavolo negoziale?
È il loro stile. Il metodo di negoziazione dei russi è molto rigido. Iniziano sempre con richieste iperboliche e irrealistiche. Le presentano come il minimo indispensabile, e poi durante la trattativa scendono dal regno dell’impossibile a quello del possibile, pur mantenendo richieste estremamente alte. Lo schema risale ai tempi sovietici, lo conosciamo bene. Quindi, sì: potrebbe essere una tattica, nel caso si arrivi a negoziati seri.
Come si fa a dire che Mosca pensa a negoziati quando moltiplica le incursioni aeree sulle città ucraine, accelera l’offensiva di terra e schiera 50mila soldati, nordcoreani compresi, per cacciare le forze di Kyiv dalla oblast russa di Kursk?
Ma è proprio questo che dimostra come Mosca si stia preparando a un cessate il fuoco: punta a riconquistare i territori di Kursk per evitare che restino oltre una futura linea di confine. E nel Donbass, avanza nonostante un costo elevatissimo: secondo il Capo di stato maggiore britannico Sir Tony Radakin, l’ultimo mese è stato il più sanguinoso della guerra, con 1.700 tra morti e feriti russi ogni giorno.
Beh, è la tattica del tritacarne a sempre usata dagli eserciti: attrito, concentrazione delle truppe e scarso riguardo per la vita umana…
In questo caso però vero il motivo è l’urgenza. Stanno lavorando contro il tempo: vogliono aver raggiunto i loro obiettivi, sia nella oblast di Kursk che nel Donbass, prima che Trump inizi il suo mandato, in gennaio. A quel punto, probabilmente, potrebbero accettare un cessate il fuoco.
E se Trump finisse per non proporlo, il cessate il fuoco? Se lo convincessero che lasciare un quinto del territorio dell’Ucraina in mano russa sarebbe una premessa poco realistica, per la pace?
C’è una distinzione importante da fare: il cessate il fuoco non è un accordo di pace. È solo una sospensione temporanea delle ostilità, che rischia di diventare di fatto permanente.
Infatti le due Coree sono tuttora divise al 38° parallelo dopo un armistizio di 70 anni fa mai diventato pace. E Cipro è “temporaneamente” divisa in due dal cessate il fuoco del 1974 seguito all’invasione turca. Ma non sarebbe uno smacco per Trump, non ottenere una vera pace?
Trump si presenta come il pacificatore, ma conosciamo il tipo: ciò che promette oggi potrebbe dimenticarlo domani. Quindi, non contiamoci più di tanto. Un tentativo lo farà. Anche perché gli serve da diversivo. Credo che non ci sarà una vera pace ma solo una sospensione della guerra. È una delle ragioni per cui il Cremlino voleva l’elezione di Trump, nonostante le dichiarazioni contrarie in merito.
Anche nel 2016 a Mosca si diceva di preferire Hillary Clinton all’imprevedibile Trump. Poi però quando fu eletto si brindò…
Ma è vero che i russi temono la sua imprevedibilità e la sua potenziale pericolosità. A ragione. Per esempio, se Putin si spingesse troppo oltre nelle richieste Trump potrebbe anche scegliere di sostenere Kyiv. Per evitare di far la figura del perdente o comunque di chi si è fatto manipolare.
Vuol dire che se Putin alza troppo la posta Trump si troverà nei guai?
Probabile. Anche se, dato che il suo approccio alla politica è da businessman e si comporta come se fosse l’amministratore delegato dell’azienda America, potrebbe sempre dire di aver costretto la controparte ad abbandonare obiettivi ancora più alti e di aver chiuso un buon affare.
E se Putin rispondesse picche a ogni iniziativa per il cessate il fuoco?
Se Putin non gli concedesse una vittoria da sbandierare, le cose potrebbero mettersi male per la Russia. Trump vuole potersi vantare di aver risolto un problema che Biden era stato incapace di risolvere. Se ciò gli venisse negato probabilmente reagirebbe sostenendo l’Ucraina in modo molto più deciso e incauto rispetto a Biden. Il rischio di escalation del conflitto aumenterebbe.
Tra i nodi più difficili da districare in ogni eventuale negoziato, quello della neutralità dell’Ucraina. È una priorità, per la Russia. Ma fino a ieri si è promesso a Kyiv un futuro nella Nato. Con che faccia Trump potrebbe ora dire il contrario?
Sarebbe un boccone parecchio difficile da mandar giù, per gli ucraini. Dal loro punto di vista, anche trattati bilaterali di garanzia della sua sicurezza non avrebbero il peso dell’articolo 5 del trattato Nato (è l’articolo che prevede l’intervento militare dell’Alleanza se uno dei suoi Paesi membri viene attaccato, ndr). La deterrenza si fonda sulla credibilità. Sotto questo aspetto, l’Ucraina ha solo due opzioni, per la sua sicurezza nel lungo termine: la Nato o l’atomica.
È quello che dicono a Kyiv…
Se la Nato non sarà un’opzione, è probabile che Kiev avvii un programma nucleare. Il che potrebbe rendere l’adesione alla Nato la scelta meno peggiore per tutte le parti.
Resterebbero le posizioni contrarie di Slovacchia, Ungheria e probabilmente di un peso massimo come la Germania? L’entrata di un nuovo membro deve essere approvata all’unanimità…
L’unanimità è più formale che reale: se Washington spingesse, ogni resistenza probabilmente cadrebbe. Attualmente, nemmeno gli Usa vogliono l’Ucraina nell’Alleanza, e la diffidenza di Trump verso la Nato è nota. Ma in un negoziato, molti ostacoli cadrebbero. Difficile immaginare un accordo finale che non preveda l’adesione di Kyiv alla Nato, soprattutto se le forze armate ucraine venissero ridotte.
A questo proposito, nei negoziati abortiti nel 2022 in Bielorussia e in Turchia le posizioni sulla futura forza militare ucraina restarono a distanza siderale. Sarà possibile trovare un accordo? Il consigliere del Cremlino Dmitry Suslov con noi ha parlato di 50mila effettivi. Realistico?
Un numero irrisorio, chiaramente irrealistico anche per i russi, che l’hanno proposto solo per ottenere il massimo possibile, seguendo il loro tipico stile negoziale. Potrebbero finire per accordarsi su un numero doppio. Del resto, le alternative sono poche: senza un’intesa, l’Ucraina, come ha detto Zelensky, diventerà una "grande Israele", fortemente militarizzata e con armi nucleari.
Altro nodo in questo ipotetico negoziato, la pretesa della Russia di interferire nella politica interna ucraina, imponendo leggi su materie come la lingua e l’identità culturale
Sarà merce di scambio negoziale. La Russia di Putin vorrebbe poter dire agli ucraini come debbano governare il loro Paese. Vorrebbe che Kyiv avesse un sovranità solo parziale. Ma questo è inaccettabile per Zelensky e i suoi concittadini. E siccome le vere priorità per il Cremlino sono altre, su questi punti potrebbe cedere.
Va bene, vedo che lei tutto sommato è ottimista. Diciamo pure che si arrivi a un cessate il fuoco. E poi, che succede? Non è che dopo un po’ riparte la guerra? Tra l’altro, ormai l’economia russa si fonda sul settore militare. Mica facile riconvertirla di punto in bianco.
L'efficacia di un cessate il fuoco dipenderebbe dall'impegno di Stati Uniti e Europa nello spingere per negoziati successivi. Il rischio è che Trump possa invece considerare il cessate il fuoco come il traguardo finale. La pausa permetterebbe alla Russia di riorganizzarsi in modo più efficace rispetto all'Ucraina, specialmente se l'attenzione internazionale si spostasse dalla difesa alla ricostruzione del Paese. Putin potrebbe aspettare il momento opportuno e tornare a colpire. Per esempio, quando l’America fosse distratta da una guerra commerciale con la Cina. Un cessate il fuoco resterebbe una soluzione precaria, in mancanza di iniziative diplomatiche successive. E questa è una cosa che Trump potrebbe non capire appieno.