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Long Covid, l’Ecdc a Fanpage: “Donne e obesi più a rischio. Impatto devastante anche sui bambini”

L’intervista di Fanpage.it a Diamantis Plachouras dell’Ecdc: “Stiamo monitorando le evidenze scientifiche, cliniche ed epidemiologiche dell’impatto del Long Covid. Bisogna capire il meccanismo alla base di questa condizione. Più a rischio donne e obesi. Anche chi ha avuto sintomi lievi può soffrirne”.
Intervista a Diamantis Plachoura
Esperto di resistenza antimicrobica e infezioni associate all'assistenza sanitaria dell'Ecdc.
A cura di Ida Artiaco
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"Del Long Covid si sa ancora poco, studi sono ancora in corso ma ciò che è certo è che si tratta di una condizione che interessa un numero crescente di pazienti che hanno avuto l'infezione e che continuano ad avere alcuni sintomi anche dopo la guarigione". A parlare a Fanpage.it è Diamantis Plachouras, esperto di resistenza antimicrobica e infezioni associate all'assistenza sanitaria dell'Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, che ha fatto il punto della situazione Long Covid nel Vecchio Continente sulla base delle informazioni raccolte fino a questo momento, mentre proseguono le analisi legate alla scoperta del meccanismo alla base di questa condizione.

Dott. Diamantis Plachouras.
Dott. Diamantis Plachouras.

Dott. Plachouras, quali sono i primi risultati a disposizione degli studi sul Long Covid?

"L'Ecdc sta monitorando le evidenze scientifiche, cliniche ed epidemiologiche dell'impatto del Long Covid. Abbiamo messo insieme un certo numero di casi e collaboriamo con altri enti per raccogliere una serie di informazioni per studiare al meglio questa patologia in tutta l'Unione europea. Quello che sappiamo finora è che il Long Covid è caratterizzato da una costellazione di sintomi, da blandi a persistenti fino a quelli più debilitanti che influenzano le abitudini quotidiane dei pazienti, la capacità delle persone di lavorare o di svolgere azioni semplici e comuni. Abbiamo una serie di ipotesi su come il Covid possa far sviluppare questa condizione, come la persistenza del virus nel corpo o una anomala reazione del sistema immunitario all'infezione. Molti studi mostrano che le donne, le persone con problemi di obesità e che abbiano sofferto di sintomi severi nella fase acuta dell'infezione hanno un rischio più alto di Long Covid. Ma anche coloro che hanno avuto sintomi lievi possono soffrire di Long Covid, anche i giovani. E siccome sono la maggior parte, complessivamente possiamo dire che molte delle persone che soffrono di Long Covid hanno avuto sintomi lievi dopo il contagio".

Quali sono i sintomi più comuni? Pensa che possano cambiare a seconda della variante del contagio?

"Il Long Covid è caratterizzato dalla persistenza di sintomi. In genere parliamo di questa condizione quando i sintomi durano per più di tre mesi. L'affaticamento e la stanchezza sono i più comuni, ma ce ne sono anche altri registrati, come mal di testa, tosse, respiro corto e quella che viene definita nebbia cerebrale (brain fog). A ciò si aggiungano anche i problemi di cuore e diabete. Per quanto riguarda la questione delle varianti, non abbiamo indicazioni che i sintomi del Long Covid e la loro frequenza dipendano dalla variante stessa. È ancora troppo presto per avere conclusioni sulla variante Omicron. Sappiamo che il Long Covid può manifestarsi anche dopo aver sofferto di sintomi lievi, quindi ci aspettiamo che casi del genere vengano riscontrati anche nei pazienti affetti da Omicron e da altre varianti".

Quanti europei soffrono di questa malattia? Ci sono dei numeri?

"È difficile sapere precisamente quanti europei soffrono questa condizione. Anche perché non abbiamo ancora una definizione universalmente riconosciuta di Long Covid, il che rende difficile contare tutti i pazienti che ne sono affetti, e perché non c'è una forma condivisa di registrazione e report degli stessi. Alcune organizzazioni hanno provato a fare delle stime. Per esempio, l'ufficio nazionale di statistica nel Regno Unito ha stimato che una persona su 9 che ha avuto il Covid ha sviluppato sintomi da Long Covid che persistono per almeno 5 settimane, e che una persona su tre riporta l'impatto negativo sulle proprie attività. Quindi parliamo comunque di una percentuale molto alta di pazienti che presentano sintomi di Long Covid".

I vaccini hanno limitato l'impatto del Long Covid? 

"Molti studi, non tutti, ma la maggior parte di questi, che analizzano l'effetto della vaccinazione sul Long Covid indicano che attualmente i vaccini riducono il rischio di Long Covid, oltre al rischio di infezione. Non solo non si prende il Long Covid se non si viene contagiati grazie ai vaccini ma anche perché il rischio diminuisce anche se si viene infettati. E questo è supportato dalla maggior parte degli studi a riguardo".

Cosa ci può dire invece sugli antivirali, come Paxlovid e Lagevrio? Hanno qualche effetto sui pazienti Long Covid?

"La cosa ci interessa molto per capire se abbiamo qualche trattamento che possa diminuire e mitigare gli effetti del Long Covid. Finora abbiamo sfortunatamente solo un numero davvero limitato di casi individuali riportati che indicano che gli antivirali che ha citato potrebbero avere degli effetti benefici sul Long Covid, ma non sono sufficienti e abbiamo bisogno di dati clinici più specifici per guardare agli effetti potenziali di questi farmaci che hanno anche il grande vantaggio di essere somministrati per via orale. Una difficoltà aggiuntiva quando si parla di trattamenti per il Long Covid è dovuta al fatto che non capiamo pienamente quale è il meccanismo che lo causa. Ci sono una serie di ipotesi. Tra le più prevalenti, come abbiamo detto prima, ci sono la persistenza dell'infezione, quindi il virus è ancora presente nel corpo, o una reazione anomala del sistema immunitario con una reazione auto-immune all'infezione iniziale. Quando ne sapremo di più sulla sua origine, speriamo di avere anche più informazioni perché ci sono molte ricerche in corso su questo topic e sarà molto più facile trovare le cure adatte".

Anche i bambini possono soffrire di Long Covid?

"L'impatto sui bambini potrebbe essere davvero devastante. Ci sono studi iniziali che dimostrano come alcuni sintomi rilevati nella popolazione adulta, tra cui anche il diabete, vengano rilevati ugualmente nei pazienti più giovani, oltre a quelli più comuni come la stanchezza. In Norvegia, ad esempio, quest'ultimo sintomo è stato riscontrato all'incirca in un bambino su 16 che avevano avuto il Covid, ed è un numero abbastanza grande che preoccupa, perché il Long Covid può impattare in maniera davvero negativa sulla loro educazione, sulla salute mentale e in generale sul loro sviluppo".

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