Julian Assange è stato arrestato a Londra: in manette il fondatore di Wikileaks
Julian Assange è stato arrestato: è finito in manette il fondatore di Wikileaks. Lo riporta la BBC, che cita fonti della polizia britannica, sottolineando che il giornalista di origine australiana è stato fermato da Scotland Yard dopo sette anni nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra. Proprio il Paese sudamericano gli aveva revocato l'asilo e l'ambasciata di Quito nella Capitale britannica lo ha espulso dall'edificio. Gli agenti hanno agito con un mandato d'arresto emesso dalla corte di Westminster il 29 giugno 2012, sottolineando che resterà al momento in custodia alla stazione centrale di polizia di Londra in attesa di comparire davanti ai magistrati "appena possibile".
La conferma dell'arresto di Assange è arrivata anche dal ministro dell'Interno britannico, Sajid Javid: "Posso confermare che Julian Assange, 7 anni dopo essere entrato nell'ambasciata ecuadoriana, è ora sotto custodia della polizia per affrontare debitamente la giustizia del Regno Unito", ha detto poco fa, aggiungendo ancora: "Voglio ringraziare l'ambasciata dell'Ecuador per la sua cooperazione e la polizia per la sua professionalità: nessuno è al di sopra della legge". La premier britannica Theresa May ha invece confermato la richiesta di estradizione da parte degli Usa nei confronti di Assange, lasciandone la valutazione al giudizio delle corti britanniche.
Il video dell'arresto di Assange
È apparso irriconoscibile Julian Assange in un video che racconta il momento del suo arresto nell'ambasciata ecuadoriana a Londra: come si vede dalle immagini trasmesse da Sky News, è stato sollevato e portato via di peso da sette agenti in borghese della polizia di Londra. Aveva in mano un libro di Gore Vidal.
Le reazioni nel mondo
"L'arresto di Assange, dopo 7 anni di ingiusta privazione di libertà, è una inquietante manifestazione di insofferenza verso chi promuove trasparenza e libertà come WikiLeaks. Amici britannici, il mondo vi guarda, l'Italia vi guarda. Libertà per Assange", è stato il commento del sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, in un tweet. Contro l'operazione si è detta anche Mosca, che ha accusato pubblicamente la Gran Bretagna di aver "strangolato la libertà" con il fermo di Assange. Più precisamente, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha detto che "la mano della democrazia stringe la gola della libertà". L'ex presidente dell'Ecuador Rafael Correa, che aveva concesso l'asilo politico al fondato di Wikileaks, ha invece accusato di "tradimento" il suo successore Lenin Moreno per aver consegnato il giornalista alla polizia britannica: "Così ha messo a rischio la vita di Assange e umiliato l'Ecuador. Moreno è un corrotto ma quello che ha fatto oggi è un crimine che l'umanità non dimenticherà mai".
Non si è fatto attendere neppure il commento di Edward Snowden, ex analista dell'Nsa e gola profonda del Datagate esiliato a Mosca. "Le immagini dell'ambasciatore dell'Ecuador che invita i servizi britannici nell'ambasciata per trascinare via un giornalista vincitore di premi fuori dall'edificio finiranno nei libri di storia – ha continuato su Twitter -. I critici di Assange possono esultare, ma questo è un momento buio per la libertà di stampa".
La difesa di Wikileaks
Alla notizia dell'arresto di Assange non si è fatta attendere la ferma condanna di Wikileaks, che su Twitter ha accusato l'Ecuador di aver violato la legge internazionale "mettendo fine in maniera illegale all'asilo politico" del giornalista, che è stato arrestato dentro e non fuori le mura dell'ambasciata di Quito a Londra dalla polizia britannica. Per altro, proprio l'organizzazione la scorsa settimana aveva lanciato l'allarme sostenendo che a breve Assange sarebbe stato espulso dall'edificio in cui si trovava come rifugiato e arrestato dalle autorità inglesi. Il ministro degli Esteri, Jose Valencia, non aveva commentato apertamente la soffiata ma aveva fatto sapere che il suo governo stava riesaminando l'asilo che gli era stato concesso.
Sempre secondo Wikileaks ci sono la Cia e altri poteri dietro la caccia a Julian Assange. "Assange – twitta l'organizzazione da lui fondata per diffondere documenti segreti scomodi – "è un figlio, un padre, un fratello. Ha vinto decine di premi di giornalismo ed è stato nominato per il Nobel per la pace dal 2010. Ma attori potenti, inclusa la Cia, sono impegnati in un sforzo sofisticato per disumanizzarlo, delegittimarlo e imprigionarlo".
Chi è Julian Assange
Classe 1971, Julian Paul Assange è un giornalista di origine australiana noto soprattutto per la sua collaborazione al sito Wikileaks, del quale è cofondatore, dal 2007, e caporedattore. Il 28 novembre 2010 l'organizzazione rende di pubblico dominio oltre 251mila documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come "confidenziali" o "segreti" riguardanti la guerra in Iraq e Afghanistan. Sempre nel 2010 il tribunale di Stoccolma spicca un mandato d'arresto in contumacia nei suoi confronti con l'accusa di stupro, molestie e coercizione illegale, da parte di due donne, con cui avrebbe avuto rapporti non protetti (caso poi archiviato nel 2017) durante una conferenza di Wikileaks nella capitale svedese. L'australiano è arrestato in Gran Bretagna, e poi rilasciato su cauzione. Nel frattempo la Svezia presenta una richiesta di estradizione alle autorità britanniche: secondo alcune fonti, tale richiesta sarebbe finalizzata a estradarlo in realtà negli Stati Uniti dove lo attende un processo per spionaggio, che potrebbe costargli l'ergastolo e anche la pena di morte. Nel novembre del 2011 l'Alta corte di Londra dà il via libera all'estradizione richiesta dalla Svezia e verso metà giugno 2012 la stessa Corte rigetta il ricorso contro l'estradizione. Assange si sarebbe dovuto presentare in tribunale il 12 giugno di quell'anno, ma non lo fa e si rifugia subito dopo presso l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, chiedendo asilo politico in quanto perseguitato.
Anche gli Stati Uniti ne hanno chiesto l'estradizione, in modo da poterlo processare per aver reso pubblici i loro segreti. È, infatti, possibile che proprio Washington abbia fatto pressioni sul governo ecuadoriano per la revoca dell'asilo, dal momento che il nuovo presidente, Lenín Moreno, eletto nel 2017, sembrava avere meno a cuore la questione di Assange rispetto al suo precedessore, Rafael Correa. Tuttavia, proprio Moreno ha fatto sapere, poco dopo l'arresto, che Julian Assange non sarà estradato in un Paese che applica la pena di morte.