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Guerra in Ucraina

Lo studioso che aveva previsto la guerra in Ucraina: “Putin è come Hitler, la prossima è la Polonia”

“Se serve un attacco nucleare, lo zar non esiterà”, dice il sociologo Yudin: “Deve vincere per forza”. Al Cremlino “Un nuovo Hitler”, e personaggi “devoti di un culto nazista”: “Lo dimostra il simbolo della Z”.
A cura di Redazione
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Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

“Putin agisce come Hitler: dopo Kyiev toccherà a Varsavia”. Greg Yudin, sociologo e professore di filosofia politica alla Scuola di scienze economiche e sociali di Mosca (Msses, conosciuta in Russia come “Shaninka”), da almeno due anni avvertiva dell’inevitabilità dell’attacco all’Ucraina, tra lo scetticismo di esperti e intellettuali. Ha anticipato per filo e per segno quel che sarebbe successo.  E prevede il peggio per il futuro: è certo che lo zar “non si fermerà” e cercherà una vittoria militare “anche a costo di scatenare un conflitto nucleare e distruggere il pianeta”. Non esita a definire “nazista” la deriva in atto in patria e la strategia bellica del Cremlino. Dove, secondo una sua fonte, abbondano gli ammiratori del fürher. Yudin all’inizio del marzo scorso fu fermato e picchiato dalla polizia durante una manifestazione contro la guerra. Si trova ancora a Mosca, dove l’ha raggiunto Fanpage.it. E non ha perso il coraggio di dire quello che pensa.

Lei aveva previsto in tutte le sue modalità quella che il Cremlino definisce “operazione militare speciale”. Compreso il fatto che non si sarebbe limitata al Donbass. Come faceva ad essere così sicuro di ciò che poi sarebbe effettivamente avvenuto?

Era ovvio fin dal 2020, quando Putin ha fatto del Paese una “monarchia elettorale” (con gli emendamenti costituzionali che gli consentono di restare al potere fino al 2036, ndr) per poi distruggere il dissenso, imprigionando Alexey Navalny dopo il suo avvelenamento, e arrestando altre figure dell’opposizione. Se ti fai imperatore ed elimini ogni dissenso interno, significa che ti stai preparando ad un confronto con nemici esterni.

Perché Putin ha voluto un conflitto proprio adesso?

È una guerra difensiva, per lui. Non sta attaccando, si difende. Ha paura della situazione. Che vedeva brutta. Internamente, a causa di una crescente stanchezza per il suo potere, in particolare tra i giovani. Esternamente, perché l’Ucraina stava diventando uno stato garantito militarmente dagli Stati Uniti. Putin non vede differenza tra minaccia interna e minaccia esterna. Non crede al concetto di opposizione: se sei russo non puoi essere contro Putin. Altrimenti sei solo un “traditore”. Ogni forma di dissenso interno è percepita come la proiezione di un conflitto esterno. Per Putin, le proteste di piazza erano il segnale di un’incursione Nato nel suo territorio. E la questione ucraina una continuazione dei suoi problemi interni.  Doveva intervenire subito. Attendendo oltre, rischiava di non essere più in grado di capovolgere le tendenze in atto. E poi ha ritenuto che la Russia avesse un vantaggio militare: la possibilità di usare i missili ipersonici, in particolare. Vantaggio temporaneo da capitalizzare velocemente. Inoltre le riserve finanziarie accumulate erano al massimo, così come la dipendenza dell’Europa dal gas russo. In più, poteva sperare di trarre benefici dalla polarizzazione politica in America e dal cambio di guardia al governo in Germania. Insomma, ha visto una finestra di opportunità per agire. Un’azione necessaria per la sua stessa esistenza. Perché si ritiene fisicamente minacciato. Pensa che se non conquista l’Ucraina è un uomo morto.

In che senso?

Putin si sente messo all’angolo. È anziano e all’antica. Neanche usa internet. Vede una popolazione sempre più coinvolta nella cultura globale, dominata dall’Occidente. E tutto ciò gli sembra un’operazione contro Mosca. Il regime accusa l’Occidente di rovinare la gioventù proponendo valori incompatibili con la Russia. Putin percepisce un rischio crescente. Le manifestazioni per la trasparenza delle elezioni amministrative di Mosca (nell’estate del 2019, ndr) , con una sorta di coalizione fino ad allora impensabile fra Navalny e il partito comunista, lo hanno terrorizzato. Così come i movimenti locali nel nord della Russia (in particolare nella città di Khabarovsk, in Siberia dove nel 2020 le proteste durarono mesi, ndr). E poi la mobilitazione a sostegno di Navalny nel 2021. Una rivolta diventava ipotizzabile. C’è stata contro Lukashenko in Bielorussia. Un Paese non molto differente dalla Russia, per cultura politica.

E che c’entra l’Ucraina?

Putin teme la Nato. Credo sia sempre stato sottostimato l’effetto su di lui della morte di Gheddafi. Che stava per sconfiggere l’insurrezione contro il suo regime. Ma l’intervento della Nato e la no-fly zone subito implementata condannarono il rais. Putin ne restò scioccato e si infuriò a posteriori per non aver opposto il veto della Russia nel Consiglio di sicurezza dell’Onu (Mosca si astenne, così come la Cina, l’India, la Germania e il Brasile, ndr). Oggi Putin considera la Nato una minaccia esistenziale. Pensa che se ci fosse una rivolta in Russia sostenuta da militari, la Nato interverrebbe. E che interverrebbe dall’Ucraina, Paese ostile. Per ucciderlo.

E quindi, la decisione per l’ “operazione militare”. Ma Putin adesso si fermerà? In particolare, se l’Europa proponesse un “accordo di convenienza” per la pace –  come propongono alcuni commentatori – Putin lo accetterebbe?

No, non c’è assolutamente questa possibilità. A questo punto, ha bisogno del controllo militare dell’Ucraina. Altrimenti, dal suo punto di vista e per i motivi che ho spiegato, si sentirebbe spacciato.

Putin potrebbe invadere la Polonia?

Credo che sia estremamente probabile. Per i comandanti militari russi, questa non è una guerra fra Russia e Ucraina. L’Ucraina non esiste (russi e ucraini sono “un solo popolo” sostiene lo stesso Putin, ndr). Per loro, questa è una guerra contro la Nato, contro l’Occidente, contro l’America.

Quindi dopo Kyiv potrebbe toccare a Varsavia.

Assolutamente sì. Quella che abbiamo visto finora è solo la prima fase di un ben più vasto piano di aggressione militare. Varsavia probabilmente sarà il prossimo obbiettivo. L’attacco potrebbe avvenire presto, se le consegne di armi attraverso la Polonia verranno ritenute atti di guerra contro la Russia. Se però quei rifornimenti non impediranno ai russi di conquistare l’Ucraina, l’invasione potrebbe essere rimandata. Ma ho pochi dubbi che ci sarà. L’ex presidente Medvedev ha appena pubblicato una lettera piena di animosità nei confronti dei governanti polacchi. E c’è un articolo firmato da Putin (sul National Interest del 18 giugno 2020, ndr),  in cui si esprime una chiara, anche se delirante, visione della storia del Ventesimo secolo, e si dice che la Polonia è responsabile della Seconda guerra mondiale. Si sostiene che la Polonia è il male, e che deve essere punita. Sì, credo che la Polonia sia di fronte a un imminente pericolo.

Non sarebbe in pericolo solo la Polonia, con una simile escalation…

In realtà, credo che l’intero pianeta sia davvero in pericolo. Il Cremlino non può in alcun modo accettare di perdere. Se è necessario un attacco nucleare, lo si farà. Se serve la distruzione del pianeta, lo si distruggerà. Ma la sconfitta non è presa in considerazione.

Quindi l’opzione nucleare non è da escludere. 

È certamente sul tavolo, nessun dubbio in merito.

Questa situazione è comparabile a quella che nel 1938 vide protagonista la Germania nazista?

È molto simile. Quello che vediamo oggi in Russia è il prevalere di un forte elemento identitario, connotato dalla ricerca di una “purificazione”. Come allora in Germania. Non è ancora vero totalitarismo ma lo sta diventando. E poi c’è la strategia militare. Abbiamo assistito a un’aggressione imperialista, perpetrata con la convinzione che l’Europa avrebbe scelto l’appeasement. Esattamente quel che fece Hitler, sicuro che gli europei non sarebbero mai intervenuti, perché deboli. E Putin è sicuro che gli europei siano deboli e che non interverranno. Pensa che nessuno rischierà una guerra nucleare per la Polonia. La situazione è analoga a quella del 1938-39.

Non vorrà mica dire che Putin è un nuovo Hitler?

È proprio così. Capisco quanto possa sembrare azzardato. Faccio questo paragone per la prima volta qui, oggi. Ho sempre pensato che fosse sciocco comparare qualcuno a Hitler. Ma adesso come scienziato sociale, assistendo a molte equivalenze strutturali, non posso non dire che in Russia vedo agire una deriva nazista. Non tanto fascista, ma proprio nazista. Quello che stanno facendo in Ucraina è nazista. E il modo in cui stanno ristrutturando la società in patria ha qualcosa di simile al nazismo. Non è uguale, ma simile.

Ma il governo russo sostiene che lo sta combattendo, il nazismo.

Perché da almeno 15 anni a questa parte la legittimità del regime è stata costruita sulla glorificazione della vittoria nella “Grande guerra patriottica” (la Seconda guerra mondiale per i russi, ndr). Che ha occupato un sempre maggior spazio nella memoria storica. E a un certo punto la contrapposizione tra la Russia e l’Occidente si è identificata con la contrapposizione che ci fu tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista.

Una narrativa che funziona tra la gente. E anche un gioco di specchi. Qual’è la realtà?

“Non hai idea di quanti ammiratori di Adolf Hitler ci siano nel Cremlino”, mi confidò solo nell’autunno scorso una persona che ha molte connessioni ai vertici del potere. Questi soggetti  – secondo la mia fonte – ritengono che Hitler abbia commesso errori ma che se fosse stato più saggio avrebbe trionfato. Allora rimasi sbalordito e non volli crederci. Ma ora sono certo che sia vero. Perché con quelle mezze svastiche che hanno tirato fuori…

Si riferisce alle “Z” simbolo dell’”operazione militare” in corso?

Sono mezze svastiche. Nient’altro. Le persone che hanno inventato questo simbolo sapevano benissimo quel che stavano facendo. Chi si occupa dell’ideologia fa tutto con uno scopo. Oggi sono del tutto certo che ci sia un seminascosto culto di Hitler nella élite russa. Non so quanto esteso. Ma c’è.

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