L’Irlanda verso le elezioni europee 2024: l’isola distante da Bruxelles
Se qualcuno vi chiedesse di immaginare una plenaria del Parlamento europeo, probabilmente pensereste a un'aula molto grande, piena di uomini e donne con addosso completi formali, intenti a discutere di cose importanti. E non vi immaginereste di vedere tra quei banchi un uomo con i capelli lunghi e bianchi, portati sciolti, che indossa la maglietta di una squadra di calcio, di un Paese che non è nemmeno il suo. Invece esiste. Si chiama Mick Wallace, è un eurodeputato irlandese che un giorno si è presentato a Strasburgo con la maglietta del Torino e, parlando al microfono, ha augurato alla Juve di perdere.
Non è l’unica ragione per cui negli anni Wallace ha fatto parlare di sé. Spesso ha attirato l’attenzione per casi giudiziari – come quando è stato arrestato in aeroporto mentre cercava di salire su un aereo militare statunitense – o per le opinioni controverse in politica estera – come quando si è rifiutato di condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina o quando ha detto che Taiwan fa parte della Cina. Dopo cinque anni al Parlamento europeo ha deciso di ricandidarsi, ed è ufficialmente in corsa per le elezioni di giugno 2024.
Il Podcast di Fanpage.it che racconta l'Ue al voto
Fanpage.it ha realizzato un podcast che si chiama "Inversione a Eu" e racconta tutti i Paesi membri e le regioni dell'Unione verso le elezioni, tra equilibri politici nazionali e sfide europee: si può ascoltare al link di seguito.
Gli eurodeputati irlandesi al Parlamento europeo
A Dublino ciò che accade a Bruxelles è percepito con una certa distanza. E le elezioni di giugno non fanno eccezione: sono considerate quasi come delle prove generali in vista di quelle nazionali in calendario per il prossimo anno. Ma le impressioni sono una cosa, i fatti un’altra. Per le prossime elezioni europee l’Irlanda andrà al voto l’8 giugno ed eleggerà 14 eurodeputati, uno in più di quelli di cui dispone attualmente. Gli irlandesi tornano a votare qualche mese dopo un referendum che voleva rendere la Costituzione meno sessista. Che però, non è stato approvato, costringendo il primo ministro in carica a dare le proprie dimissioni.
Al momento sono 13 i parlamentari irlandesi a Strasburgo. La maggior parte – cinque – appartiene al PPE, cioè del gruppo dei Popolari europei, il principale schieramento al Parlamento Ue, di centrodestra. Altri quattro, fanno parte del gruppo della Sinistra; e ancora, due dei liberali di Renew, altri due al gruppo dei Verdi.
Rispetto ai rappresentanti di altri Paesi, gli irlandesi hanno una particolarità. Al di là delle posizioni controverse di Mick Wallace, di cui abbiamo parlato all’inizio, sui principali dossier europei tendono a pensarla allo stesso modo. Ad esempio quando è stata votata la legge sul ripristino della natura, una legge che puntava a risanare parte degli ecosistemi danneggiati dall’uomo e che è stata opposta dalla destra, i conservatori del Fine Gael si sono espressi in contrasto con la linea dettata dal loro gruppo, il PPE, adottando la stessa posizione dei colleghi della Sinistra e dei Verdi.
Il nuovo premier, Simon Harris
Il Fine Gael, letteralmente Famiglia degli Irlandesi, è il partito del nuovo premier Simon Harris. Ex ministro dell’Istruzione, il primo ministro più giovane che il Paese abbia mai avuto. È subentrato a Leo Varadkar, un esponente del suo stesso partito, che si è dimesso per ragioni “politiche e personali” dopo la sconfitta sul referendum costituzionale. Un referendum particolarissimo, che voleva togliere dalla Costituzione una serie di riferimenti antiquati rispetto al ruolo delle donne e della famiglia nella società. Che, però, non ha avuto fortuna.
Ma torniamo agli eurodeputati irlandesi. Anche sulla guerra in Medio Oriente, un’altra questione centrale per l’Unione europea, le prese di posizione – al di là dei toni con cui sono state espresse – nel loro nucleo essenziale non tendono a essere troppo diverse. Del resto, il nuovo premier Harris – un conservatore, lo ricordiamo – in uno dei suoi primi discorsi ha usato parole molto chiare sulla guerra a Gaza, che hanno ricevuto sostegno bipartisan.
Harris in particolare si è detto “disgustato” dalle azioni del premier israeliano Netanyahu. Il partito di sinistra Sinn Fein – letteralmente "Noi stessi" in gaelico, la prima forza politica nel Parlamento irlandese – gli ha dato ragione, ribadendo la sua solidarietà al popolo palestinese e a condannando le azioni militari israeliane.
La posizione di Dublino in politica estera
I deputati irlandesi al Parlamento europeo sono stati tra i più decisi a chiedere un cessate il fuoco in Palestina. Sono spesso intervenuti nei dibattiti prendendo le difese della popolazione palestinese e attaccando Israele e i suoi alleati.
Mick Wallace, ad esempio, di cui parlavamo all’inizio, in uno dei suoi discorsi, ha accusato gli Stati Uniti e l’Europa di sostenere un vero e proprio genocidio a Gaza, perchè – e qui cito – “hanno ancora un mindset colonialista, sono razzisti e non vedono i palestinesi come loro eguali”. Magari non tutti useranno parole di questo tipo, ma la linea è simile. Ed è probabile che lo rimanga anche dopo giugno, indipendentemente dal risultato che uscirà alle urne.
I sondaggi in vista del voto
I sondaggi ci dicono che la sinistra dovrebbe come minimo mantenere o addirittura aumentare i propri rappresentanti, che potrebbero superare nei numeri i conservatori. Il Sinn Fein è in vantaggio di diversi punti sul Fein Gael, piantonato dai liberali. I Verdi, invece, faticano a imporsi, così come i Laburisti, che in Europa fanno parte del gruppo dei Socialisti. Se nel 2019 i Verdi erano riusciti a eleggere due eurodeputati, i Laburisti nemmeno uno: difficilmente ci riusciranno questa volta.
Le previsioni, però, sono difficili. L’interesse per gli affari europei da parte dei cittadini irlandesi rimane basso e non è detto che nel voto di giugno si realizzi quanto ci dicono i sondaggi nazionali, per quanto precisi possano essere. Bisogna tenere in considerazione che, quando si tratta delle elezioni europee, l’astensionismo tende a essere molto alto. L’ultima volta un irlanedese su due non è andato a votare. Con così tanti elettori che non si esprimono, ogni ipotesi resta tale.