L’Iran giustizierà un disabile psichico accusato di aver preso parte alle proteste contro il regime
Javad Rouhi, un uomo iraniano di 35 anni affetto da una grave disabilità mentale, è stato arrestato, torturato e condannato a morte in Iran: la polizia lo accusa di aver preso parte a una manifestazione di protesta a Nowshahr, nella provincia di Mazandaran, e di aver appiccato un incendio, bruciato un Corano e fatto irruzione nel quartier generale delle forze di sicurezza. I fatti risalgono ad alcuni mesi fa e si riferiscono a una delle prime proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini.
Lo scorso 3 gennaio, come ricorda Avvenire, gli è stata comminata la pena capitale con tre accuse generiche: guerra contro Dio, corruzione sulla Terra e apostasia. Il 35enne era inoltre stato accusato di "incitamento a combattere e uccidersi a vicenda" in relazione ai fatti di Nowshahr. Non gli sarebbe stato riconosciuto il diritto di scegliersi un avvocato. Il capo della giustizia della provincia ha dichiarato che Rouhi avrebbe "confessato di aver distrutto il quartier generale e di avergli dato fuoco". Le organizzazioni per i diritti umani affermano che l’uomo è stato costretto a fare quelle ammissioni dopo torture talmente brutali che ora non riesce più a parlare né a camminare, ed è diventato incontinente.
Le Ong sottolineano che non esistono prove concrete del suo coinvolgimento nei disordini. E anche l’avvocato scelto dallo Stato per difenderlo, Habibullah Qazvini, ha dichiarato che il suo cliente non sapeva che un Corano fosse stato bruciato, e che in ogni caso "i filmati delle telecamere a circuito chiuso e le dichiarazioni di Javad Rouhi mostrano soltanto la sua presenza nel luogo del raduno e non ci sono prove che abbia partecipato all’incendio e alla distruzione di proprietà pubbliche".
I giudici hanno spiegato che il verdetto di colpevolezza sulle accuse di istigazione è in relazione alla morte di cinque persone, tutti manifestanti apparentemente uccisi da agenti di sicurezza. Insieme a Javad, sono stati condannati a morte due ragazzi: Mahdi Mohammadifad, 19 anni, e Arshia Takdastan, 18 anni. Sinora la magistratura iraniana aveva confermato 18 condanne a morte e messo a morte quattro dimostranti.