Libia, proteste a Tripoli. Gheddafi cerca di corrompere i ribelli
Al termine della preghiera del venerdì nella moschea di Tripoli, diverse centinaia di persone si sono concentrate nel quartiere di Tajoura, scenario nei giorni scorsi delle proteste contro il regime, gridando frasi come "Gheddafi è il nemico di Dio". Immediatamente i mercenari ed i militari dispiegati dal regime nei dintorni del quartiere, hanno fatto irruzione nella protesta sparando in aria e lanciando gas lacrimogeni per disperdere la folla secondo quanto informa un giornalista dell'agenzia Reuters.
"Hanno sparato gas lacrimogeni. Ho ascoltato molti spari e la gente ha iniziato a correre per le strade" ha spiegato il giornalista. "Almeno 14 furgoni con uomini armati sono entrati nel quartiere per disperdere e terrorizzare la folla" ha aggiunto. Nella protesta nonostante la repressione di Gheddafi si respira un'aria di ottimismo, secondo i manifestanti ormai il colonnello ha toccato il fondo e dopo quaranta anni di crimini dovrà abbandonare il potere.
Il colonnello però, nonostante la minaccia di un probabile intervento militare da parte degli Stati Uniti in Libia, non vuole arrendersi e offre denaro a chiunque decida di appoggiarlo; secondo i media avrebbe inviato mediatori in molte città come Misurata, Al Zawiya e Nalut dove nei giorni scorsi ci sono stati duri combattimenti tra i ribelli e le forze del regime, offrendo agli abitanti molto denari in cambio della loro lealtà. A quanto pare però i ribelli hanno rifiutato l'offerta continuando a combattere. Infatti continuano gli scontri in tutto il paese ed i ribelli libici, dopo aver riconquistato Brega, si sono lanciati in una corsa sfrenata per conquistare Ras Lanuf, un'importantissima città portuale e petrolifera.
Nel porto della città si stanno affrontando in uno scontro violento le truppe di Gheddafi ed i ribellli, con quest'ultimi che sperano di riuscire a controllare la città già entro stasera. Il dittatore libico intanto ha continuato a bombardare Brega e Ajbadiya dove si trova un grande deposito di armi delle forze antigovernative, in un folle tentativo di restare al potere che ha causato già più di 10.000 vittime.