L’ex ambasciatore: “La Russia conta sulle crepe nella democrazia USA per vincere in Ucraina”
La spaccatura tra gli americani e la concreta possibilità di un’involuzione anti-democratica nel Paese leader dell’Occidente sono già una vittoria per Vladimir Putin. Che ora spera di poter contare proprio sugli USA per chiudere la partita con l’Ucraina. E rafforza la cooperazione tra le autocrazie, vedendo l’occasione per cambiare l’ordine mondiale.
"Per il Cremlino il fatto che gli Stati Uniti siano così profondamente divisi è un successo, e la campagna di disinformazione russa punta a provocare divisioni sempre maggiori", dice a Fanpage.it il diplomatico Usa Steven Pifer, che ha servito presso la legazione di Mosca ed è stato ambasciatore in Ucraina.
Disinformazione e interferenze hanno intanto agito sul voto in Georgia e in Moldavia, dove le fazioni pro-Russia hanno raggiunto risultati eclatanti. Con brogli e corruzione orchestrati da Mosca, accusano — prove alla mano — i loro avversari politici. Le azioni di guerra ibrida e l’attività diplomatica sembrano essere parte di un unico piano.
Tra un’elezione e l’altra nelle due ex repubbliche sovietiche, Putin ha potuto esibirsi su una passerella internazionale ponendosi alla guida dei Brics riuniti a Kazan. Il suo appello alla crociata anti-occidentale non è stato recepito dai Paesi del club. Ma il summit nella capitale del Tatarstan, Federazione Russa, ha dimostrato che lo zar è tutt’altro che isolato.
Tra autocrati ci si aiuta
Per sottolineare di essere il comandante del campo anti-liberale mondiale, Putin ha ottenuto l’invio in Russia di un contingente di soldati nordcoreani. Tra 8mila e 12mila uomini, secondo i servizi di sicurezza ucraini e statunitensi.
Nessuna smentita ma un’implicita conferma, nel corso del vertice “strategico” a Mosca tra Sergey Lavrov e la sua omologa di Pyongyang: "Saremo a fianco dei compagni russi fino alla vittoria in Ucraina", ha detto la ministra degli Esteri di Kim Jong-hun. "Ogni eventuale presenza di nostre truppe sul teatro bellico sarebbe conforme al diritto internazionale".
Nel giugno scorso, Russia e Corea del Nord hanno firmato un accordo di Difesa. Prevede assistenza militare nel caso di un attacco contro uno dei due contraenti. Dall’agosto del 2023, Pyongyang ha fornito all’alleato 13mila container pieni di pezzi d’artiglieria, missili e munizioni. Usati ogni giorno contro Kiev, secondo il governo ucraino.
Se le armi di Kim Jong-hun sono state cruciali per ricostituire le scorte russe in via di esaurimento, l’invio dei soldati ha valenza più politica che bellica. "Anche se fossero davvero 12mila, e venissero tutti dispiegati in linea, costituirebbero solo tra l’1,5 e il 2 per cento delle forze russe attualmente impiegate: troppo poco per cambiare i giochi", spiega a Fanpage.it l’analista militare Dmitry Kuznets, che segue la guerra per la testata russa indipendente — con sede in Lettonia — Meduza.
Un effetto politico dell'apparire del contingente nordcoreano è stato immediato: ha provocato le ire di Volodymyr Zelensky nei confronti degli Stati Uniti, biasimati per non aver protestato. Zelensky ha ragione. Washington è distratta. Troppo impegnata a seguire Donald Trump e Kamala Harris scannarsi tra loro, per pensare alle minacce esterne.
Mosca avanza in Ucraina
Intanto, Kyiv sta cercando di contenere quella che il Capo di stato maggiore Oleksandr Syrskyi definisce "una delle più potenti offensive" dall’invasione. I dati di intelligence geospaziale di Black Bird rivelano un’accelerazione nell’avanzata russa: 400 chilometri quadrati in agosto, 421 in settembre, 486 in ottobre. "Oltre metà dei progressi da inizio anno sono stati realizzati negli ultimi tre mesi", nota Pasi Paroinen, l’analista che li ha calcolati.
Guardando una carta geografica ci si rende conto che il territorio ucraino conquistato nel 2024 resta esiguo. Ma la qualità dell'avanzata è cambiata: "I russi stanno prendendo città e fortificazioni a una velocità che non rende possibile agli avversari di ricostruire le difese in posizione più arretrata", afferma Paroinen. Soprattutto, "gli attacchi adesso sono mossi da unità meccanizzate". Cosa che finora non era avvenuta.
"L’utilizzo di mezzi corazzati anziché di piccoli gruppi di fanteria ha permesso ai russi di velocizzare la loro offensiva", concorda Dmitry Kuznets. Se questa tendenza si conferma, ritiene il suo collega di Black Bird, "la guerra si trasformerà da statica in semi-mobile o mobile, rendendo più difficile alle esauste forze ucraine organizzare la resistenza". Le trincee, protagoniste del conflitto negli ultimi due anni, presto potrebbero non servire più.
Lo stato delle cose
Tutto questo non significa che le forze armate di Zelensky siano sull’orlo del collasso: "Continuano a difendersi, indietreggiando il meno possibile, il morale per ora tiene", sottolinea Kuznets. "Per capire come si mettono le cose, dobbiamo aspettare l’inverno".
L’analista di Meduza fa presente che nemmeno gli invasori hanno il morale alle stelle. La tattica del loro nemico impone perdite agghiaccianti per ogni nuovo chilometro quadrato occupato. E le carenze nella pianificazione strategica rendono gli attacchi poco efficaci rispetto al potenziale.
Sul fronte del Donbass, lo sforzo bellico russo si concentra ora su Kurakhove, cittadina di 18mila abitanti a sud di Pokrovsk, nella oblast di Donetsk. "Kurakhove è uno snodo logistico e un bastione difensivo per l’intera regione", evidenzia Kuznets. Situazione “non più critica” sul fronte di Toretsk e Pakrovsk, che fino a due mesi fa erano stati i bersagli dell’avanzata di Mosca. Per raggiungere gli obiettivi minimi della guerra di Putin, i russi devono catturare le città di Kramatorsk e Sloviansk.
Gli ucraini continuano a controllare circa 1200 chilometri quadrati della oblast di Kursk, in Russia. Hanno perso qualche posizione ma ne hanno consolidate altre. È su quel fronte che potrebbero venir schierati i nordcoreani. Kiev vi impiega la 47a Brigata meccanizzata, reparto di élite con carri armati Abrams e corazzati Bradley.
Uno spreco, sostengono molti analisti. L’operazione Kursk ha però "motivi politici validi", rimarca Kuznets: "Dimostra che l’Ucraina può portare la guerra sul territorio nemico". Potrebbe tornare utile, a un futuro tavolo negoziale.
Guerra senza fine
"Un cessate il fuoco è improbabile: a meno che i russi si fermino per esaurimento delle forze, continueranno lentamente a conquistare terreno", prevede Paroinen. "La priorità degli alleati dell’Ucraina dovrebbe essere quella di aiutare Kiev a stabilizzare la situazione e preservare l’esercito allontanando lo spettro di una rotta".
Le divisioni politiche interne ai Paesi che sostengono l’Ucraina alimentano dubbi sulla volontà di continuare l’invio di armi e soldi a Kiev. Per stabilizzare l’andamento della guerra, a Zelensky servirebbe almeno il via libera al lancio di missili a lungo-raggio su obiettivi militari in Russia. Ma l’eventualità sembra quanto mai improbabile.
L’opportunismo del Cremlino
Al Cremlino si è soddisfatti dell’andamento delle cose. Le fratture politiche dell’Occidente, favorite o meno dalla guerra ibrida di Mosca, confermano il calcolo di Putin. Al Cremlino si è anche coscienti che questa guerra, che doveva concludersi in pochi giorni con l’asservimento di Kiev, è andata male. Ma grazie alle spaccature politiche in Occidente, potrebbe finire nel migliore dei modi.
Se Putin continua a ripetere che non ci sarà pace finché tutti gli obiettivi della Russia non saranno raggiunti, è perché spera di raggiungerli con uno stop dell’aiuto militare occidentale a Kiev. Con il conseguente crollo militare, politico e infine statuale dell’Ucraina. Le presidenziali americane potrebbero diventare l’autostrada per arrivare allo scopo desiderato.
Anche se la spuntasse Kamala Harris, la necessità di ricomporre la frattura interna tenendo conto delle istanze dei vinti preluderebbe a un minor impegno nei confronti di Zelensky e degli alleati, dicono alcuni analisti. Fatto sta che la Harris ha dichiarato di voler continuare a sostenere Kiev e la Nato. E che sembra parecchio scettica su Putin. "Da ex procuratore, Kamala potrebbe indossare metaforicamente i panni dell’accusa contro il “criminale” Putin", ha notato l’esperto dell’Atlantic Council Brian Withmore a Kiev durante una conferenza il 1° novembre.
Un autocrate in casa
La realtà è che una vittoria di Trump sarebbe una vittoria anche per Putin. "Il Cremlino diverrebbe un vincitore delle nostre elezioni”", dice Steven Pifer, che dopo 26 anni di carriera diplomatica è oggi un accademico di Brooking Institutions. "Trump mette in dubbio il valore degli alleati e delle alleanze, ha dichiarato che porrebbe fine agli aiuti degli Stati Uniti all’Ucraina, e ha una strana affinità con Putin: non ho dubbi che il leader del Cremlino accoglierebbe con favore il ritorno di Trump alla Casa Bianca".
Uno dei più famosi e rispettati giornalisti americani, l’editorialista del New York Times Nicholas Kristof, due premi Pulitzer, ha scritto: "Ho coperto gli autoritarismi all’estero, oggi temo che potrei presto averne uno a casa".
Ogni paragone fra Trump e Putin è forzato. Ma la tendenza del candidato all’autoritarismo, e la sua simpatia per alcuni autocrati, sono assodate. Riconosciute dallo stesso interessato. Nel confronto in atto tra autocrazie e democrazie liberali, una sua vittoria non potrebbe che spostare l’ago della bilancia verso le prime. Kiev sarebbe la prima vittima del processo.
Zelensky ha cercato di mettersi nella posizione di poter dialogare con chiunque sarà il prossimo comandante in capo degli Usa. "Ma credo proprio che una presidenza Harris sarebbe molto meglio per l’Ucraina", conclude l’ambasciatore Pifer.