250mila persone su un continente che ne conta 446 milioni sono lo 0,05% della popolazione. 5 persone ogni 10mila, se volete contarle. 1 ogni 2mila, se preferite. L’omeopatia dell’accoglienza, in un mondo anche solo vagamente normale. E invece no: oggi i giornali italiani aprono con titoli come “La paura dell’Europa. Si rischia un ondata di 250mila profughi”.
Paura. Rischio. Come se la narrazione di quanto sta accadendo in Afghanistan, dove le ragazze nubili si barricano in casa per non essere sposate – verbo transitivo – a un guerriero talebano, dove le madri abbandonano o i figli neonati, gettandoli oltre il filo spinato tra le braccia di un soldato qualunque, dove dei ragazzi si siedono sul carrello di un aereo come se fosse il predellino di un autobus e cascano al suolo, dove gli assassini girano casa per casa a cercare i giornalisti sgraditi, dove tutto questo, insomma, non è che l’effetto collaterale del nostro rischio di incrociare un profugo afghano per strada, uno ogni duemila.
E del resto è quel che dice Emmanuel Macron, che ci toccherà fronteggiare un’emergenza chiamata immigrazione “clandestina”, come se ci fosse qualcosa di “clandestino” nel richiedere asilo politico. Ed è quel che dice Matteo Salvini, che si è offerto bontà sua di accogliere moglie e figli, ma non i padri e i fratelli, perché i maschi adulti che vengono da quelle parti là – si sa! – sono terroristi in potenza. Ed è quel che ha detto, con consumato aplomb da banchiere centrale il presidente del consiglio Mario Draghi, che accoglieremo chi ha collaborato con noi, ma basta così per carità, che i soldi ci servono per fare il ponte sullo Stretto.
E viene quasi da sorridere, di fronte a tutte le volte che in questi vent’anni abbiamo blaterato di civiltà superiore, di diritti umani universali, di spirito europeo, di fratellanza tra i popoli, mentre la realtà ci mostra impietosamente che l’idea che abbiamo di noi stessi, noi europei, è distante anni luce da ciò che siamo: un continente di vecchi impauriti dal prossimo, che pensa solo al proprio benessere, che si accaparra terze e quarte dosi di vaccino per poter uscire a bere lo spritz senza mascherina mentre a mezzo mondo manca ancora la prima, che di fronte a una catastrofe umanitaria tra le tante che finge di non vedere pensa solo a quel maledetto afghano su duemila.
Volevamo esportare la democrazia. Non siamo nemmeno in grado di offrire una briciolo di umanità. Questa è la vera lezione che abbiamo imparato dall’Afghanistan. Teniamola a mente, al prossimo conato di retorica.