L’eterno Natale di Kiev: perché tanti ucraini non hanno paura della guerra
I colori, su in alto, richiamano quelli della bandiera: il giallo del sole e il blu del cielo. Che poi, a pensarci bene, sono gli stessi dello stendardo Ue. Ma in basso, una volta che l’aereo è atterrato, fa freddo: meno 9 gradi la temperatura registrata a Boryspil, 40 chilometri da Kiev.
"Non avete paura?", ci chiede un’addetta al controllo documenti quando vede il passaporto europeo.
"Non crediamo più quando gridano al lupo, al lupo!"
Boryspil dista dieci minuti in auto dall’aeroporto e sembra un’infinita periferia, fatta di casermoni grigi e scrostati, evidentemente costruiti con il solo scopo di contenere persone e cose. Dentro, però, queste cose diventano case. Vladimir e Elena, 33 e 30 anni, ci accolgono nella loro: pulitissima, ordinata, ma soprattutto incredibilmente calda. Non solo in senso figurato. "Qui siamo abituati così, in casa si deve poter stare con le maniche corte", dice Elena mentre mette in tavola il borschi, una zuppa a base di barbabietola, da accompagnare con panna acida e aneto. "Ma negli ultimi tempi il prezzo del gas è molto aumentato". Già nel 2020, rivelava la Camera di Commercio italiana per l’Ucraina, le tariffe erano lievitate del 44% in tutto il Paese, fatta eccezione per le zone controllate dalla Russia. "Tutti i prezzi, in generale, sono cresciuti tantissimo", conferma Vladimir.
Invariata, invece, è la quotidianità. "Davvero, negli ultimi due mesi non è cambiato nulla – assicura Elena -, viviamo come abbiamo vissuto negli ultimi otto anni. La guerra non arriverà da noi, non crediamo più quando gridano ‘al lupo, al lupo!'". Ma è su un altro animale che si focalizza l’ormai storico nemico: "Se inviti un orso a ballare – recita un antico proverbio russo -, non sei tu, poi, che decidi quando finiscono le danze".
"Loro (i russi, ndr) vogliono solo farci cadere nel panico: se ci fermiamo facciamo il loro gioco – aggiunge Vladimir -. E poi a che cosa serve avere paura? Se ci sarà da combattere, combatteremo".
Intanto, nel condominio di fronte a quello della coppia, il rifugio antiaereo è già pronto. Dal 2014. Da fuori sembra una piccola veranda triangolare, propisciente allo stabile. Solo la targa apposta in alto ne tradisce la funzione: “Via Golovatogo, 4 – Rifugio semplice – numero KZ 100 – Capienza 1000 persone”. L’unico rifugiato, per ora, è un gatto nero.
"È tutto tranquillo, non vedete?"
Tutt’altro clima, pur con le stesse temperature, si respira a Kiev. Qui non c’è spazio per la desolazione, nemmeno nella famosa piazza Majdan, simbolo della rivoluzione arancione del 2004 e teatro, tra il 2013 e il 2014, degli scontri sanguinosi che portarono alla destituzione dell’allora presidente Viktor Janukovyč.
"L’Ucraina è un Paese fantastico!", dice entusiasta Oleksiy Yahno, 33 anni. Lavora in fabbrica, ma nel fine settimana, per arrotondare, mette un costume da orso gigante e insieme all’amico Pavlo (vestito da Transformer) si fa scattare foto con i bambini e i turisti davanti alla grande scritta “I love Kiev”, poco distante dalla piazza. "Non c’è la guerra, è tutto tranquillo, non vedete?".
In effetti la capitale ucraina sembra ibernata in un eterno Natale, con gli addobbi ancora appesi a quasi un mese dalla fine delle festività ortodosse e le luminarie in ogni dove. L’unico luogo austero è il palazzo del Comune, dove cerchiamo, senza successo, di intercettare il sindaco Vitalij Klyčko. Al suo posto parla con noi un dipendente comunale, a cui chiediamo un riscontro sulle notizie e le immagini che circolano sui media internazionali: "Quando Putin ha invaso la Crimea – commenta Vitaliy Butko -, non ha avvertito nessuno prima". Ma i civili che si addestrano a sparare nei boschi appena fuori città? "Sono solo esercitazioni – risponde Vitalij -, come uno sport. Questi corsi vengono fatti da diversi anni e nelle ultime settimane sembrano tornati di moda, ma la verità è che non è una pratica così diffusa".
E il manuale, quello che in copertina ha raffigurati un elicottero, un militare e un bambino con il suo papà, insieme alla scritta “In caso di emergenza o di GUERRA”? "Nessuno ce l’ha distribuito – dice Maria Vergun, 19 anni, nata e cresciuta a Kiev -, lo si può scaricare dal sito del Governo, se si vuole, ma non c’è da avere paura: mio papà è amico di diversi militari e loro hanno detto che sono tutte provocazioni, di non allarmarsi".
Resta il dubbio sui corsi di sicurezza militare per i bambini nelle scuole. Fuori da un istituto chiediamo ad Antonina Tkach, maestra elementare, che risponde ridendo: "Ai nostri alunni insegniamo solo ad amare e a rispettare il loro Paese. Non sapevo che all’estero circolassero queste notizie, non ha senso!".
Perché gli ucraini non hanno paura?
Invece il senso di questo scollamento tra ciò che si percepisce dentro e fuori l’Ucraina proviamo a trovarlo insieme a Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice dell’Istituto per gli studi di politica internazionale Ispi, esperta di Russia, Caucaso e Asia centrale: "C’è sicuramente – spiega Tafuro – da un lato l’esigenza, soprattutto del presidente Volodymyr Zelens'kyj, di rinsaldare il proprio consenso ottenendo aiuti economici e militari dall’occidente, ma dall’altro anche il tentativo di quietare gli animi, per rassicurare non solo i cittadini ma anche i mercati, che hanno risentito pesantemente della minaccia di guerra. Evitare cioè che alla crisi politica si affianchi quella economica, dato che l’Ucraina è già il Paese più povero d’Europa".
Un Paese, questa è la sensazione che si ha parlando con gli ucraini, che si sente pedina e non giocatore: "Vogliono difendere l’Europa, non noi, e vogliono attaccare l’Occidente, non noi – dice un taxista che in passato aveva studiato canto e ora intona orgoglioso, in italiano, qualche aria di Verdi -. Non credo che la gente qui sia ignara del pericolo, è che non lo vuole accettare, dato che è ingiusto: perché dovremmo morire per una guerra che non è nostra?".
"Da anni – ricorda Tafuro – gli studi accademici indicano l’Ucraina come micro-teatro di scontro in una guerra fra titani. D’altronde, prima del 2014 il Paese portava avanti una politica estera multivettoriale, cercando di ottenere vantaggi da entrambe le parti. Nella popolazione, oggi, la percezione del rischio varia a seconda della zona, ma soprattutto della maggiore o minore disponibilità di informazioni provenienti dai media occidentali. Non è invece un fattore discriminante l’essere russofoni".
E le posizioni politiche sono le più svariate: "Abbiamo più paura dell’America che della Russia – commenta Oleh Bondarenko, abitante del Donbass -. Gli americani influenzano molto i nostri politici, ma fanno i loro interessi, non quelli degli ucraini. La Russia ha le sue ragioni, sta difendendo il suo territori". "Putin è uno str* – spara senza mezzi termini Aliyev Bazhan, che fa il macellaio al mercato coperto di Kiev -. Ci sentiamo una via di mezzo tra europei e russi. Non è bello. Vorrei che l’Ucraina entrasse nell’Unione europea".
Crisi o guerra? Allarmismo o inconsapevolezza?
"Quello che dovrebbe davvero preoccupare – continua la Tafuro – è che questa tensione si trasformi nell’ennesimo conflitto congelato, in cui vengono messi in stand-by i processi diplomatici per i negoziati di pace. Parliamo di una guerra che va avanti da otto anni, dove sono morte e continuano a morire molte migliaia di persone: gli accordi di cessate il fuoco non sono rispettati, principalmente perché i due soggetti che li hanno sottoscritti, Russia e Ucraina, li interpretano in maniera antitetica".
"Non voglio che l’Ucraina si abitui a sentire gli spari"
I panni di questa tragedia cristallizzata li veste Veronika Melnik, 21 anni. Cammina lungo una via secondaria di Kiev con il mozzicone della sigaretta in mano, cercando un porta rifiuti che non trova. "Sono qui per studiare economia internazionale, ma vengo da Donetsk. O meglio, venivo". È molto tempo che Veronika non vive a casa con la sua famiglia: "Non avevo nemmeno 14 anni quando è scoppiata la guerra, sono stata due giorni sotto i bombardamenti, poi i miei genitori hanno deciso di mandarmi dai parenti in zone più sicure, per preservare la mia salute mentale". Lei paura ce l’ha. "Mi spiace che tanti ucraini prendano alla leggera questa faccenda, anche se probabilmente, se non fossi nata nell’est, anche io farei così. Sono preoccupata che la situazione degeneri e che tutto il Paese si abitui, come da me, a vedere i militari per strada e a sentire gli spari".