Che Vladimir Putin fosse un criminale di guerra, non ci voleva l’invasione dell’Ucraina per scoprirlo. Bastavano la Cecenia, o la Siria – dove tra bombardamenti a tappeto e assedi disumani si è macchiato di nefandezze anche peggiori di quelle che stiamo registrando in questi giorni – per scoprirlo, ma evidentemente noi eravamo un po’ distratti, e i ceceni e i siriani un po’ troppo lontani, scuri di pelle e musulmani.
Che Putin sia un pazzo e che le sue mosse in Ucraina siano guidate dall’istinto irrazionale di un sonnambulo in preda a manie di grandezza che gioca col mondo come Charlie Chaplin – Hitler, ne “il grande dittatore”,ecco, questo invece fatichiamo a crederlo, ancora oggi. Per quanto abbia reso possibile l’impossibile, facendoci ripiombare nell’incubo della guerra in Europa e della catastrofe nucleare cancellando trent’anni in dieci giorni, il presidente russo ha finora agito seguendo una logica fredda e razionale, scommettendo su cinque certezze che alla prova dei fatti si sono rivelate tali.
La prima scommessa vinta da Putin è che l’Occidente non sarebbe intervenuto militarmente in difesa dell’Ucraina, lasciando il presidente Zelensky, il suo esercito e il suo popolo soli a difendersi dall’invasione russa. Che l’eventualità di un terzo conflitto mondiale, evocato più volte dal presidente russo, bastasse per paralizzare i leader e le opinioni pubbliche occidentali, che tutto vogliono tranne che vedere tornare i propri figli in una bara, da Kiev. La solerzia con cui la Nato continua a ripetere che non ha alcuna intenzione di proclamare una no fly zone sopra i cieli ucraini è la dimostrazione plastica di questa evidenza: Putin ha attaccato convinto che avrebbe dovuto combattere solo contro gli ucraini, e ha avuto ragione.
La seconda scommessa vinta da Putin, che poi è un corollario della prima, è che giocare con l’incubo atomico funziona benissimo per terrorizzare l’Occidente. Fateci caso: Putin ha evocato più volte il ricordo all’arma atomica e ha portato la guerra attorno alle centrali, mentre noi non abbiamo mai usato il medesimo argomento contro Putin. Posto che probabilmente nemmeno Putin ha voglia di imbarcarsi in un conflitto atomico su scala globale, la sua credibilità nel minacciarlo lo mette nelle condizioni di poter trattare con la Nato da una posizione di forza: non quella di chi ha in mano l’arma più letale, ma quella di chi si fa meno problemi a usarla.
La terza scommessa vinta da Putin è che l’impero americano si sarebbe rivelato meno vasto e coeso di quanto crediamo e che ci sono Paesi al mondo che non vedono l’ora di mettere in crisi la leadership di Washington. Certo, la stragrande maggioranza dei Paesi, nell’assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’invasione russa in Ucraina. E certo, la scena di un intero emiciclo che si alza e se ne va quando inizia a parlare il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov dà la misura di un fronte molto ampio contro Putin. Dall’altra parte, però, sul versante degli astenuti ci sono Cina e India. E tra i Paesi tiepidi con la Cina c’è pure il Brasile di Bolsonaro, che ha invitato l’America a ripensarci sulle sanzioni. La forza di queste tre economie – che insieme alla Russia chiamavamo Brics, fino a qualche tempo fa – potrebbe essere l’embrione di un nuovo fronte geopolitico in grado di minare l’egemonia Occidentale.
La quarta scommessa vinta da Putin è che le sanzioni gli faranno meno male del previsto, o comunque non scalfiranno il suo potere in Russia. Troppo debole l’opposizione di piazza per rovesciarlo.Troppo nelle sue mani la Duma per sfiduciarlo. Troppo irrealistico pensare a un golpe delle forze armate, visto che proprio l’esercito e il ministero della difesa hanno soffiato per mesi sul fuoco dell’invasione ucraina. Il risultato è che le sanzioni finiranno solo per affamare il popolo, come in Iraq, in Corea del Nord, a Cuba, in Iran, ma non scalfiranno il potere del tiranno, anzi.
La quinta scommessa che Putin non ha ancora vinto, ma temiamo vincerà presto, è che l’Europa sarà messa in crisi dall’ondata di profughi che la guerra in Ucraina riverserà sulle sue strade. È già successo con la Siria, e i numeri erano molto inferiori. A un certo punto della storia, la pressione per un accordo di pace – anche alle condizioni di Putin – purché gli ucraini “se ne tornino a casa loro”, sarà più forte di ogni principio morale. Del resto, lo sappiamo bene come funziona con la globalizzazione: noi occidentali muoviamo i capitali contro il resto del mondo, il resto del mondo muove le persone contro di noi. Nel gioco a chi cede per prima, finora, abbiamo sempre ceduto noi. E Putin purtroppo lo sa, molto meglio di quanto lo sappiamo noi.