Le crisi dimenticate dai media, il racconto di Medici Senza Frontiere
È giunta l'ora di «accendere un riflettore» che ci consenta di vedere nitidamente quello che, ancora oggi, nella tanto lodata e sospirata era delle comunicazioni globali, viene coperto, occultato o lasciato correre come poco rilevante: trascorsi quasi vent'anni dai tragici eventi del genocidio del Ruanda, simbolo doloroso delle tragedie che silenziosamente si consumano nella quasi totale inconsapevolezza internazionale, il diritto ad essere correttamente informati per i cittadini italiani sembra ancora essere un sogno ben lungi dal divenire realtà. In compenso, fioccano gossip reali e sensazionalismi d'ogni tipo: un'osservazione superflua? No, se a testimoniarlo è un rapporto di Medici Senza Frontiere, l'ottavo sull'argomento stilato in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia e avvalendosi del contributo di docenti universitari e giornalisti: dati e numeri che non lasciano spazio a fraintendimenti, dipingendo un panorama di desolante oblio che ha travolto le emergenze umanitarie, le crisi sanitarie, l'HIV e le delicatissime circostanze politiche di molti paesi.
Anno 2011, cosa è accaduto? – Se un giorno venissero scritte pagine di storia sugli eventi che stiamo vivendo, ricorrendo come fonti ai notiziari che ogni sera accompagnano le nostre cene (per intenderci, i telegiornali della sera di RAI, Mediaset, La7), nessuno sentirebbe parlare di siccità nel Corno d'Africa, solo poche righe sarebbero dedicate all'emergenza in Sudan, il Congo rischierebbe di essere uno Stato mai esistito (o quasi) e l'Italia apparirebbe come un Paese che, da un giorno all'altro, si è ritrovato invaso da orde di individui in fuga dal medio oriente in rivolta, dipinti prima con toni che echeggiano una sorta di imminente apocalisse dell'umanità, dopodiché dimenticati in centri di permanenza temporanea o lasciati a vagare in clandestinità: "pericolo scampato", notizia passata. Se l'ultimo anno ha visto un incremento dei servizi dedicati a conflitti ed emergenze, passati dal 6 al 10%, l'aumento si deve soprattutto ai fatti relativi al terremoto del Giappone e alla Primavera Araba: Medici Senza Frontiere ha indagato, per la prima volta, sulle modalità di narrazione adottate dai media nazionali per raccontare la disperata realtà dei migranti in fuga. Certamente non una «crisi dimenticata», anche solo in virtù di 1391 notizie dedicate al tema, ma un preoccupante segnale per quanto riguarda i metodi adottati e i contenuti selezionati nel riportare i resoconti.
Il dato più sconcertante è che in questi servizi è praticamente assente la voce dei migranti. I protagonisti a cui è data voce sono nel 65% dei casi politici, fra Governo ed amministrazioni locali. Alle testimonianze dei migranti è stato riservato solo il 14% dello spazio; il 12% alle comunità locali e il 10% alle realtà impegnate nella gestione del fenomeno – forze dell'ordine, esponenti religiosi, società civile, organizzazioni. (Kostas Moshochoritis, Direttore generale di MSF Italia)
Se un giorno proprio da lì partisse la stesura della nostra storia, poco o niente sapremmo degli attori veri di quelle vicende, cosa li muoveva, cosa hanno vissuto prima di giungere sulle sponde italiane, quali sogni e quali incubi portavano con sé, cosa ne è stato di essi.
L'Africa scompare, i suoi problemi (purtroppo) no – Cosa resta del Congo (RDC), del suo milione di contagiati da HIV e dei suoi conflitti, tra le notizie del 2011? In tutto cinque servizi, dedicati però ad incidenti aerei e ad altri eventi. Segue, in una sorta di macabra classifica, la Costa d'Avorio, con dieci notizie, mentre all'emergenza del Corno d'Africa e alla crisi in atto tra Sudan e Sud Sudan rispettivamente 41 e 44 servizi. Ci sono, poi, gli invisibili rifugiati provenienti dal Mali che hanno trovato ricovero in Burkina Faso, Mauritania e Niger, sui quali Medici Senza Frontiere chiede attenzione:
Il Burkina Faso è, dopo la Mauritania, il Paese con il più alto numero di rifugiati in fuga dal Mali, dove fornire assistenza medica è estremamente difficile e i rifugiati continuano ad arrivare di giorno in giorno mentre l'aiuto internazionale è lento ed insufficiente. Chiediamo ai media italiani di accendere un riflettore su quest'area del tutto dimenticata, colpita pesantemente dalla siccità e dall'insicurezza alimentare.
Malattie debellate solo dai media – L'HIV non esiste più: purtroppo non nel senso che tutti auspicano ma, con le 14 notizie dedicate al flagello (a cui si affianca un tondo zero per tutte le malattie tropicali che falcidiano la popolazione dei Paesi in via di sviluppo) la pandemia diventa sempre più invisibile, persino nella Giornata Mondiale della lotta contro l'AIDS, quando nessun telegiornale ha colto l'occasione per fare un punto sulla situazione, differentemente da quanto accaduto negli anni scorsi. Si parla di AIDS, ormai, soprattutto in relazione ai viaggi del Pontefice: messa da parte la gravissima crisi economica in cui versa il Fondo Globale per la lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria, la prima serata televisiva ha comunque accuratamente informato, con 92 servizi, sull'influenza stagionale.
Lo scintillio dei matrimoni reali e delle auto da corsa – Pur sommando tutte queste notizie tra loro, pur valutando i tempi totali dedicati agli argomenti, mai si riuscirebbe a raggiungere quota 413: è questo, infatti, il numero di servizi che i telegiornali hanno dedicato alle nozze reali tra William e Kate. Fanno eco Alberto di Monaco e consorte, seppur in versione ridotta: "appena" 91. Un dato che ben si accosta all'emblematico caso del Bahrein, dove una gravissima crisi politica, accompagnata da repressione, arresti ed omicidi, non ha impedito al Gran Premio di svolgersi: così, in tutto il 2011, su 24 servizi, ben sette vertevano sul GP e sulla eventualità di annullarlo a causa dell'instabilità politica del Paese. Dettagli degli avvenimenti, dei maltrattamenti, delle uccisioni, della paura dei cittadini di essere arrestati qualora si rivolgano alle strutture pubbliche ospedaliere, solo in maniera incidentale. Nell'«era dell'informazione globale», sarebbe forse il caso di iniziare a chiedersi di che tipo di informazione abbiamo bisogno: ed iniziare, eventualmente, a pretendere un cambiamento.