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Le amazzoni di Gheddafi e i pregiudizi dell’Occidente

L’amazzone Rafta Shala grida dal carcere: “Gheddafi non mi ha mai toccato”. Intanto una parte della famiglia del Rais si trova in Algeria.
A cura di Danilo Massa
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Pruriginosi anche in tempo di guerra. Pare anzi che la disgrazia non possa mai essere tale se non interessa anche le zone pubiche. Ecco che allora, se non si conosce il destino del Rais, meglio parlare delle sue donne, sia quelle che imbracciano i figli, sia quelle che imbracciano i fucili.

LA SECONDA MOGLIE. Negli ultimi giorni, infatti, quotidiani e telegiornali hanno mostrato un particolare interesse per la seconda moglie di Gheddafi e per le sue guardie del corpo. Di Safia Farkash, la consorte del Colonnello, sappiamo ora che si trova in Algeria con tre dei suoi figli (Aisha e i figli Hannibal e Mohammed), aprendo ad una crisi diplomatica tra il Cnt e il paese ospitante.

LE AMAZZONI. Delle amazzoni, invece, gli occidentali si sono mostrarti particolarmente preoccupati fin dall’inizio, quando si ipotizzava – e in certi frangenti l’ipotesi è sufficiente a “creare” la realtà – che le guerriere si fossero date alla fuga alla prima occasione buona, null’altro attendendo. La settimana scorsa, invece, abbiamo saputo da un quotidiano maltese che una psicologa libica è stata informata da 5 amazzoni delle violenze carnali perpetrate contro di loro da Gheddafi e dai suoi uomini.

LE ACCUSE DI STUPRO. Il racconto è credibile e, anche in questo caso, tanto basta per titoli sensazionalistici. Poco interessa che la psicologa in questione sia Siham Sergewa, la stessa dottoressa che mesi fa aveva dichiarato di aver inoltrato 70.000 questionari e di averne ricevuti 60.000 nel giro di tre settimane (attraverso le poste libiche e in tempo di guerra). Ma di questi documenti non vi è traccia, come aveva riferito Donatella Rovera di Amnesty International: “A noi Sergewa ha detto di non essere più in contatto con nessuna delle vittime, né ci ha fatto vedere il materiale che aveva raccolto”.

Un precedente, questo, che pur non negando l'ipotesi di stupro, avrebbe comunque costituito un motivo più che sufficiente per accogliere l'accusa della psicologa con deontologica prudenza. Viceversa le dichiarazioni delle amazzoni riferite dalla dottoressa hanno solleticato l'emotività dei media al punto tale da svelarne il pregiudizio: come era possibile anche solo concepire la figura di una donna armata e, per di più, sostenitrice di un regime non democratico? Si doveva evidentemente trattare di costrizione aggravata da stupro. Nulla di più.

MAI TOCCATA DA GHEDDAFI. Dalle carceri dei ribelli si leva invece la voce di Rafta Shala, l'amazzone che ai microfoni di RaiNews puntualizza: "Gheddafi non mi ha mai toccato". Forse l'Occidente dovrebbe riacquistare finezza e comprendere quelle più profonde dinamiche di adesione presenti nelle parole di Rafta: "Mio padre era un eroe della Rivoluzione verde: è morto per Gheddafi quando io avevo solo 4 mesi. Sono fiera di lui".

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