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Le 9 bugie da sfatare sulla Grecia del referendum

I greci girano in Porsche, il referendum farà uscire la grecia dall’Euro, l’FMI è stato paziente e il governo di Syriza gioca col fuoco. Sono tante le teorie false girate in questi giorni sulla Grecia del referendum.
A cura di Michele Azzu
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In queste ore 10 milioni di cittadini greci si stanno recando alle urne per votare Si o No (in greco rispettivamente Nè e Òxi) al piano di salvataggio del debito greco come disegnato dall’Europa. Il governo greco di Alexis Tsipras spinge perché si voti ‘No', di modo da avere più potere per negoziare alle trattative, per ottenere condizioni migliori, e spalmare i debiti nei prossimi 20 anni permettendo ai greci colpiti da 5 anni di auterity di potersi rimettere in piedi.

In questi giorni si è detto e scritto di tutto. Chi sostiene che l’Unione Europea, e in particolare Angela Merkel, siano troppo duri con la Grecia, chi invece se la prende con Tsipras, reo di non avere rispettato i termini coi creditori. Chi accusa i greci di non pagare le tasse mentre gira in Porsche, chi teorizza l’uscita della Grecia dalla valuta Euro e dall’Unione Europea.

Ma quali di questi scenari, e di questi fatti, sono realmente accaduti o ipotizzabili? Solo alcuni, quasi nessuno, come fa notare anche James K. Galbraith su Politico Europe. Ecco 9 miti da sfatare sulla Grecia del referendum sul debito, sul governo di Alexis Tsipras, e sull’Unione Europea.

1. Il referendum in Grecia è sulla moneta Euro e sull'Unione Europea.
Il referendum per cui si vota oggi in Grecia riguarda l’accettazione o il rifiuto del piano (scritto da Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea, la cosiddetta “Troika”) per ripagare i debiti del paese ai suoi creditori. Che sono, principalmente, gli altri stati dell’Unione Europea. Votando No (Òxi) i greci rifiutano il piano e quindi una ulteriore austerity (cioè tagli alle pensioni, agli stipendi, ai servizi) imposta dall’Euro, e permettono al governo di Syriza di poter rinegoziare il piano. Votando Si (Nè), invece, i greci accetteranno il piano, e se questa decisione vincerà il governo di Alexis Tsipras probabilmente si dovrà dimettere. Nessuno dei sue scenari implica una decisione sull’Euro o l’Unione Europea, neanche come diretta conseguenza.

2. Votando ‘No’, oltre a rifiutare il piano sul debito, la Grecia comunque dovrà uscire dall’Euro.
In realtà l’uscita della Grecia dall’Euro è solo un’ipotesi. Peraltro smentita dalle più recenti posizioni dei politici europei, come quelle del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble: “La Grecia è un membro dell’eurozona. Non c’è dubbio su questo”, ha affermato. “Sia con l’euro o temporaneamente senza: solo i greci possono rispondere a questo”. Difatti, come spiega bene Alessandro Gilioli in questo post su piovonorane.it, a meno che non lo decidano i greci stessi, l’Unione Europea non può espellere la Grecia dall’Euro perché questa possibilità non è mai stata prevista nei trattati della moneta unica.

3. L'FMI è venuto incontro alla esigenze della Grecia.
Non è vero come afferma il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, che il suo istituto si è mostrato flessibile nei confronti della grecia. Di fatto l’FMI non ha praticamente concesso nulla negli ultimi 4 mesi: non sui tagli alle pensioni, non sui tagli ai salari, non sulla contrattazione del debito.

4. Se vince il ‘Si’ al referendum l'UE è salva.
Se i greci oggi decideranno in maggioranza che la Grecia deve pagare tutti i suoi debiti all’Europa subito, e nelle modalità richieste, questo non significa assolutamente che il problema della Grecia, della crisi dell’Euro e dell’Unione Europea si possa considerare risolto. Tutt’altro, perché la Grecia andrebbe probabilmente incontro a nuove elezioni. Con altri mesi di stallo in cui le borse farebbero i capricci. In cui le destre nazionaliste potrebbero guadagnare molti consensi. Syriza potrebbe rivincere le elezioni, e saremmo punto a capo. Inoltre: nulla fa pensare che anche accettando il piano dell’UE la Grecia sarebbe realmente in grado di pagare ora i suoi debiti. È probabile che non lo sia, e quindi il paese andrebbe comunque incontro a una crisi, e con lei l’Europa. Infine, i falchi dell’austerity in Commissione Europea sarebbero più forti di ora, e questo influirebbe negativamente su tutti gli altri paesi deboli, Italia in testa.

5. Se vince il ‘No’ al referendum l'UE è salva.
Anche l’ipotesi opposta, in realtà, non garantisce assolutamente un lieto fine, né per la Grecia, né per l’Euro o l’Unione Europea. L’Unione Europea potrebbe decidere di non negoziare più il debito greco e di fare fallire il paese. Potrebbe, inoltre, trovare uno stratagemma giuridico – utilizzando una clausola del Trattato di Lisbona – per escludere la grecia dall’Euro. E il futuro di entrambi sarebbe incerto: nascerebbe una unione fiscale e monetaria, per evitare un’altra Grecia? Non si sa. Cosa succederebbe ai paesi maggiormente esposti col debito greco? Non si sa. Sarebbe finalmente la fine dell’austerity e delle politiche della Merkel, oppure lo scontro sarebbe ancora più accesso, e spaccherebbe in due parti l’Europa? Non si sa.

6. L’Unione Europea è stata paziente con la Grecia.
In realtà ci sono tante evidenze del contrario. All’indomani della decisione di Alexis Tsipras di indire un referendum sono molti i politici europei che hanno lanciato l’emergenza della file alle banche greche per ritirare il denaro, ben prima che queste si formassero. Il ministro Greco delle finanze Yanis Varoufakis ha accusato l’Europa di “terrorismo”, di voler instillare la paura nel popolo greco. Per questo motivo il governo ha dovuto chiudere le banche per una settimana: “Quello che stanno facendo con la Grecia ha un nome – terrorismo”, ha detto riferendosi a Bruxelles e alla Troika.

7. I greci girano in Porsche e gli armatori non pagano le tasse.
Si è letto un po’ dappertutto. I greci non pagano le tasse, e quindi perché dovremmo essere noi europei a pagare per loro? E c’è il caso esemplare degli armatori greci, una vera e propria “casta” di miliardari che da decenni riesce (quasi) a non pagare tasse per via di una legge costituzionale del 1967, che Alexis Tsipras aveva annunciato di voler cancellare senza poi riuscirci. Lo stesso Matteo Renzi ha affermato: “Non abbiamo tolto le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci. Noi abbiamo fatto la riforma del lavoro, ma non è che con i nostri soldi alcuni armatori greci possono continuare a non pagare le tasse”. In realtà quello dei greci in Porsche è un mito che non esiste: secondo Bloomberg la Grecia ora è più povera dell’America della Grande Depressione del 1933. Sugli armatori, inoltre, è vero che Tsipras non è riuscito a portare a termine la patrimoniale sui loro capitali, ma è stato il primo governo che ci ha provato. E se finora non ci è riuscito è perché dal loro canto, gli armatori, usano il ricatto su 250mila posti di lavoro dei loro dipendenti.

8. La Grecia chiede la cancellazione del debito come la Germania del dopoguerra.
La Grecia non chiede la cancellazione del debito, come si è scritto da più parti. In realtà il piano proposto dal governo di Syriza parla unicamente di un taglio al debito del 30%, e di spalmare i pagamenti nei prossimi 20 anni di modo da poter garantire al popolo greco duramente colpito dall’austerity dal 2010 ad oggi, di potersi rimettere in piedi. Il che significa poter far ripartire i consumi, l’imprenditoria, la piccola impresa, ma soprattutto poter permettere agli investitori internazionali di portare i soldi in un paese in cui si intravede un futuro. “L'unico modo per rendere sostenibile il debito greco è un taglio del 30% e un periodo di grazia di vent’anni”, ha affermato Alexis Tsipras.

9. Tsipras e Varoufakis stanno bluffando in maniera strategica.
Si è scritto molto sul fatto che il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis sia un esperto della “teoria dei giochi”, un modello strategico che porta al successo nelle decisioni difficili, prevedendo in anticipo come reagirà la controparte (che in questo caso è l’Europa). In realtà le carte sono sempre state nero su bianco. La Grecia ha trattato apertamente le condizioni imposte dall’FMI, che ha rifiutato sul lavoro, gli stipendi, le pensioni. Quando il governo greco si è trovato con le spalle al muro ha indetto un referendum per far decidere ai greci se accettare il piano o no. Non c’è nulla di nascosto o segreto, almeno non nelle intenzioni della Grecia.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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