"Dovrebbero sapere che, tutto sommato, in Ucraina non abbiamo ancora cominciato a fare la guerra sul serio". Queste sono le minacciose parole espresse dal presidente russo Vladimir Putin giovedì 7 luglio, durante un incontro con i deputati della Duma di Stato russa, poco dopo la vittoria russa nella regione di Luhansk ottenuta a duro prezzo dopo ben oltre 120 giorni di combattimento.
Putin ha ribadito nel suo discorso ai deputati la linea ufficiale di Mosca: la Federazione Russa non si è impegnata in un vero e proprio conflitto militare, ma solo in una “operazione militare speciale” con obiettivi limitati. Questo significa che, se volesse fare sul serio, per l’Ucraina (e sottinteso, per l’Occidente) non ci sarebbero chance di resistere alla potenza militare russa.
È davvero così?
Non proprio. L’Intelligence militare britannica, nel rapporto pubblicato su Twitter sabato 9 luglio 2022 dal Ministero della Difesa di Londra, afferma che la Russia sta già mobilitando buona parte delle riserve che ha a disposizione per inviarle in Ucraina. Ma aggiunge una informazione interessante: ad una larga porzione di queste nuove riserve è stato assegnato come veicolo corazzato di trasporto truppe il MT-LB.
Si tratta di una scelta molto significativa, in quanto, sebbene MT-LB sia stato usato in questo modo anche in passato, non rappresenta di sicuro la scelta ottimale per questo tipo di utilizzi: difatti ha una armatura molto leggera, monta una sola mitragliatrice di protezione ed è stato creato inizialmente negli Anni 50 come veicolo di trascino dell’artiglieria.
Quando è iniziata la guerra a febbraio la maggior parte delle unità d'assalto russe di prima linea erano state equipaggiate piuttosto con veicoli da combattimento per la fanteria BMP-2, dotati di una corazza spessa fino a 33 mm e di un potente cannone da 30 mm e di un lanciamissili anticarro.
Il fatto che ora Mosca sia costretta ad usare veicoli meno adatti al trasporto truppe è chiaramente indicativo della difficoltà di reperire equipaggiamento moderno per le proprie truppe.
“Nonostante, quindi, Putin abbia dichiarato che l’esercito russo ‘non ha nemmeno iniziato’ il suo impegno militare in Ucraina, molti dei suoi rinforzi sono… equipaggiati con veicoli obsoleti o inadeguati”, commenta perciò l’Intelligence militare britannica.
Ma non è solo la scarsezza di mezzi adeguati il problema. Per compensare la carenza di ‘carne da cannone’, il Cremlino si sta, infatti, affidando a una combinazione di soldati che comprende minoranze etniche impoverite, ucraini mobilitati con la forza provenienti dai territori separatisti, mercenari e unità militarizzate della Guardia Nazionale, e promette forti incentivi in denaro per i volontari – che però di recente rappresentano un numero sempre più grande di deceduti.
Poiché, nonostante tutti gli incentivi di arruolamento, i volontari scarseggiano, le autorità russe si sono ora trovate costrette ad arruolare anche detenuti che hanno avuto esperienza militare (in cambio della propria libertà) pur di avere a disposizione nuovi soldati da mandare in prima in Ucraina.
Tutto questo avviene mentre aumenta drammaticamente il numero delle vittime: l’Intelligence militare britannica ha recentemente stimato il numero di morti russi in 25.000, a cui vanno sommate altre decine di migliaia di feriti, su una forza d'invasione composta da totali 300.000 persone, comprese le unità di supporto.
Tuttavia, nonostante le difficoltà, Putin si oppone ostinatamente all’unica soluzione che secondo molti esperti potrebbe risolvere alla base il problema: la mobilitazione generale.
Evitarla permette infatti al Cremlino di mantenere la finzione che la guerra sia una limitata "operazione militare speciale", minimizzando al contempo il rischio del tipo di contraccolpo all’interno nell’opinione pubblica russa che ha stimolato precedenti débâcle militari russe, come in Afghanistan a fine Anni Ottanta e nella prima guerra cecena a metà Anni Novanta.
D’altro canto, però, in questo modo le Forze Armate russe si trovano costrette a combattere in una situazione sempre più di svantaggio numerico nei confronti della propria controparte ucraina che invece ha dichiarato la mobilitazione generale lo stesso giorno dell’invasione russa e può contare a tendere su una forza potenziale di 900 mila soldati.
A peggiorare le cose per i russi c’è il fatto che migliaia di nuove reclute ucraine stanno iniziando proprio in questi giorni il proprio addestramento alla battaglia in prima linea in Gran Bretagna. Questo permetterà a breve agli ucraini di poter fare affidamento su forze fresche e ben preparate in sostituzione di quelle che vengono perse ogni giorno in guerra.
Le perdite di mezzi militari russi in combattimento
In questo contesto vanno letti i dati aggiornati del progetto Oryx sulle perdite confermate di equipaggiamento militare russo in combattimento in Ucraina che lasciano ben poco spazio all’immaginazione: ad oggi 4.664 veicoli militari russi sono stati distrutti o catturati, tra cui in particolare 860 carri armati, 481 veicoli corazzati da combattimento, 944 veicoli corazzati di trasporto truppe.
Il principale carro armato usato dai russi in Ucraina è il T-72. La Russia utilizza anche un piccolo numero di T-80 e un numero ancora minore di più moderni carri armati T-90.
Questa la lista aggiornata dei carri armati russi distrutti o catturati secondo i dati del progetto Oryx:
- 1 T-62
- 28 T-64
- 479 T-72
- 158 T-80
- 22 T-90
- 173 modello non identificato
Ciò significa che oltre il 50% delle perdite di carri armati russi in combattimento in Ucraina riguarda proprio il modello T-72, la cui produzione è iniziata nel 1971.
Sebbene siano stati apportati vari miglioramenti, la realtà è che la maggior parte dei carri armati T-72 che la Russia sta utilizzando in Ucraina sono stati prodotti negli anni '70 e '80 dello scorso secolo, ovvero che loro età media è superiore ai 40 anni.
Secondo qualsiasi valutazione moderna, i carri armati russi schierati sul campo di battaglia ucraino sono, perciò, vecchi ed obsoleti. Nonostante l’uso di corazze reattive, questi carri armati sono fortemente vulnerabili alle armi anticarro trasportabili a spalla, come il Javelin, e soprattutto ai bombardamenti dall’alto con i micidiali droni Bayraktar TB-2 di fabbricazione turca, il che spiega l’alto numero di perdite riportato.
Come afferma Stephen Bryen in un suo articolo pubblicato su Asia Times: “sebbene la Russia possa ancora prevalere in Ucraina, l'uso di equipaggiamenti obsoleti che hanno preso polvere nei depositi militari dai tempi dell'Unione Sovietica non è una ricetta per la vittoria… La Russia è sul punto di perdere il suo deterrente convenzionale sul fronte europeo, con o senza la vittoria dell'Ucraina. E questo ha enormi implicazioni strategiche per il futuro”.
La “pausa operativa” russa
Altro segnale delle difficoltà russe è il fatto che subito dopo la conquista di Severodonetsk e Lysychansk nella regione di Luhansk, il comando militare russo ha annunciato una “pausa operativa”, riconoscendo nei fatti la necessità di uno stop temporaneo all’offensiva militare, visto lo stato delle forze russe a questo punto della campagna militare.
Le unità russe che hanno completato la conquista delle due città hanno infatti bisogno di rigenerare la potenza di combattimento e di ottenere i necessari rifornimenti, prima di lanciarsi in una nuova sanguinosa offensiva su larga scala nella vicina regione di Donetsk.
L'ex comandante militare russo Igor Girkin, un fervente nazionalista che sostiene apertamente la necessità da parte russa di proclamare la mobilitazione generale per vincere la guerra e che ha comandato a sua volta i militanti durante la prima guerra del 2014 nel Donbass, ha pubblicato sul suo canale Telegram una severa critica alla gestione della guerra da parte del Cremlino, nel corso della quale ha messo in dubbio il significato della presa di Lysychansk.
Girkin ha detto in particolare che le forze russe hanno pagato un prezzo troppo alto per un guadagno così limitato. Egli ha osservato che la difesa ucraina di Lysychansk è stata deliberatamente progettata per infliggere il massimo danno possibile alle truppe ed alle attrezzature militari russe, ed ha suggerito che accettare la battaglia alle condizioni degli ucraini è stato un passo falso significativo da parte della leadership russa.
Girkin ha inoltre ammesso che le forze russe hanno prospettive limitate di avanzamento in altre parti dell'Ucraina a causa della superiorità ucraina in termini di personale e di equipaggiamento.
l ruolo delle armi occidentali
A tal proposito, mentre i russi sono impegnati in questa “pausa operativa”, le Forze Armate ucraine stanno prendendo di mira continuamente le infrastrutture militari russe ed in particolare i depositi di munizioni in profondità nel territorio nemico, grazie all’uso dei sistemi di lancio multiplo di razzi HIMARS forniti dagli Stati Uniti dotati di munizioni ad alta precisione a guida satellitare GPS con gittata fino a 80km.
Le Forze Armate ucraine hanno in particolare distrutto i depositi di munizioni russi a Dibrivne, nella regione di Kharkiv, il 4 luglio e a Snizhne, nella regione di Donetsk, a circa 75 km dalle linee del fronte nella notte tra il 3 e il 4 luglio, dopo aver colpito in precedenza uno dei quattro depositi di munizioni russi a Melitopol il 3 luglio.
Nella sola notte tra l’8 ed il 9 luglio, le Forze Armate ucraine hanno distrutto altri 3 depositi di munizioni, rispettivamente a Khartsyzsk nella regione di Donetsk, a Kadievka nella regione di Luhansk ed a Kherson nel sud dell’Ucraina, oltre ad un aeroporto, quello di Chernobaivka, che si trova sempre nella regione di Kherson.
Nella notte tra il 9 ed il 10 luglio sono stati colpiti altri depositi di munizioni ad Alchevsk, nella regione di Luhansk ed a Shakhtarsk nella regione di Donetsk, mentre durante la giornata del 10 luglio è stata colpita una base militare russa nella città occupata di Kherson.
Anche la città di Donetsk, capitale della Repubblica separatista che porta lo stesso nome, non è stata risparmiata: in particolare è stato distrutto negli scorsi giorni un importante deposito di munizioni russe che si trovava nelle vicinanze della stazione ferroviaria.
Secondo una stima pubblicata da BBC News Russian service, in soli 9 giorni gli ucraini sono riusciti a distruggere ben 14 obiettivi tra basi militari russe e depositi di munizioni in profondità nel territorio controllato dai russi in Ucraina. E tutto questo grazie a soli 8 sistemi HIMARS che sono a disposizione degli ucraini al momento – gli Stati Uniti hanno annunciato la scorsa settimana l’invio di altri 4 sistemi HIMARS e relative munizioni il cui arrivo è previsto nei prossimi giorni in Ucraina.
L'accresciuta capacità delle forze ucraine di colpire strutture militari russe di valore strategico con gli HIMARS forniti dall'Occidente dimostra in maniera inequivocabile in che modo gli aiuti militari occidentali forniscano all'Ucraina le nuove e capacità militari necessarie per far fronte all’offensiva russa.
"Sono grato agli Stati Uniti per la decisione di fornire ulteriori unità di lancio HIMARS e altre armi che ci permettono di adottare misure precise e di ridurre le capacità di attacco russe. Faremo di tutto per spezzare il potenziale terroristico degli occupanti", ha commentato il presidente ucraino Zelensky il 9 luglio.
Anche il suo Ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, ha ammesso che l’arrivo degli HIMARS ha cambiato la situazione al fronte, ma ha aggiunto che l'Ucraina ha bisogno della fornitura di munizioni con gittata fino a 150km per poter colpire ancora più in profondità obiettivi dietro le linee russe.
Da parte russa, ancora una volta a criticare la strategia del comando russo è Girkin, che, commentando le distruzioni causate dagli HIMARS, ha dichiarato che il personale del dipartimento logistico del Ministero della Difesa russo dovrebbe essere processato per non aver camuffato a sufficienza e disperso sul territorio i depositi di munizioni, rendendoli così facile preda degli attacchi ucraini.
Anche il milblogger russo Starshe Eddy e l'ufficiale delle Forze Armate russe Aleksey Suronkin hanno espresso preoccupazioni simili sull'efficacia degli HIMARS, invitando l’esercito russo ad adattarsi alle nuove minacce e a colpire le forze ucraine prima che il massiccio utilizzo di queste nuove armi possa mettere a serio repentaglio la capacità di rifornimento di armi delle forze russe impegnate al fronte.
Il sostegno europeo inizia a vacillare
È quindi sempre più evidente che il sostegno militare occidentale a Kyiv sia decisivo per le sorti di questa guerra. Ma allo stesso tempo rischia di diventare il vero tallone di Achille per Kyiv.
Gli esperti del Kiel Institute for the World Economy (IfW) hanno infatti reso noto che nelle ultime settimane le forniture di armi occidentali all’Ucraina stanno diminuendo. Dall’8 giugno al 1° luglio non vi è stato alcun aumento negli impegni di fornitura di armi, mentre le consegne effettive si sono ridotte rispetto ai mesi precedenti.
In prima linea nell’aiuto a Kyiv resta la Polonia che ha già consegnato il 100% delle armi promesse all’Ucraina, per un controvalore di 1,8 miliardi di euro. Tra i Paesi europei, molto indietro è soprattutto la Germania, che ha promesso all’Ucraina armi per un controvalore di 675 milioni di euro, ma finora ne ha consegnate solo per un controvalore di 269 milioni di euro, vale a dire il 39,9%.
Ed è proprio la Germania il Paese europeo che più sta risentendo al momento della crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina scatenata dai russi: secondo quanto afferma il Financial Times, la Germania si sta preparando a prendere decisioni molto difficili come “razionare l’acqua calda, spegnere le luci stradali, chiudere le piscine”.
Ma non è neppure chiaro in che modo queste misure possano attenuare l’enorme aumento dei prezzi del gas innescato dalla decisione della Russia di ridurre drasticamente le forniture alla Germania lo scorso mese e che ha fatto precipitare di fatto la più grande economia europea nella peggiore crisi energetica dai tempi dello shock petrolifero del 1973.
Secondo una stima del GdW (l’Associazione federale delle imprese tedesche di edilizia residenziale e immobiliare) l’aumento dei prezzi dell’energia per i consumatori finali tedeschi è previsto in un range compreso tra un minimo del 71% ad un massimo del 200% rispetto ai valori del 2021.
Questo significa costi annuali aggiuntivi in più rispetto allo scorso anno tra 1.000 e 2.700 euro per una famiglia composta da una sola persona, e fino a 3.800 euro annui per una famiglia di quattro persone. In queste condizioni è oggettivamente difficile immaginare che la Germania possa ancora reggere a lungo sulla linea della fermezza contro Mosca.
Malumori americani
Ma alcuni segnali di malumore arrivano anche dall’alleato principale, gli Stati Uniti d’America, che finora restano nettamente in prima posizione per gli aiuti a Kyiv, avendo stanziato aiuti militari per ben 7,3 miliardi di dollari di controvalore in armi all’Ucraina, incluso l’ultimo pacchetto di 400 milioni di dollari annunciati la scorsa settimana.
La deputata repubblicana Victoria Spartz, l'unica di origine ucraina al Congresso, ha inviato una lettera al presidente Joe Biden chiedendogli di informare il Congresso sui "presunti rapporti di Andriy Yermak (il capo dello staff di Zelensky, ndt) con la Russia" e chiedendo alla Casa Bianca un maggior controllo sulle armi spedite in Ucraina.
La lettera di Spartz ha causato la dura reazione del Ministero degli Esteri ucraino: "Consigliamo a Spartz di smettere di cercare di guadagnare capitale politico con speculazioni infondate sul tema della guerra nel nostro Paese e sul dolore degli ucraini", ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko. "Particolarmente ciniche sono le manipolazioni sull'Ucraina e sulla sua leadership da parte di una deputata di origine ucraina".
Nikolenko ha continuato la sua dichiarazione ringraziando gli Stati Uniti per il loro "incrollabile sostegno nella lotta contro l'aggressione della Russia", e poi ha aggiunto che le "recenti azioni e dichiarazioni" della Spartz "sono un tentativo non dichiarato di riportare nella politica americana le classiche narrazioni della propaganda russa sugli apparenti legami della leadership ucraina con la Russia e di trascinare il nostro Stato nella politica interna degli Stati Uniti".
Spartz ha risposto ai commenti del Ministero degli Esteri di Kyiv affermando: "Capisco perché i miei commenti abbiano colpito il Ministero degli Affari Esteri dell'Ucraina… Incoraggio il Ministero a considerare la mia dichiarazione con la serietà che i dubbi sul ruolo di Yermak richiede, invece di lanciare attacchi ad personam come hanno fatto finora".
“La verità è che Biden ha promesso di sostenere l'Ucraina ‘per tutto il tempo necessario', ma né lui né nessun altro può dire quanto durerà questa guerra", afferma il Seattle Times in un articolo pubblicato di recente.
"Ad un certo punto, le scorte di armi negli USA e in Europa si esauriranno. Nonostante gli USA abbiano autorizzato 54 miliardi di dollari in aiuti militari e di altro genere, nessuno si aspetta un altro impegno per pari importo quando finirà questo pacchetto di aiuti”.
Per questo motivo, affermano gli interlocutori del quotidiano, sarà difficile mantenere lo stesso livello di aiuti all'Ucraina, se la guerra dovesse prolungarsi ancora per molto tempo.
"Finché manterremo la rotta, anche i nostri alleati europei ci seguiranno", afferma il senatore democratico Chris Coons, uno dei principali alleati al Congresso del presidente americano Joe Biden. "Ma la guerra è ben lungi dall'essere conclusa" ed i rischi aumentano ogni giorno.
Il quotidiano di Seattle aggiunge che sono sempre di più coloro che, anche alla Casa Bianca, esprimono privatamente dubbi sulla capacità di Kyiv di poter concludere (a suo vantaggio) la guerra entro fine anno, come più volte augurato pubblicamente dal presidente Zelensky.
"È quindi sempre più evidente che i prossimi sei mesi saranno critici. E che dopo la scadenza di questo periodo, una o entrambe le parti saranno troppo stanche e cercheranno una via d'uscita".
Il vero rischio per Kyiv (e l’Occidente)
Tutti insieme, si tratta di chiari segnali del fatto che la stanchezza in Occidente per una guerra di cui si sente parlare sempre di meno sui mezzi di informazione, è sempre più evidente. Ma è questa la vera minaccia per l’Ucraina (e l’Occidente), ben più concreta delle vuote parole di Putin.
Nel caso di una vittoria russa in Ucraina dovuta alla fine del supporto occidentale, nulla fermerebbe più le provocazioni di Putin verso l’Alleanza Atlantica, avendo dalla sua la certezza che i Paesi occidentali non avrebbero il coraggio di rispondere alle sue azioni per paura delle conseguenze, economiche e militari.
Come dimostra la storia, esprimere debolezza di fronte a leader autoritari ed aggressivi, porta sempre a pessimi risultati: basti ricordare che il risultato dell’arrendevolezza occidentale alla Conferenza di Monaco del 1938 è stato l’inizio della Seconda guerra mondiale l’anno seguente.
Sebbene il rischio di una conflagrazione europea non sia imminente – anche perché come abbiamo visto l’esercito russo non è nelle condizioni al momento di effettuare una guerra su larga scala – quanto avvenuto allora è un insegnamento che non bisogna mai dimenticare.
Occorre poi inoltre tenere in considerazione un’altra conseguenza, ben più immediata, di una potenziale vittoria russa in Ucraina: nelle zone ad oggi occupate, i russi hanno già messo in funzione una serie di “campi di filtrazione”.
I racconti provenienti da coloro che sono passati da questi campi parlano di persone torturate, detenute in condizioni orribili e costrette a dichiarazioni false pur di essere rilasciati. Molti sono poi stati “deportati” (con la forza, secondo le autorità ucraine) in luoghi sperduti della enorme periferia russa in scene che ricordano sinistramente le deportazioni dell’era staliniana. Altri sono riusciti a scappare via e raccontare la loro odissea.
Possiamo perciò solo vagamente immaginare cosa potrebbe accadere nel caso in cui la Russia fosse in grado di replicare su larga scala la stessa procedura anche nel resto dell’Ucraina, dopo averla occupata: la peggiore crisi umanitaria su territorio europeo, dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi.
Sui campi di battaglia in Ucraina è in gioco il futuro stesso dell’Europa come la conosciamo. Una eventuale vittoria russa rappresenterebbe una minaccia esistenziale sia alla sicurezza che all’esistenza stessa delle democrazie occidentali, oltre a fornire a Putin i mezzi per attuare fino in fondo il suo obiettivo dichiarato: il genocidio del popolo e della nazione ucraina.